Introduzione di Sandro Pergameno al volume L’ALBA DELLE TENEBRE di Fritz Leiber COSMO – CLASSICI DELLA FANTASCIENZA – Volume n. 34 (Settembre 1978)
Come osserva giustamente Harlan Ellison nell’introduzione a «Gonna roll the bones», il racconto di Fritz Leiber incluso nell’ormai celeberrima antologia «Dangerous visions», il campo della fantascienza, abbastanza stranamente, tende a fare dei suoi scrittori degli specialisti in generi ben definiti e caratterizzati: così abbiamo un ecologo dei mondi alieni come Hal Clement, un poeta fantasioso e barocco come Ray Bradbury, un paesaggista vagamente decadente come Jack Vance, un sociologo come Mack Reynolds, uno specialista in battaglie stellari come Van Vogt. Ci sono ben pochi scrittori «rinascimentali» che spaziano nei vari campi della letteratura fantascientifica (uno dei primi che ci vengono alla mente è Philip José Farmer; ma anche nella sua opera si possono trovare delle costanti, dei punti fissi di riferimento), e ancor meno sono quelli che sanno passare con disinvoltura dalla fantascienza classica, «hard», alla fantasy gotica, all’horror, all’heroic fantasy.
Uno dei più eclettici e dei più sicuri nell’espressione delle proprie qualità letterarie e delle proprie idee, è senz’altro Fritz Leiber, autore tra i più «grandi» della letteratura fantascientifica. I suoi diversi interessi lo hanno portato, nel corso della sua evoluzione letteraria, a esplorare campi apparentemente opposti e incompatibili ed a operare un lavoro di fusione tra differenti generi mai compiuto in precedenza.
Notissime sono le sue storie di Fafhrd e dell’Acchiappatopi Grigio, il gigante nordico e l’abile spadaccino di Lankhmar, che hanno contribuito notevolmente a nobilitare il genere dell’heroic fantasy (il ciclo è apparso in due volumi nella Fantacollana Nord, «Le spade di Lankhmar» e «Il mondo di Newhon»). Lo stile splendido e raffinato con cui sono narrati questi racconti, la cura e la fantasia profusi nei dettagli, con cui Leiber dipinge questo mondo fantastico, la sensibilità umana e l’attenzione per l’aspetto psicologico dei personaggi, rendono il ciclo delle «Spade» qualcosa di molto superiore ai tradizionali e convenzionali cicli di «sword and sorcery» che circolano oggi in America. Visitare la città di Lankhmar e vederla attraverso gli occhi di Fafhrd e dell’Acchiappatopi Grigio significa imparare cos’è in realtà la decadenza di una città; viaggiare con i due simpatici eroi di Leiber equivale a sperimentare la pietà e il terrore, a provare un’ilarità travolgente, brividi di paura e un senso di profondo calore umano. A modo suo, come fece anche lo stesso Tolkien, possiamo dire che Leiber ha compiuto, e sta tuttora compiendo, un’opera di rivitalizzazione di un genere calcificato e arrugginito.
Nel campo della fantascienza pura, Leiber si è cimentato con il filone catastrofico, di cui «The wanderer» («Novilunio») è un po’ una summa; l’avvicinarsi del corpo astrale (denominato appunto «Vagabondo») con tutte le sue terrificanti conseguenze, maree e risvegli di vulcani, cataclismi naturali e terremoti, è solo un pretesto per poter narrare una serie di avventure personali di esseri umani, alcuni dei quali finiranno poi per incontrarsi.
Ha invece affrontato il tema dei viaggi nel tempo in «Il grande tempo» (Cosmo Oro 19), un vero e proprio «tour de force», in cui l’azione ha luogo in un unico ambiente, una stazione al di là del cosmo, dove soldati reclutati in tutte le epoche dell’umanità vanno a prendersi un po’ di riposo; l’opera, che descrive la guerra tra le due fazioni, dei «Ragni» e dei «Serpenti», è tutta basata sulla concezione tipicamente teatrale dell’unità di tempo e luogo. Si può senz’altro affermare che si tratta di un tentativo pienamente riuscito, e che il premio Hugo che il romanzo vinse nel 1958 fu ampiamente meritato.
Con «The Silver eggheads» (1959) e più tardi, con «A spectre is haunting Texas» (Circumluna chiama Texas; Cosmo Argento 26) Leiber tentò la via della satira sociale, con risultati non esaltanti, ma pur sempre abbastanza felici; «The Silver eggheads» (Le argentee teste d’uovo) era un chiaro attacco contro gli agenti letterari, gli scrittori di «spot» pubblicitari e anche di fantascienza, mentre in «Circumluna chiama Texas», Leiber, utilizzando un tono satirico reminiscente di Huxley o Heine, con un tocco di ironia alla Buster Keaton, prendeva di mira l’amministrazione Johnson.
Ma Leiber non si è accontentato di cimentarsi con la fantascienza pura e l’«heroic fantasy»; l’«horror», il «weird», l’occulto l’hanno sempre affascinato e attirato, anche se più di una volta egli si è dichiarato scettico sulla reale esistenza di fenomeni soprannaturali. In realtà Leiber non era soddisfatto del tipo tradizionale di storia «weird»; la sua razionalità lo indusse a ricercare un nuovo tipo di storia fantastica, che si distaccasse dai canoni tradizionali del romanzo gotico (orrori senza nome, minacce e terrori sovrannaturali, ecc.) e che mostrasse un uso aggiornato e «scientifico» delle antiche tradizioni della magia.
«Conjure wife» (Ombre del male; Fantacollana Nord), il suo primo romanzo, scritto nel 1942, (apparve nell’aprile del 1943 su «Unknown») riprende il tema classico della magia, delle streghe con le bambole e gli spilloni, ma l’atteggiamento estremamente logico con cui l’autore tratta la vicenda e l’ambiente stesso in cui essa si sviluppa (un moderno, tranquillo e asettico campus universitario americano) servono a rinnovare profondamente gli stilemi della storia orrori fica e rendono «Ombre del male» il più convincente romanzo moderno di «horror».
Ancor più esemplificativi del nuovo tipo di «horror» particolare delle opere di Leiber sono due racconti, «Smoke ghost» e «Gonna roll the bones».
«Smoke ghost» (Fantasma di fumo), apparso su «Unknown» nell’ottobre del 1941, è la storia, narrata con una prosa estremamente evocativa e suggestiva, di un fantasma generato dall’aria corrotta e inquinata di una grande città industriale moderna; si tratta dunque di una storia saldamente impiantata nel contesto della civiltà moderna. La novità dell’«horror» creato da Leiber sta nel fatto che esso è legato all’ambiente urbano. Esemplari, al proposito, ci sembrano le parole di Riccardo Valla: «Ecco come nasce l’orrore sovrannaturale in Leiber; nessuna delle mucillagini e delle maledizioni di Lovecraft, nessuna delle larve della tradizione. Ed è questa la genesi dell’orrore per Leiber: la civiltà di oggi si crea i suoi mostri con le proprie tensioni; nella realtà esplodono come crisi inspiegabili di singoli o di gruppi, nella finzione di Leiber acquistano vita reale e personale, ma realtà e finzione si spiegano vicendevolmente». E ancora: «Rileggendo oggi il racconto (stiamo sempre parlando di «Smoke ghost»), vediamo come Leiber ha saputo ritrarre l’essenziale paesaggio della periferia di una metropoli industriale: il fantasma di fumo non ci pare tanto un protagonista, quanto un sintomo di un’angoscia più profonda… L’orrore nasce sempre nelle metropoli, cioè nei luoghi dove è massima la concentrazione delle tensioni psicologiche, delle ansie, delle speranze disattese, dei timori. Questo accumulo di tensioni psicologiche crea letteralmente dal nulla, o dalla materia inanimata, i propri dèi e i propri demoni».
È significativo che, oltre trent’anni dopo, la stessa idea di «Smoke ghost» sia stata poi ripresa, con altrettanta efficacia espressiva, da quell’autore irrequieto e geniale che è Harlan Ellison, nel suo «The whimper of the whipped dogs» (Il guaito dei cani frustati), magnifico racconto in cui viene narrata la nascita di un nuovo dio, il dio delle città industriali, che assume appunto la forma di una voluta di smog grigio-nerastro e che pretende sacrifici umani come le antiche divinità delle religioni pagane.
Altrettanto esemplificativo della visione che Leiber ha della vita, cioè della sua filosofia, è «Gonna roll the bones», in cui egli ci presenta un universo unificato dalla magia, dalla scienza e dalla superstizione; si tratta di un’opera praticamente inclassificabile, anche se è impregnata di «horror» puro, e se contiene tracce di «science fiction», e di «fantasy». Anch’essa, come «Smoke ghost» è tutta pervasa dalla teoria junghiana sulla follia personale dei nostri tempi. Leiber, autore sensibile e maturo, comprende le angosce dei propri simili, il malessere collettivo e i mali della società moderna, e ne ricerca le cause vere, senza fermarsi alle apparenze.
Un altro importante racconto di Leiber che dimostra come sia impossibile tracciare linee nette di demarcazione tra fantascienza e «fantasy» nelle opere di quest’autore, è l’ottimo «Ship of shadows» (La nave delle ombre), in cui Leiber inserisce elementi tipicamente fantastici nel contesto di un tema classico della fantascienza tradizionale quale quello dell’astronave in viaggio verso nuovi mondi e su cui si succedono le generazioni finché la parola «Terra» non viene a perdere qualsiasi significato.
Abbiamo voluto dilungarci sui vari aspetti della narrativa di Fritz Leiber perché ci è parso assolutamente necessario spiegare pienamente il suo eclettismo e la sua bravura nel fondere elementi immaginativi e realistici. Inquadrandolo in questo contesto, riuscirà più facile comprendere perché Leiber viene considerato colui che ha collegato tra loro fantascienza e soprannaturale, anche se in realtà non fu il primo a farlo; già aveva tentato qualcosa del genere Lovecraft, inventando tutta una mitologia, o, in tempi più vicini a Leiber, Jack Williamson, con il suo «Il figlio della notte».
Questo «L’alba delle tenebre» («Gather darkness», apparso nei numeri di maggio, giugno e luglio del 1943 di «Astounding»), presentato qui per la prima volta in Italia in una edizione fedele ed integrale, fu appunto l’opera che dimostrò come fosse possibile introdurre, con una certa immaginazione, elementi tipicamente fantastici e orrorifici (come i familiari, i demoni, le streghe e i fantasmi) in un romanzo di fantascienza pura, presentandoli attraverso il filtro di una coerente razionalizzazione e saltando così quel «gap», quel burrone che esisteva tra sf ortodossa e «fantasy-magia-sovrannaturale».
«Gather darkness» riscosse un immediato successo tra i lettori di «Astounding» e viene considerato uno dei classici più importanti di tutta la fantascienza. Leiber ricavò probabilmente l’idea base su cui poggia l’intelaiatura della trama del romanzo (la rivolta contro una dittatura teocratica) da due romanzi di Robert Heinlein pubblicati in precedenza sulla stessa rivista, «La sesta colonna» («The sixth column», apparso sui numeri di gennaio, febbraio e marzo del 1941) e «Rivolta 2100» («If this goes on», sui numeri di febbraio e marzo del 1940).
SANDRO PERGAMENO
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