fantascienza

Esperimenti e catastrofi

Oscar Vault

a cura di Beppe Roncari

Frank Herbert “Esperimenti e catastrofi”

 

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Dal genio del creatore di “Dune”, il Drago Urania “Esperimenti e catastrofi” raccoglie tre romanzi che, in modo diverso e originale, affrontano il tema tanto caro a Frank Herbert del rapporto fra uomo e ambiente.

Ne “L’alverare di Hellstrom” (1973) la fantascienza si fonde con lo spionaggio, sullo sfondo di un’enorme cospirazione sociale e politica ispirata al premiato documentario The Hellstrom Chronicle, del 1971. Sull’onda del successo dei film di fantascienza con mostri come le formiche giganti di “Assalto alla Terra”, gli autori del documentario avevano alternato alle riprese entomologiche degli spezzoni narrativi. Lo scienziato che vi compariva lasciava intendere che gli insetti avevano un’organizzazione sociale superiore a quella umana e che ci sarebbero sopravvissuti. Herbert dà al suo protagonista lo stesso nome e cita espressamente brani del documentario nei capitoli del libro. Hellstrom è un personaggio complesso, che ha abbandonato l’organizzazione sociale e morale degli esseri umani per quella dell’Alveare, una struttura in cui uomini e donne sono modificati geneticamente e chimicamente per vivere come insetti, al servizio del bene supremo della comunità. Il progetto va avanti da secoli, con lo scopo finale di sostituirsi a un’umanità asfissiata dal controllo di uno stato di polizia immorale e da una burocrazia corrotta. Paradossalmente, Herbert non sembra fare il tifo per i “buoni”, gli agenti di un’anonima agenzia governativa sulle tracce di Hellstrom e del suo misterioso “Progetto 40”, di cui l’agenzia vuole assolutamente impadronirsi, anche a costo di sacrificare i propri uomini.

“Esperimento Dosadi” (1977) ci porta nella fantascienza spaziale classica: l’uomo è solo una delle tante razze della Consenzienza, e i viaggi interstellari sono consentiti dalle stelle stesse, rivelatesi esseri intelligenti ed empatici, chiamati Calebani. Le civiltà aliene, come quella dei Gowachin, umanoidi anfibi che vivono in un perenne stato di paranoia e di sfiducia nei confronti degli altri, sono sviluppate da Herbert in modo realistico e verosimile. La massima espressione della civiltà Gowachin è l’arena legale, un’“arena” in senso letterale: durante un processo Gowachin nessuno è al sicuro, né gli avvocati né tantomeno i giudici, e l’unico esito possibile è la pena capitale. Nei rari casi in cui in cui un processo si concluda con un verdetto di innocenza, è usanza dei Gowachin linciare l’imputato uscito indenne, reo di aver richiesto senza motivo l’intervento della Legge. Dosadi è un pianeta deserto e mortifero su cui qualcuno ha organizzato un barbarico e segreto esperimento sociale di massa, costringendo milioni di Umani e di Gowachin a convivere nell’unica città fortezza e a lottare per la sopravvivenza in condizioni peggiori di quelle di un campo di concentramento, privati della memoria e isolati dalla Consenzienza da un impenetrabile barriera chiamata Muro di Dio. Come tutti gli esperimenti fantascientifici che si rispettino, anche quello condotto su Dosadi sfuggirà al controllo, con conseguenze inimmaginabili.

“Il morbo bianco” (1982) tocca le vette del filone della fantascienza catastrofista: un virus, modificato geneticamente allo scopo di vendicare un attentato dell’IRA, stermina quasi tutte le donne dei paesi incriminati (Irlanda, Gran Bretagna e Libia), per poi sfuggire al controllo del suo stesso creatore e minacciare la sopravvivenza dell’umanità intera. Il biologo molecolare responsabile del virus si rifugia proprio in Irlanda, iniziando una sorta di viaggio catartico insieme a un prete, a un ragazzo che ha fatto voto di silenzio e a uno dei terroristi dell’IRA responsabili dell’attentato in cui era stata trucidata la sua famiglia.

I tre romanzi di “Esperimenti e Catastrofi” si caratterizzano tutti per la feroce tensione fra la dimensione politica e quella del singolo. Pochi individui eccezionali, dei veri e propri superumani come il Kwisatz Haderach di “Dune”, sottoposti alle pressioni di una società oppressiva e stagnante, diventano il catalizzatore di un processo destinato a sconvolgere lo status quo, a livello planetario o galattico.

Come nel resto dell’opera di Herbert, le azioni dei singoli non hanno mai le conseguenze previste. C’è sempre una forza più grande in azione, la Natura, l’Evoluzione, la Storia. Le singole volontà individuali non sono altro che un’entità più grande in grado di enormi salti evolutivi pur di sopravvivere. Il mondo che ne emergerà “dopo” non sarà mai più lo stesso.

Primo piano

Coronavirus

coronavirus-il-nemico-invisibile-183173Perché un Istant Book sul Covid-19?

Perché in un momento di crisi planetaria, in cui si fatica a comprendere il vero volto di quello che ho definito un “nemico invisibile”, era a mio dire necessario provare fare chiarezza e tentare di ricostruisce la genesi e la diffusione della pandemia, presentando anche le incongruenze, le lacune e le contraddizioni della versione “ufficiale”.

L’obiettivo che mi sono posta era quello documentare come esista un acceso dibattito su diversi punti cruciali che a oggi risultano ancora fumosi e indeterminati: in particolare origineluogo e cause del contagio. Esistono infatti ipotesi diverse, persino sostenute da eminenti scienziati o analisti, che si differenziano dal resoconto semplicistico che è stato offerto all’opinione pubblica.

La seconda parte del libro, curata dall’avv. Luca D’Auria, vuole invece raccontare un’ipotesi sul presente e sul futuro provando a in chiave filosofica, sociologica e antropologica i mutamenti della nostra società schiacciata sotto il peso dell’emergenza sanitaria.

Quali sono le tesi alternative che analizzi nel libro?

Va fatta una premessa: non sappiamo ancora nulla di certo. A oggi risultano fumosi e indeterminati dei punti cruciali che riguardano la pandemia: in particolare origine, luogo e cause del contagio. Pertanto ho preso in considerazione, citando fonti documentate, anche la pista dell’errore umano, cioè l’ipotesi della fuga del virus dal laboratorio di biosicurezza di Wuhan; la possibilità che il contagio non sia partito in Cina; un attacco bioterroristico.

Secondo «The Lancet», in uno studio realizzato da diversi ricercatori esperti in virologia ed epidemiologia, l’ipotesi della genesi del contagio dal mercato ittico, che è diventata la versione “ufficiale”, non sarebbe del tutto fondata. Nel report gli studiosi hanno messo in luce come 13 dei 41 casi successivi al paziente zero non abbiano avuto alcun contatto con il mercato di Wuhan, escludendo anche che vi siano stati «legami epidemiologici fra il primo paziente e gli altri casi».

In un articolo del 2017 per «Nature», David Cyranoski sollevava inquietanti dubbi sulla sicurezza del laboratorio di Wuhan, scrivendo che alcuni scienziati al di fuori della Cina erano preoccupati per la fuga di agenti patogeni e per l’aggiunta di una “dimensione biologica alle tensioni geopolitiche” tra la Cina e altre nazioni. Cyranoski già nel 2017 accennava pertanto all’allarme sollevato da diversi scienziati, preoccupati per l’eventuale fuga di agenti patogeni dal laboratorio di Wuhan.

L’eminente epidemiologo e pneumologo Zhong Nanshan – colui che scoprì il coronavirus SARS nel 2003 – ha invece dichiarato durante una conferenza stampa del 27 febbraio che sebbene il virus sia apparso per la prima volta in Cina «potrebbe non essere nato in Cina».

Altrettanto emblematiche le accuse ufficiali rivolte agli USA, che spostano il dibattito sullo scacchiere geopolitico. Giovedì 12 marzo il portavoce del ministero degli Esteri cinese Zhao Lijian, tramite un tweet al vetriolo, ha accusato il governo americano di poter essere responsabile della genesi della pandemia: i militari statunitensi potrebbero aver portato il coronavirus a Wuhan. La posizione di Lijian è stata ripresa e condivisa da diversi ricercatori e analisti. La CNN, per esempio, ha ricordato un episodio che descrivo nel primo capitolo del libro: lo scorso ottobre centinaia di atleti delle forze militari americane erano a Wuhan per i Military World Games. Il direttore del Centers for Disease Control (CDC) Robert Redfield, in un video pubblicato da «People’s Daily», ammette che alcuni americani che in precedenza – prima dell’inizio dell’epidemia in Cina – si pensava fossero morti di influenza sarebbero stati in realtà contagiati dal Covid-19.

Vi sono poi ipotesi più estreme che intendono avvalorare invece la pista della guerra batteriologica. Un eventuale attacco bioterroristico, secondo queste teorie, rientrerebbe all’interno della guerra commerciale tra USA e Cina. I Paesi più colpiti dal contagio, oltre alla Cina, infatti, sarebbero l’Italia e l’Iran, partner commerciali di Pechino. La pandemia ha infatti danneggiato la Nuova Via della Seta, BRI (Belt and Road Initiative), l’ambizioso programma del governo cinese che intende finanziare con oltre 1.000 miliardi di dollari volti alla realizzazione o al potenziamento di infrastrutture commerciali – strade, porti, ponti, ferrovie, aeroporti – e impianti per la produzione e la distribuzione di energia e per sistemi di comunicazione in quasi ogni angolo del pianeta.

 

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Letteratura

Festa del racconto

Sono attesi alcuni grandi nomi della scena editoriale contemporanea come Valentina Petri, Stefania Auci, Massimiano Bucchi, Roberto Costantini con le loro novità editoriali, ma anche quest’anno non mancherà la riscoperta di grandi classici del racconto, con due incontri dedicati autrici di culto come Clarice Lispector e Dorothy Parker: la Festa (estiva) del Racconto si conclude a Carpi con quattro giornate dedicate alla passione per i libri e al piacere di incontrarsi per condividerla. Da giovedì 20 a domenica 23 agosto si alternano libri a colazione, aperitivi, spettacoli e serate con gli autori. Tutti gli appuntamenti sono gratuiti, su prenotazione

Giovedì 20 agosto
Mentre si annuncia un altro anno scolastico decisamente insolito, Valentina Petri apre il lungo weekend letterario con il suo “Portami il diario. Il mio indimenticabile anno da prof” (Rizzoli). Il primo giorno di scuola la supplente, “quella nuova”, fa già fatica a trovare la classe che le è stata assegnata, perché la numerazione delle aule, quando c’è, è messa a casaccio. Finalmente arriva, entra, e naturalmente non se la fila nessuno. Parlare di programmi, libri di testo e simili è chiaramente inutile. Meglio mettersi in “modalità damigella in pericolo” e chiedere agli studenti info sulla scuola, sulle materie, sui colleghi. È fatta: non si fermano più. Il problema della scuola, dice la supplente, è che ci ostiniamo a chiedere ai ragazzi le cose che non sanno, invece di quelle che sanno. Inizia così il romanzo – in gran parte autobiografico – di Valentina Petri, docente di italiano in un istituto professionale, molto attiva su Facebook dove ha una pagina che porta il titolo del libro. L’autrice incontra il pubblico della Festa del Racconto giovedì 20 agosto alle 21.30 nel Cortile d’Onore di Palazzo dei Pio. 

Venerdì 21 agosto
E’ il caso editoriale degli ultimi anni, il best seller del 2019 con oltre 400.000 copie vendute e 23 edizioni, ai vertici delle classifiche di vendita per mesi, una serie tv in fase di realizzazione, traduzioni in più di 20 paesi fra cui gli Usa. “I leoni di Sicilia” (ed. Nord) racconta la storia dei Florio, storica famiglia di Palermo che, partendo da una bottega di spezie, è riuscita ad arrivare più in alto di tutti, non senza suscitare invidie. Il libro, frutto di approfondite ricerche che Stefania Auci ha condotto in biblioteche e cronache giornalistiche dell’epoca, dipana i fili di questa famiglia – dai moti del 1818 allo sbarco di Garibaldi in Sicilia – dall’autrice stessa definita “di uomini orgogliosi, forti e senza scrupoli, ma anche testardi, arroganti e schiavi delle passioni”. Stefania Auci lo presenta a Carpi venerdì 21 agosto alle 21.30 nel Cortile d’Onore di Palazzo dei Pio.

Sabato 22 agosto
La giornata comincia al Cookies Kitchen & bar alle 9.30 con “libri a colazione” e un incontro dedicato a Clarice Lispector, la più importante scrittrice brasiliana del Novecento. La instagrammer Petunia Ollister dialoga con Roberto Francavilla, traduttore e curatore del volume Tutti i racconti (Feltrinelli), per guidare lettrici e lettori attraverso l’universo personale labirintico, frantumato e profondissimo della Lispector. Il volume, che riunisce più di ottanta racconti, costituisce un esperimento artistico di raffinatissima scrittura e racchiude tutta la quintessenza creativa di quella che è stata definita dal New Yorker “l’indimenticabile Clarice Lispector: un Cechov al femminile sulle spiagge di Guanabara” (alle 9.30 presso il Cookies Kitchen & bar).

La giornata prosegue alle 17.30 con un appuntamento dedicato ai bambini: lo spettacolo di Susi Danesin “Giacomino e altre storie”. Sulla scena una raccontastorie e la sua valigia piena di libri: tra questi uno racconta la storia di un bambino di nome Giacomino che un giorno scambia al mercato una mucca per tre fagioli … ma non erano fagioli normali! Dopo aver piantato i fagioli, Giacomino vivrà incredibili avventure ambientate in un luogo lontano, su tra le nuvole, dove incontrerà un gigante cattivo che riuscirà a sconfiggere con l’astuzia. Parole e suoni si mescolano, in una narrazione in cui ogni elemento interagisce con gli altri: non solo un dialogo tra un’attrice e una musicista, ma anche tra narratrice e pubblico, il quale sarà chiamato a offrire il proprio contributo sonoro al momento giusto (alle 17.30 nel Cortile d’Onore di Palazzo dei Pio).

Alle 18.30 è in programma un aperitivo con l’autore Massimiano Bucchi presso il Cookies Kitchen & bar che presenta il suo con Io&Tech (Bompiani), dialogando con Petunia Ollister. Lo spunto del libro parte da una consapevolezza: la tecnologia è una presenza costante nella nostra vita quotidiana. Le notifiche scandiscono le nostre giornate, i servizi offerti dai colossi dell’economia digitale selezionano le informazioni a cui possiamo accedere, propongono i temi da discutere, suggeriscono nuovi contatti e reti sociali. Ma vivere con la tecnologia non significa comprenderla. A scuola non se ne parla quasi mai. Nei media se ne parla perlopiù per esaltarla, o per demonizzarla. Con il tono spigliato e ironico di chi conosce molto bene la materia, con Io&Tech (Bompiani) Massimiano Bucchi ci accompagna tra sette semplici lezioni, dialoghi immaginari con le nostre App ed esercizi rivelatori da fare con lo smartphone. Per ricordarci che non c’è rosa (tecnologica) senza spine (alle 18.30 presso il Cookies Kitchen & bar).

La serata, a partire dalle 21.30, è dedicata a un giallo, scritto di getto in tempi di lockdown: “Anche le pulci prendono la tosse”(Solferino) dell’autore della “Trilogia del Male” Roberto Costantini, il racconto di vite che si intrecciano in un comune travolto dalla pandemia: l’autore viene intervistato da Alessandra Tedesco, giornalista di Radio 24. Proprio la drammatica vicenda della pandemia ha spinto l’autore a devolvere i diritti del libro alla ricerca contro il coronavirus, a favore dell’Istituto Nazionale Malattie Infettive Lazzaro Spallanzani. Il romanzo, scritto in una notte durante i mesi di chiusura, racconta proprio lo sconvolgimento delle vite dei protagonisti nel periodo che ha stravolto tutti. Raymond il poliziotto, Beatrice l’infermiera, Salvatore il piccolo imprenditore e Regina l’insegnante entrano nel tunnel della pandemia, e ci entrano con le loro vecchie paure, frustrazioni, amori perduti e sconfitte, e con un carico di umana meschinità. Il virus è un vento di morte, ma anche un formidabile acceleratore di destini. E i loro deflagrano. Nel momento più buio, uomini e donne che pensavano di non avere più niente da chiedere o da perdere si troveranno di fronte l’occasione per riscattare una vita spenta. Una storia d’amore e di dolore, in cui si ride a crepapelle e si piange disperatamente, che parla del nostro tempo, delle nostre scelte, della possibilità di capovolgere il proprio futuro (alle 21.30 nel Cortile d’Onore di Palazzo dei Pio).

Domenica 23 agosto
L’ultima giornata di festival comincia con un altro appuntamento di “libri a colazione” dedicato al genere del racconto: alle 9.30 la giornalista del Il Foglio Annalena Benini presenta Dorothy Parker: scrittrice, poetessa e giornalista americana, è un’icona del ventesimo secolo, rappresenta tutto il fascino, la raffinatezza, lo snobismo intellettuale della New York degli anni venti e trenta. Cominciò a scrivere per Vogue nel 1914 e in seguito prese il posto di P.G. Wodehouse a Vanity Fair. Quando venne fondato il New Yorker nel 1925, Parker fu da subito una collaboratrice fissa, diventando famosa per il suo spirito caustico. Spesso preda di depressione si diceva che le sue uniche passioni fossero il gin, i cani e i barbiturici. I suoi racconti, recentemente ripubblicati da Astoria in due raccolte rispettivamente intitolate “Eccoci qui” e “Dal diario di una signora di New York” sono considerati dei piccoli capolavori (alle 9.30 presso il Cookies Kitchen & bar).

La Festa del Racconto si chiude con un’omaggio alla più grande voce italiana che ha da poco compiuto ottant’anni: Silvia Testoni Nuclear Band alle 21.30 propone il concerto “Mina vagante”, che ripercorre la carriera di Mina, dai primi anni del virtuosismo vocale a quelli del sodalizio con Battisti, dalla Mina sensuale e malinconica delle canzoni di Malgioglio alle reinterpretazioni di successi pop internazionali, fino all’ultimo lavoro con Fossati (alle 21.30 nel Cortile d’Onore di Palazzo dei Pio).

Infoline e prenotazioni: per accedere agli eventi è necessario prenotarsi sul sito www.festadelracconto.it

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Argomenti vari

Cibo, malattia e agroindustria

«Come dicevano gli antichi Veda: “In questa manciata di terra c’è il tuo futuro. Prenditene cura ed essa ti sosterrà e ti darà cibo, vesti, riparo e bellezza. Distruggila ed essa ti distruggerà”».

«L’industria agrochimica e l’agrobusiness, l’industria del cibo spazzatura e quella farmaceutica ottengono grandi profitti, mentre la natura, le nazioni e le popolazioni diventano sempre più deboli e malate».

«Quando tutto il sistema dell’agroindustria assume una posizione di dominio, cominciano a diffondersi su larga scala malattie croniche  legate all’alimentazione. I nativi americani chiamano questo fenomeno powaqqatsi “un essere, uno stile di vita, che consuma le forze viventi a proprio vantaggio esclusivo”».

«Il cibo che si ottiene usando sostanze chimiche rovina la salute in tre modi. Prima di tutto, contribuisce alla fame e alla malnutrizione perché si concentra su poche materie prima , gran parte delle quali è destinata a diventare biocarburante e mangime per animali. E’ ciò che accade al 90% del mais e della soia, che non va ad alimentare gli esseri umani. Solo il 30% del cibo che mangiamo proviene  dalle grandi aziende agricole industriali. Il 70% proviene da piccole fattorie che usano solo il 20% della terra agricola. In secondo luogo, poiché l’agricoltura industriale produce monoculture uniformi e omogenee, contribuisce alla diffusione delle malattie correlate alla carenza di nutrienti vitali e variati nella nostra dieta».

«Il terzo punto riguarda le sostanze chimiche usate in agricoltura, che penetrano nel nostro cibo e contribuiscono all’insorgere di malattie come il cancro. Sono state create per uccidere e continuano ad uccidere».

«Le malattie non trasmissibili causano il 70% dei decessi a livello mondiale, per un totale di 40 milioni di morti all’anno, di cui circa 15 milioni di età inferiore ai 70 anni. Le principali malattie non trasmissibili  comprendono le malattie cardiovascolari, il diabete, i tumori e le malattie respiratorie croniche . Gran parte delle malattie non trasmissibili  sono legate alla dieta e causate da fattori biologici di rischio quali:pressione sanguigna, zucchero nel sangue, lipidi nel sangue e grasso corporeo, ateroscleorosi dei vasi sanguigni, trombosi».

«In Italia ci sono 365 mila diagnosi di tumori in Italia in anno, esclusi quelli della pelle. 1000 al giorno».

«La stessa manciata di multinazionali vende sia le sostanze agrochimiche tossiche per l’agricoltura industriale, che compromettono la salute, sia i prodotti farmaceutici pensati con lo stesso paradigma per somministrarli alle persone che si ammalano».

Pesticidi

«Un cittadino medio ha in corpo dalle 300 alle 500 sostanze chimiche in più rispetto a 50 anni fa».

«In particolare, il cervello in via di sviluppo è estremamente sensibile e i pesticidi sono tra le cause più importanti di quella che si può definire una “pandemia silenziosa”».

«L’ammasso di animali, spesso provenienti da varie parti del mondo per ricostruire la scorta delle stalle, può creare una bomba ecologica considerando che i virus  di cui sono portatori, modificati dalle molecole chimiche presenti nei vari medicinali, possono dar vita, attraverso ignote ricombinazioni, a imprevedibili e devastanti epidemie».

«Il paradigma industriale agricolo, ancora oggi dominante e radicato nell’ideologia meccanicistica e riduzionista, non è in grado di affrontare l’attuale crisi sanitaria che ha contribuito a creare, poiché occuparsi dei legami fra cibo e salute è inconciliabile con i suoi principi essenziali».

Agroindustria e ambiente

«Quasi il 50% dei gas di serra è prodotto dall’agricoltura industriale e globalizzata».

«Globalmente l’agricoltura industriale è responsabile per il 75% della distruzione ecologica della biodiversità, terra e acqua, e contribuisce al 50% delle emissioni di gas di serra che causano inquinamento atmosferico e caos climatico. Quasi il 75% delle malattie croniche non trasmissibili è correlato al cibo».

Distruzione di cultura e biodiversità

«La sostituzione e lo sterminio delle cultura va a braccetto con lo sterminio e l’estinzione della biodiversità delle piante. Le specie sono spinte all’estinzione una velocità 100 – 1000 volte superiore al normale».

«In agricoltura il 93% della biodiversità vegetale è scomparsa. Le piante come gli esserei umani, sono manipolate violentemente per il profitto dell’1% degli uomini».

«Il 75% della diversità genetica è scomparso in soli cento anni. Dalle diecimila specie originarie, oggi si è arrivati a coltivarne poco più di 150 e la stragrande maggioranza del genere umano si ciba di non più di dodici specie di piante».

«Nel 2016 il mercato mondiale di semi, con un giro di affari di miliardi di dollari, risultava per il 55% nelle mani di cinque grandi multinazionali, in confronto al 10% del 1985, alcune delle quali controllano contemporaneamente una altro mercato multimiliardario, cioè quello dei pesticidi (erbicidi, insetticidi e anticrittogamici)».

«A causa del sistema produttivo industriale, le colture dal dopoguerra ad oggi, hanno perso il 25/70% delle loro sostanze nutritive».

Chi sono i veri scienziati

«Un agricoltore conosce si suoi semi, la sua terra, i suoi prodotti, gli aniamli, gli alberi, le stagioni, la comunità.  E’ quindi uno scienziato».

«In realtà, tutta l’agricoltura  tradizionale e la selezione delle sementi poggiano sul sapere dei contadini. Il sistema industriale ha da offrire solo veleni all’agricoltura».

«Una nonna, una madre, una ragazza che sanno come trasformare il cibo proveniente dai nostri campi in un pasto delizioso e nutriente sono scienziate dell’alimentazione. Un medico ayurvedico è uno scienziato, così come lo sono i popoli indigeni  e le donne. Incarnano il sapere interattivo e dinamico. Il loro sapere è la capacità di vivere nell’unità, sapendo che siamo uno. Gli insegnamenti di un universo interconnesso, vibrante  e abbondante, si ritrovano nelle culture indigene, oltre che in tutti gli insegnamenti spirituali».

L’agricoltura biologica conviene a tutti

«I redditi netti degli agricoltori che praticano l’agricoltura biologica aumentano ulteriormente perché è eliminato, evitato e risparmiato l’uso di apporti esterni costosi, come semi , fertilizzanti, pesticidi e irrigazione intensiva. Se consideriamo il beneficio netto per la società, oltre al reddito degli agricoltori, l’agricoltura biologica si dimostra ancora di molto superiore all’agricoltura convenzionale».

Chi sfama davvero il mondo

«L’agricoltura industriale, nonostante l’ingente consumo di risorse, non è in grado di garantire la sicurezza alimentare dei popoli. Al contrario la maggior parte del cibo che mangiamo è ancora prodotta da piccoli e medi agricoltori, mentre la stragrande maggioranza delle colture provenienti dal settore industriale, come mais e soia, è utilizzata principalmente come mangime per gli animali o per produrre biocarburanti».

«La pretesa che l’agricoltura industriale sia necessaria a risolvere il problema della fame nel mondo sia totalmente priva di fondamento, oltre che smentita nei fatti».

«I piccoli agricoltori sono in proporzione più produttivi delle grandi aziende industriali: pur avendo a disposizione solo il 25% della terra arabile, riescono a fornire il 70% del cibo a livello mondiale».

«La presunta  maggiore produttività dell’agricoltura industriale richiede una quantità di input dieci volte superiori in termini di energia rispetto a quanto produca successivamente in termini di alimenti. Il sistema agricolo industriale ha dunque una produttività negativa, e non potrebbe sostenersi senza le enormi sovvenzioni pubbliche».

Il cibo chimico non conviene

«Si sostiene spesso che i prodotti alimentari abbiano il vantaggio di essere “economici”. I costi di produzione, trasformazione e distribuzione sono in realtà molto elevati e la convenienza è solo apparente. Questa impressione di convenienza è ottenuta artificialmente sopratutto grazie a ingenti sussidi pubblici, all’esternalizzazione dei costi sociali, ambientali e sanitari, e attraverso la manipolazione dei mercati».

«L’industria rifiuta sistematicamente di assumersi le responsabilità dei danni causati dalla malnutrizione, dai pesticidi e dalle malattie croniche».

Chi paga i danni

«I cittadini di tutto il mondo stanno pagando di tasca loro miliardi di sovvenzioni che si trasformano in profitti per le stesse società che causano l’aumento delle malattie attraverso la produzione di cibo tossico e vuoto dal punto di vista nutrizionale. Con questo sistema i redditi delle piccole e medie aziende agricole crollano, i profitti dell’industria aumentano e la qualità del cibo crolla. Lo scopo del sistema attuale non è quindi quello di garantire una adeguata nutrizione e il benessere umano, ma quello di massimizzare i profitti di Big Food».

La transizione necessaria

«Una transizione verso un sistema alimentare sano richiede un cambiamento di paradigma, da una scienza riduzionista a una scienza dei sistemi. Richiede un cambiamento dell’agricoltura industriale ad alta intensità chimica all’agricoltura biologica ad alta intensità ecologica. Necessitiamo tutti di un passaggio dalle economie estrattive  a quelle circolari e di solidarietà, da un’economia riduzionista basata sui prezzi a una vera contabilità dei costi. Occorre abbandonare le regole inique del libero scambio, basate su rivendicazioni non scientifiche, per passare ad un commercio equo, basato su di una economia democratica. E’ necessario fermare e regolare la macchina del potere delle multinazionali dell’agroindustria che realizza i suoi straordinari profitti speculando sul bisogno essenziale dell’alimentazione per affermare invece il diritto ad un cibo per tutti gli abitanti del pianeta, che sia sano per le persone e la natura».

 

Cibo e Salute

Voto medio su 2 recensioni: Da non perdere

Agroecologia e Crisi Climatica
Fiabe per i Custodi del Pianeta

Voto medio su 8 recensioni: Da non perdere

https://www.ilcambiamento.it//articoli/una-specie-che-si-autodistrugge-in-nome-di-una-scienza-distorta-non-e-intelligente

Argomenti vari

Evoluzione

Questo blog è partito nel 1996 su Tiscali e, prima di utilizzare Internet si serviva di un BBS nella sede dell’associazione culturale Araba Fenice (così chiamata proprio perché permetteva ai testi dimenticati nei cassetti di riemergere e tornare a nuova vita).

La domanda che mi pongo ora è:  quanto tempo ci vorrà prima che il libro, inteso come l’oggetto fisico che tutti conosciamo,  sparisca sostituito dallo smartphone?

geopolitica

L’Europa come rivoluzione

Dopo la guerra e la caduta del Terzo Reich Thiriart scontò due anni di prigionia per collaborazionismo e ciò lo segnò in modo particolare, sia a livello morale che politico (L. Disogra, L’Europa come rivoluzione,  Edizioni all’Insegna del Veltro, Parma 2020, p. 21). Dopo la guerra si dedicò alla professione di optometrista e riprese l‘attività politica solo nel 1960, quando il Congo conquistò l’indipendenza dal Belgio. Thiriart, vedendo nella decolonizzazione del continente africano un segno fondamentale della decadenza politica europea, nonché il sorgere di un mondo totalmente controllato dal bipolarismo Usa-Urss, decise di appoggiare i movimenti che si opponevano a questo processo. Uno fra tutti, l’OAS francese, che si opponeva con fermezza alla decolonizzazione dell’Algeria. L’OAS era una formazione politica e militare che possiamo ancora considerare alquanto controversa, sia per i suoi rapporti con la CIA sia per i tentativi di infiltrazione in territorio italiano (ad esempio in Liguria; cfr. Cfr. G. Galli, Piombo Rosso, Dalai Editore, Milano 2013).

Successivamente, nel 1962, Thiriart fondò “Jeune Europe” o “Giovane Europa”, il primo movimento transnazionale paneuropeo, che si proponeva di creare un’”Europa-Nazione” unita da Brest a Bucarest, indipendente rispetto alle influenze sovietiche e americane. Il movimento Giovane Europa ebbe notevole popolarità nel continente, tant’è vero che ben presto si diffuse in Belgio, Olanda, Francia, Svizzera, Austria, Germania, Italia, Spagna, Portogallo ed Inghilterra. Fra i membri italiani ricordiamo lo storico Franco Cardini ed il saggista Claudio Mutti.

https://www.ariannaeditrice.it/articoli/l-europa-di-jean-thiriart

Argomenti vari, Società

La grande livellatrice

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Si può trovare una cura per la disuguaglianza che non sia peggio della malattia? Da quando gli esseri umani hanno iniziato a coltivare la terra, ad allevare bestiame e a trasmettere i loro beni ai figli, si è realizzata una ripartizione squilibrata delle risorse: in altri termini, la concentrazione del reddito ha proceduto di pari passo con la civilizzazione. Nel corso di migliaia di anni, solo quattro «forze» – come i cavalieri dell’apocalisse – si sono mostrate efficaci nel ridurre la disuguaglianza: le grandi guerre, il fallimento degli stati, le rivoluzioni e le epidemie. Tutti eventi traumatici. Oggi la violenza che ha limitato la disuguaglianza nel passato sembra essere diminuita, ma che ne è delle prospettive per un futuro più equo? Le politiche attuate negli ultimi cinquant’anni per combattere il fenomeno non hanno dato risultati concreti: al contrario, le disparità di reddito sono aumentate quasi ovunque nei paesi occidentali. Un certo grado di disuguaglianza, che la stabilità e l’economia di mercato comportano, è forse il prezzo da pagare per vivere pacificamente?

Letteratura

Fontamara

«Di che si parla, dunque, se il cav. Pelino tornò al capoluogo tutto infuriato?» chiese Innocenzo sorridendo.
«Si ragiona un po’ di tutto» riprese a dire Marietta. «Si ragiona dei prezzi, delle paghe, delle tasse, delle leggi; oggi si ragionava della tessera, della guerra, dell’emigrazione.»
«E di questo non si dovrebbe più parlare, secondo l’ordine del podestà» chiarì Innocenzo. «Non è ordine speciale per Fontamara, ma in tutta Italia è stato diramato quest’ordine. Nei locali pubblici non bisogna più parlare di tasse, di salari, di prezzi, di leggi.»
«Dunque, non bisogna più ragionare» concluse Berardo.
«Ecco, bravo, Berardo ha capito perfettamente» esclamò Innocenzo soddisfatto. «Non bisogna più ragionare: questo è il senso della decisione del podestà. Bisogna farla finita coi ragionamenti. E poi, siamo sinceri, a che servono i ragionamenti? Se uno, ha fame, può nutrirsi di ragionamenti? Bisogna farla finita Con questa cosa inutile.»
La soddisfazione d’Innocenzo fu grande nel constatare che Berardo gli dava ragione e perciò accettò la sua proposta di rendere più chiaro il cartello che doveva essere appeso al muro e che egli stesso scarabocchiò in nostra presenza, su un largo foglio di carta bianca, nel tenore seguente:
PER ORDINE DEL PODESTÀ SONO PROIBITI TUTTI I RAGIONAMENTI
Berardo provvide ad affiggere il cartello, in alto, sulla facciata della cantina. La sua condiscendenza ci sbalordiva assai. Come se il suo atteggiamento non fosse già abbastanza chiaro, Berardo aggiunse:
«Adesso, guai a chi tocca quel cartello.»
Innocenzo gli strinse la mano e voleva abbracciarlo. Ma le spiegazioni che Berardo subito aggiunse, moderarono il suo entusiasmo.
«Quello che il podestà ordina da oggi, io l’ho sempre ripetuto» disse Berardo. «Coi padroni non si ragiona, questa è la mia regola. Tutti i guai dei cafoni vengono dai ragionamenti. Il cafone è un asino che ragiona. Perciò la nostra vita è cento volte peggiore di quella degli asini veri, che non ragionano (o, almeno, fingono di non ragionare). L’asino irragionevole porta 70, 90, 100 chili di peso; oltre non ne porta. L’asino irragionevole ha bisogno dl una certa quantità dl paglia. Tu non puoi ottenere da lui quello che ottieni dalla vacca, o dalla capra, o dal cavallo. Nessun ragionamento lo convince. Nessun discorso lo muove. Lui non ti capisce, (o finge di non capire). Ma il cafone invece, ragiona. Il cafone può essere persuaso. Può essere persuaso a digiunare. Può essere persuaso a dar la vita per il suo padrone. Può essere persuaso ad andare in guerra. Può essere persuaso che nell’altro mondo c’è l’inferno benché lui non l’abbia mai visto. Vedete le conseguenze. Guardatevi intorno e vedete le conseguenze.»
Per noi, quello che Berardo diceva, non era una novità. Ma Innocenzo La Legge era atterrito.
«Un essere irragionevole non ammette il digiuno. Dice: se mangio lavoro, se non mangio non lavoro» continuò Berardo. «O meglio neppure lo dice, perché allora ragionerebbe, ma per naturalezza così agisce. Pensa dunque un po’ se gli ottomila uomini che coltivano il Fucino, invece di essere asini ragionevoli, cioè addomesticabili, cioè convincibili, cioè esposti al timore del carabiniere, del prete, del giudice, fossero invece veri somari, completamente privi di ragione. Il principe potrebbe andare per elemosina. Tu sei venuto qui, o Innocenzo, e tra poco, nella via buia, farai ritorno al capoluogo. Che cosa può impedire a noi di accopparti? Rispondi.»
Innocenzo avrebbe voluto balbettare qualche cosa, ma non poté; era livido come uno straccio.
«Ce lo può impedire» continuò Berardo «il ragionamento delle possibili conseguenze dell’assassinio. Ma tu, Innocenzo, di tua mano, hai scritto su quel cartello che, da oggi, per ordine del podestà, sono proibiti i ragionamenti. Tu hai rotto il filo al quale era legata la tua incolumità.»”

Ignazio Silone

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Ultima Thule

 

thule

pdf121Thule (o anche, in italiano, Tule) è un’isola divenuta leggendaria, che compare citata per la prima volta nei diari di viaggio dell’esploratore greco Pitea (Pytheas), salpato dalla colonia greco-occidentale di Massalia (l’odierna Marsiglia) verso il 330 a.C. per un’esplorazione dell’Atlantico del Nord. Nei suoi resoconti (screditati da Strabone) si parla di Thule come di una terra di fuoco e ghiaccio nella quale il sole non tramonta mai, a circa sei giorni di navigazione in direzione nord dall’attuale Gran Bretagna. Fu citata anche da Tacito nella sua opera De vita et moribus Iulii Agricolae in cui tratta dell’esplorazione e della conquista della Britannia.