Del resto il numero di persone con cittadinanza italiana all’estero è impressionante: in aggiunta ai 60 milioni di italiani in Italia, ce ne sono oltre cinque milioni e mezzo – di cui più di due e mezzo tra i 18 e i 49 anni – iscritti all’Aire, l’anagrafe dei residenti all’estero. Molti di questi – oltre 2,2 milioni – hanno il passaporto italiano grazie a qualche padre, nonna, bisnonno, in virtù dello ius sanguinis. Ma c’è anche l’emigrazione nuova, “ripartita” più o meno vent’anni fa e in costante aumento: quella raccontata appunto da Michela Grasso. Nel solo 2020, per esempio, secondo i dati pazientemente e preziosamente raccolti ogni anno nel Rapporto Italiani nel Mondo, quasi 110mila italiani hanno spostato la propria residenza in un altro Paese: una mobilità soprattutto giovane, dato che quasi il 43% dei neo expat del 2020 aveva tra i 18 e i 34 anni.
E tra questi ci sono alcuni dei protagonisti delle 240 pagine del libro. Che sono partiti per le ragioni più svariate: «C’è chi fugge, lottando per la propria sopravvivenza. C’è chi lascia tutto per amore, che sia per un partner o per un figlio. E c’è chi migra con la consapevolezza che ci sia ben poco per cui valga la pena di restare. Le ragioni per andarsene sono innumerevoli e ognuno le vive in maniera diversa».
Un giovane inquieto in cerca d’un proprio destino decide di entrare nel difficile mondo degli avvocati, con una ingegnosa strategia attuata nel carcere tra i reclusi, diventa un brillante penalista.
Deluso dal formalismo giuridico prende interesse per le scienze sociali e si trasforma in docente di sociologia e scrittore. Comprende le rivoluzioni economiche e scientifiche accadute nel secondo ’900, incontra l’amore – dopo molte delusioni – ed è alla fine un lucido e convinto relativista.
Le ultime quattro sezioni del racconto propongono una teoria del relativismo moderno utile per capire il mondo attuale.
Frequentando un grande artista solitario impara che è ancora possibile nel nostro tempo seguire la propria vocazione senza inutili frenesie di successo ed essere così relativamente felici.
Gian Paolo Prandstraller è sociologo e saggista, autore di numerose opere sociologiche e di ricerche nel campo delle scienze sociali, ha dedicato alla narrativa: Erik il Rosso scopre la Groenlandia (2004), Le galline pavane di Galileo (2006), 1 laghi italiani di Corot (2010), Il vaso sacro di Uruk (2012), Li ultimo viaggio di Antonio (2014)
«Le lavagne di ardesia vengono sostituite con le lavagne interattive multimediali (LIM)… I libri, i dizionari, i quaderni, le penne, le matite e i pennarelli possono tranquillamente essere sostituiti con smartphone, tablet, e-book. A cosa serve saper leggere un libro quando c’è Google e Wikipedia?
A cosa serve imparare a impugnare correttamente una penna per esercitare la calligrafia e scrivere, magari in corsivo, quando esistono tastiere che permettono di picchiettare caratteri in Times New Roman, in Arial, in Book Antiqua o in Microsoft JhengHei? A cosa servono i diari scolastici, con i quali gli studenti imparavano a organizzarsi il lavoro scolastico in autonomia e tenere traccia dei propri pensieri ed amori, quando abbiamo i registri elettronici che consentono ad insegnanti solerti e genitori ansiosi di pianificare, sorvegliare e controllare compiti, voti, rapporti disciplinari, assenze, giustificazioni e comunicazioni varie tra scuola e famiglia? A cosa servono la storia, la filosofia e le scienze umane quando ci sono le Tecnologie dell’Informazione e della Comunicazione (TIC)? A cosa serve il pensiero critico se abbiamo il pensiero computazionale? A cosa servono le aule e le scuole di mattoni e malta se abbiamo le classi virtuali e le nostre case per fare lezione? A cosa serve allenare l’attenzione, la concentrazione endogena e la fatica allo studio, se quest’ultimo può essere “ludicizzato” (Gamification) con i videogiochi educativi? A cosa servono tanti insegnanti se attraverso i MOOC (massive open online course; in italiano “corso online aperto e di massa”) un insegnante unico e ben selezionato può fare lezione a centinaia o migliaia di alunni chiusi nelle loro stanze? Ma a ben vedere, a cosa servono gli insegnanti, che vanno pagati, che vogliono le ferie e le pensioni, se esistono corsi gestiti da Intelligenza Artificiale (IA) che promettono di fornire i propri servizi 24 ore su 24, sette giorni su sette, adattandosi alle esigenze e ai tempi di apprendimento di ciascun allievo?»
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• Chiunque abbia a cuore il bene della scuola e, soprattutto, la salute delle future generazioni è bene che sappia che la scuola, il doposcuola, il tempo libero e la vita stessa dei ragazzi sono ormai considerata come settori di mercato da conquistare, in uno scontro tra le grandi aziende di Hi-Tech e di EdTech di mezzo mondo.
• Non credo sia del tutto ozioso chiedersi se i programmi di vaccinazione di massa siano portati avanti per favorire la salute pubblica o non siano piuttosto atti a favorire la diffusione dell’ID su larga scala.
• In ultima analisi, la scrittura al computer è un evidente e disarmante fattore di omologazione.
• La scuola deve formare e formattare le nuove generazioni Al distopico futuro programmato a Davos dalle grandi corporazioni globali dell’Hi-Tech
• Ogni regime ha utilizzato la scuola per indottrinare le nuove generazioni all’ideologia del momento, ottenendo sempre ottimi risultati. Se è vero che il mondo globalizzato è oggi permeato da una ideologia neoliberista, pronta a sacrificare ogni cosa in nome del mercato, che oggi si chiama “Mercato Unico Digitale” (Digital Single Market), perché questa volta dovrebbe essere diverso?
INDICE
INTRODUZIONE
PARTE 1. LA RIFORMA GATESIANA DELLA SCUOLA 1.1 La Fondazione Gates e l’istruzione 1.2 Il progetto InBloom 1.3 Common Core 1.4 Rendere obsoleti i libri 1.5 Big History e la marginalizzazione delle scienze umane 1.6 Minecraft & Microsoft 1.7 L’indagine EFF 2015-17 sulla privacy degli studenti americani 1.8 L’irresistibile ascesa di Google nella scuola
PARTE 2. L’AGENDA EUROPEA PER LA SCUOLA DIGITALE 2.1 La dittatura europea 2.2 La Scuola Digitale in Francia 2.3 La Scuola Digitale in Germania 2.4 La Scuola Digitale in Italia
PARTE 3. LA COVID-19 E IL NUOVO ORDINE SCOLASTICO DIGITALE 3.1 È il Mercato! 3.2 Programmi basati su abbonamento e su intelligenza artificiale ..77 3.3 Ricostruire la scuola da internet in su 3.4 La nuova alleanza per la “distruzione creativa” della scuola 3.5 Il Grande Reset della scuola 3.6 E sì, è proprio il Mercato! 3.7 Requiem per la scuola 3.8 La scuola, fucina di Identità Digitali 3.9 UE: CoVid! Se non c’eri, bisognava inventarti!
PARTE 4. IL NUOVO STUDENTE DIGITALE 4.1 Epidemia Digitale 4.2 Il nuovo rogo 4.3 Qui scribit? 4.4 Multitasking: educare alla disattenzione e all’ansia 4.5 Educare all’analfabetismo emotivo 4.6 Educare ad un uso consapevole… di una droga! 4.7 Indurre Miopia 4.8 Educare alla sorveglianza e al controllo 4.9 OCDE-PISA, QI, Alzheimer 4.10 Eppur lo sanno
CONCLUSIONI
APPENDICE Il corsivo: antidoto all’omologazione ed espressione dell’anima Dall’outlook all’outdoor Dal sistema alla scoperta del mondo
Una grande riforma Il miserabile paese degli aiutini e degli applausi ai funerali La scuola dei Draghi Colpevole indifferenza Sono venuto a mettere in discordia il figliolo con il padre… (Matteo 10, 35-37) Sesso ed educazione sentimentale Infilar la fede nei discorsi La pedagogia del lavandino Lettura e biblioteche scolastiche Prima che il buio copra tutto Non è un programma Il messaggio di Barbiana La motivazione Il maestro vale un fico Il bullismo La scuola al femminile La supplente sta in vacanza Dio me l’ha data e guai a chi la tocca I diplomifici Le responsabilità del sindacato La scuola italiana all’estero Dicesi commerciante Precariato La cultura del docente La scuola spiegata alla Mastrocola Laboratori intonsi L’insegnamento delle lingue straniere L’insegnamento della matematica Educazione Artistica, Tecnica, Musica Ambiente e curricolo locale L’era Gelmini Basta una pendrive La vera autonomia La febbre non cala? Rompiamo il termometro Il tempo pieno L’opzionalità Per un sano centralismo Finalmente la buona scuola. Ma la didattica? Milioni di Gianni Un’unica grande riforma Estratti di Recensioni
p. 9 p. 13 p. 15 p. 21 p. 26 p. 32 p. 38 p. 45 p. 48 p. 51 p. 56 p. 62 p. 67 p. 71 p. 74 p. 80 p. 82 p. 88 p. 91 p. 94 p. 97 p.100 p.106 p.110 p.113 p.117 p.122 p.127 p.132 p.134 p.138 p.141 p.143 p.147 p.154 p.157 p.161 p.164 p.167 p.169 p.173
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Presentazione
«Ragazzo» deriva dall’arabo ragias, che significa corriere,guida, messaggero. Se l’autorità sa accogliere il messaggero e ascoltare il messaggio, il ragazzo diventa discepolo, cioè colui che impara, ma soprattutto guida, cioè soggetto e fulcro della sua stessa educazione. Eppure gli insegnanti si lamentano del numero eccessivo di allievi. Non li capisco. Come se una bella donna si lamentasse di possedere un numero eccessivo di gioielli! Misteriosi messaggeri, prodigiosi messaggi, insospettate guide: questo sono i ragazzi. Più sono, meglio dovrebbe essere. Non chiedono che di venire accolti e ascoltati. Invece, quasi sempre si trovano di fronte anime di adulti, che non sanno stupirsi di fronte al mistero, né sanno abbracciare il prodigio, né lasciarsi guidare dalla novità.
Come potranno questi adulti essere autorità? «Autorità» deriva dal verbo augere, che significa far crescere, e dal suffisso -tor, che indica il ruolo, la professionalità. Come potrà far crescere questi prodigiosi messaggeri chi, senza essere lui per primo cresciuto, non è inquieto nei cammini, curioso nella ricerca, rapito dal nuovo, interrogato dall’assoluto? Chi indica più gli orizzonti? Chi si affaccia oltre le colonne d’Ercole dello scontato, del sicuro, del programmato? Forse nella scuola c’è non troppo precariato, ma troppo poco; non troppa insicurezza, ma troppo poca. Solo il precario chiede l’assoluto. Solo l’inquieto sa intuire i sentieri della quies, direbbe Agostino. Come può mostrare orizzonti e indicare strade la cultura del tramonto (questo significa «Occidente»)? Come può, allora, la scuola farsi luogo di stupore, ricerca, accoglienza, risposta? Come può essere riflessione e rifrazione, se nessuna luce illumina più le coscienze e le interiorità? Come può avvincere un libro, se nessuno lascia più intuire la dolce intimità del cuore, il sorriso del pensiero?
Se la scuola non è tutti questi interrogativi, si perde, conferma Illich, diviene sempre più autoreferenziale. E alla fine conta solo conservare il posto di insegnanti, bidelli, dirigenti, ministri; importa soltanto tutelare le garanzie sindacali, l’adeguamento ai programmi, la “produttività dell’azienda”. È il ragazzo dove è? Chi lo accoglie, chi lo ascolta, chi lo segue?
A psicoterapeuti e psichiatri capita sempre più spesso di avere come pazienti allievi, genitori, insegnanti, dirigenti e amministratori scolastici, forse anche ministri. A sentirli, pare proprio che non siano poche le personalità scompensate, fragili o gravemente disturbate che stanno, a vario titolo, nelle aule scolastiche. Non si riesce a capire come la scuola regga.
Moltissimi genitori sono ancora – prima di tutto – figli, con tanto di cordone ombelicale che li lega alle famiglie d’origine, impedendo loro di essere davvero coppia, di “sposarsi” davvero, di potere davvero essere genitori. La genitorialità è evento relazionale e gioco di squadra, non fatto individuale.
Ci sono insegnanti e dirigenti scolastici con gravi problemi psichici, con difficoltà relazionali, talora con disturbi di personalità, specie di tipo narcisistico (DNP). Non si sa come possano interagire con colleghi e allievi, né come possano insegnare o dirigere. Chi soffre di DNP, per esempio, è cieco nella empatia ed è manipolatorio nelle relazioni. Eppure – cosa molto preoccupante – molti di essi godono fama di essere “bravi e seri” nel loro lavoro. Viene il dubbio che gli artefici di tale fama abbiano problemi ancora più grossi o, cosa non rara, un atroce brama di masochismo genitoriale e pedagogico.
Come è possibile che nessuno se ne accorga e dica quanto la scuola può essere patologica e patogena? Perché si tace? Se, per esempio, come spesso accade, si dà il massimo dei voti a una allieva anoressica, di fatto si collude con la patologia, con il bisogno psicotico di difendersi e dimenticarsi nel rituale mnemonico dello studio, di evitare gli altri, il mondo, la realtà; e si collude con il bisogno della famiglia di non vedere il problema. Eppure, con le logiche attuali, non si può fare altrimenti. E che dire – caso non raro – di insegnanti, che, abusati da bambini, non hanno mai potuto o voluto elaborare terapeuticamente il loro abuso? Che cosa in-segneranno, cioè che cosa segneranno dentro i loro allievi, se ancora non hanno scavato e risolto ciò che ha cosi gravemente segnato la loro anima e la loro esistenza?
Quanto agli allievi, quasi sempre, più che essere loro il problema, sono vittime di genitori, di insegnanti, di strutture gravemente patogeni. Sono le vittime, e vengono portati in terapia come se fossero loro il problema. Ci sono genitori e istituzioni che chiedono aiuto a parole (quindi in perfetta, ma non
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certo sufficiente buona fede), ma che nei fatti hanno bisogno che il figlio o l’allievo sia un problema, sia “il” problema, così da non vedere che il vero problema sono loro.
Ben venga dunque un libro come questo, che si chiede quanto e come la scuola possa, voglia, sappia rispondere al compito che le è proprio. L’autore è un uomo di scuola a tutto tondo. È stato insegnante, è dirigente scolastico, è amministratore locale. È molto bravo, purtroppo non sarà mai ministro. Ha esperienza notevolissima, vede i problemi dal di dentro, con concretezza, è ben documentato, determinato. Vuole capire e risolvere. Non è solo un faber dell’insegnamento e della istituzione. È un saggio intellettuale, capace di sguardo ampio, anche dal di fuori, a grandangolo, interroga pure l’al di qua e l’al di là della scuola. Parte da fatti; con fatti pone problemi decisivi: il senso e l’esercizio della autorità e della educazione; il modo di motivare e preparare insegnanti e dirigenti; il senso e l’efficacia delle “riforme”; il ruolo dei sindacati; la funzione dei genitori; il rapporto famiglia-scuola; la relazione educazione-libertà e autorità-libertà. A che porta la scuola, si chiede, se “ci sono (…) dei laureati che si vantano di non avere più aperto un libro dopo la fine degli studi”? Leggere questo libro significa interrogarsi a fondo, ammettere che siamo “di fronte a una normalità patologica subita come ineluttabile”. Non sono pagine ansiolitiche e consolatorie; sono pro-vocazioni, cioè chiamano innanzi con chiarezza e realismo. Non possono non in-segnare chi le legge.
«Scuola» deriva dal greco scholé, che, a sua volta, si rifà al verbo echein, ‘avere’. La scholé era dunque quel tempo prezioso che porta ad avere sé stessi, così che l’avere coincida con l’essere. Non a caso l’equivalente latino di scholé è otium, cioè il tempo della libertà e della identità più vere e radicali. Provate ad andare a dire a un ragazzo d’oggi, che la scuola è il tempo della libertà e della identità; verificherete subito quanto lontana sia oggi dalle proprie origini la scuola. Invece, se si vuole, essa è il tempo della libertà e della identità.
Resta un dubbio. Se l’amore, la gioia e – con essi e in essi – la libertà e l’identità non possono essere dati, ma vanno conquistati, desiderati, amati, quasi rubati, giorno dopo giorno, attimo dopo attimo, come possono essere affidati alla scuola, se questa è un obbligo, stabilito per ideologia e per legge? Se è obbligo, poi per forza di cose tutto finisce, come nota l’autore, per essere “contrattato”: quando, come, chi interrogare; se fare o non fare un compito; quali materie portare all’esame; quante ore di aggiornamento degli insegnanti ci siano; che ruolo abbiano i genitori nella scuola; quando e come si diventi di ruolo; che cosa vada o non vada riformato; e così via.
La scholé presuppone il senso del cammino. Se una coppia, una società, una storia, una cultura non sanno dove vanno e perché esistono, che senso avrà mai l’auctoritas?
«Adolescente» e «adulto» derivano dal latino, dal verbo ad-alescere (da cui adolescere) ‘essere nutrito, crescere’, a sua volta risalente ad alere, ‘nutrire’, della cui azione indica l’avvio, e alla preposizione ad, che indica l’intenzionalità orientata: «adolescente» e «adulto», rispettivamente il participio presente e quello passato di ad-alescere, indicano quindi ‘colui che sta cominciando a crescere’ e ‘colui che ha già cominciato a crescere’. Quanti di noi – genitori, insegnanti, cittadini – sono veri adulti, hanno cominciato a crescere nell’amore, nella cultura, nella vita, negli stupori? Quanti di noi possono essere riferimento credibile per un adolescente, che solo ora sta cominciando a crescere e, come una timida lumachina, mette fuori dal guscio le sue piccole antenne? È l’immagine, cui ricorrono Horkheimer e Adorno in appendice a Dialettica dell’illuminismo, là dove parlano della stupidità come del callo prodotto quando le antenne sono puntualmente negate, ributtate indietro. O forse conviene a tutti che i ragazzi la smettano una buona volta di pro-vocarci, di essere i messaggeri di un mistero, di guidarci nel futuro? Perché non fanno i bravi? Perché non vogliono essere stupidi? Perché creano problemi a tutti noi, ministri compresi?
Se forse qualcosa manca a questo libro, è uno sguardo anche antropologico. Farò, perciò, qualche nota in questa ottica.
Per un adolescente la sfida con l’assoluto e con il problema della morte dovrebbe essere un diritto garantito e rispettato, così come dovrebbe esserlo quello dell’esperienza viva e confermata della propria
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unicità, tutta giocata tra la sistole della solitudine e la diastole dell’appartenenza. In molte culture, che noi ci ostiniamo a chiamare “primitive”, l’adolescente nel rito di iniziazione vive il riconoscimento e l’attuarsi di questi diritti così sacrosanti. Noi siamo la società e la cultura della rimozione della morte, della negazione di ogni confronto con essa; noi abbiamo abolito i riti di iniziazione, li abbiamo considerati una barbarie inutile e pericolosa. Invece sono parte sostanziale e irrinunciabile della evoluzione del ragazzo e della sua integrazione al gruppo sociale, al punto che, se non li dà la società, se li prende lui, se li gestisce in proprio, con logiche auto-referenziali necessariamente reattive e marginali, che – queste sì – comportano rischi gravissimi ed esiti antisociali o delinquenziali, spesso riversati nella scuola e contro la scuola, nella istituzione e contro l’istituzione. Sia che piombino nella implosione solitaria del suicidio o della rinuncia a vivere e ad affrontare la realtà, sia si esprimano nell’azione violenta e anche omicida del gruppo, spesso azioni, che parrebbero sfogo assurdo o raptus inspiegabile, sono figlie di una mancata risposta sociale e culturale al bisogno-diritto del giovane di sfidare la morte, di verificarsi e identificarsi anche di fronte alla estrema sfida, quella con l’assoluto (e dell’assoluto può essere figura proprio la morte). Solo dopo la sfida è possibile l’identificazione-rinascita del Sé e l’acquisita appartenenza culturale, sociale, istituzionale. È dovere sacro e compito inviolabile non della scuola, ma della società e della cultura trovare i modi, i tempi, i luoghi, i riti, attraverso i quali possa, debba, voglia essere rispettato il diritto alla sfida e alla identità profonda, che – sola – dice chi è l’adulto. Il problema non è pedagogico, tanto meno didattico, né compete alla scuola. Il problema è antropologico, e compete alla società complessiva e alla cultura.
Dunque, i riti di iniziazione non spettano alla scuola, anche se, in passato, alcuni momenti scolastici particolarmente difficili e altamente selettivi hanno avuto un’indubbia valenza iniziatica: per esempio l’esame di quinta elementare fino al secondo dopoguerra o quello di “maturità” fino a pochi anni fa finivano con il sancire l’accesso alla dimensione adulta e al riconoscimento sociale, che a questa compete. Oggi neppure con il dottorato di ricerca si giunge a tanto. Ripeto, alla scuola non compete questo compito; comporterebbe la riduzione della scuola a mero momento di formazione professionale e di avviamento al lavoro. Solo società e culture ideologicamente finalizzate ad assolutizzare il lavoro e la produzione possono giungere a tanto. Ma non si può neppure usare la scuola come alibi e strategia, per non fare mai divenire adulti, per imprigionare in una adolescenza stupida e senza fine; porterebbe la scuola – e già ne abbiamo i segni quotidiani – a essere complice e culla della ideologia della noia e della disperazione, quella che vorrebbe far vivere senza identità, senza interiorità, senza emozioni.
Il rito (o la prova) di iniziazione c’è e ci deve essere, perché il gruppo sociale ha bisogno di verificare (rassicurando sé stesso) e di confermare (rassicurando il giovane e l’azione formativa della sua famiglia) l’adeguatezza del giovane e della generazione nuova (il giovane in greco era chiamato néos, ‘nuovo’) a rispondere ai problemi radicali dell’uomo; come sopravvivere; come affrontare l’angoscia e la morte; come con-fluire nei valori sociali e culturali; quale mondo volere; quale destino scegliere per sé e per gli altri. Solo attraverso l’eseguirsi di questa verifica può continuare il cammino di una società e di una cultura. Ripeto, questa verifica non compete alla scuola o soltanto – perfino con attribuzione di colpe – alla scuola. Né la scuola deve prestarsi al gioco di essere il capro espiatorio, facendo male (né potrebbe essere altrimenti) ciò che la società e la cultura non fanno: selezionare e decidere chi è adulto e chi non lo è, chi cammina e chi si fa trascinare. Farlo significherebbe per la scuola divenire strumento ideologico e alibi di una società e di una cultura immobili.
Acculturare un ragazzo non significa dire e stabilire che è adulto. Solo un micidiale corto circuito tra senso accademico e senso antropologico di cultura, può portare alla confusione attuale. Sotto molte forme di bullismo, così come sotto altri terribili fenomeni tanto crescenti, quanto taciuti (l’aumento negli adolescenti dei suicidi, delle dipendenze, dei disturbi psichici, degli incidenti e delle performance mortali, della delinquenza, della non autonomia) c’è una mancata risposta al bisogno di iniziazione all’età adulta. Si va a sfidare la morte e a cercare l’unicità del Sé fuori dalla società e contro la società.
Sbaglia la scuola a farsene carico. È compito non suo. Soprattutto non è compito suo la assunzione e la gestione della autorità sociale e culturale. Se si fa carico di questo compito, finisce con l’essere l’alibi e la discarica delle impotenze sociali e culturali. Finisce con l’essere contro i ragazzi e contro il nuovo1,
1 Ha perciò ragione l’autore quando afferma che “è difficile essere autorevoli in una società dove ogni principio di autorità viene sistematicamente delegittimato”. Ma, a mio avviso, sbaglia quando conclude che “dei sistematici interventi repressivi vanno usati fin dalla nascita, abituando da subito al rispetto di norme di buona convivenza. Non vale la scusa che il piccolo non capisce. Se non capisce capirà, ma intanto rispetta gli oggetti e le persone perché i genitori glielo impongono. Ci
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provocando nei ragazzi una risposta simmetrica e spingendoli, di fatto, a vedere nella scuola il nemico e l’ostacolo.
Società e culture ferme, che non hanno più orizzonti da scoprire, sogni da inseguire, desideri da soddisfare, progetti da realizzare, perdono autorevolezza né sanno più in-segnare di autorità i giovani e, meno che meno, la scuola; finiscono con il negare ogni autorità e con il convincersi di non avere bisogno di alcuna autorità. Le anarchie nascono dalla immobilità delle società e delle culture. Si finisce così, di fatto, con il legittimare il permissivismo (nella scuola e non solo), per coprire la mancanza di autorità e di persone autorevoli a livello sociale e culturale. Si aboliscono le prove di iniziazione, le si considerano ostacoli e crudeltà inutili. E si finisce da un lato con il lasciare i giovani nell’indeterminato, nel vago della non identificazione di sé, nel vuoto emotivo ed etico, nell’assenza della curiosità e dello stupore, anche e soprattutto dello stupore d’amore; d’altro lato si lascia il gruppo sociale nella paranoia di fronte a tutto ciò che è nuovo e, in particolare, di fronte al giovane, soprattutto al più vivo, al più creativo, al più intelligente, a quello che può dare di più. Poi, di tutto questo, magari si dà colpa alla scuola. Dopo averle tolto autorità, la si accusa di non averla o di non saperla gestire.
Non è la scuola a dovere dare risposte di questo tipo. Deve essa stessa riceverle. Non da sé stessa, ma da tutti noi come società e come cultura in cammino. Occorre ribadirlo: il problema, prima che scolastico, è antropologico. Ma questo discorso spetta ad altri autori. Maculotti il suo l’ha già fatto.
Sangue sulle mura: dal fantasma del duca al delitto del vampiro. Streghe e inquisitori: abiura, tortura, pubblico ludibrio. Morti apparenti: un professore, un artista e una monaca. Antonia da Castello: una spietata assassina ai tempi di Ercole I d’Este. L’omicidio di Camilla Veronesi: la Ferrara del Seicento si tinge di noir. Sesso e morte: giallo al bordello. Lo chiamavano Parlaschietto…: un pluriomicida a Francolino, Domenico Pelucchi. Marfisa d’Este: le vere vittime della palazzina. Sant’Antonio da Padova: due miracoli ferraresi. Buonmercato: la strana storia di un chierico venerato come santo. Il volume, che fa parte della collana “HIstoriando”, è corredato di fotografie e cartoline d’epoca, rare o inedite, della “Collezione Alberto Cavallaroni” e da un ricco apparato di fonti bibliografiche e archivistiche. Francesco Scafuri, classe 1958, vive da sempre a Ferrara, dove ha lavorato per oltre trent’anni presso l’Ufficio Ricerche Storiche del Comune sino alla pensione, ideando iniziative e rassegne culturali di successo. A partire dagli anni Ottanta, ha partecipato a convegni internazionali e tenuto conferenze su temi urbanistici e sull’architettura militare estense. In veste di storico dell’arte interviene a trasmissioni televisive e collabora con quotidiani e riviste. È socio dell’Accademia delle Scienze di Ferrara, consigliere dell’Associazione Ferrariae Decus e consigliere dell’Associazione De Humanitate Sanctae Annae Odv. Autore di numerosi studi sulla città, tra le sue pubblicazioni ricordiamo Le chiese di Ferrara (con Giovanni Sassu) del 2013. Nel catalogo Faust Edizioni il romanzo La Ferrara dell’ingegner Bellei (2014) con la prefazione di Vittorino An dreoli, e il saggio storico Alla ricerca della Ferrara perduta. Luoghi, personaggi, curiosità e misteri (2015) con la prefazione di Folco Quilici.
Invito alla letturaMercoledi 23 novembre 2022 ore 17
Presentazione del libro di Charlotte Perkins Gilman
Dialogano Tamara Zappaterra, Prorettrice alla diversità, equità, inclusione Università di Ferrara, Beatrice Gnassi traduttrice ed editrice, Eleonora Federici, Presidente Comitato Parità Unife Muoviamo le montagne è «un’utopia di breve distanza», così la definisce Perkins Gilman, che ci porta in una nuova America, dove le donne si sono “risvegliate”, hanno capito il loro potenziale e preso le redini del comando, partendo dall’idea che misoginismo, povertà e sfruttamento lavorativo sono stati la causa d’ogni male. John, perso trent’anni prima durante una spedizione in Tibet, viene ritrovato dalla sorella Nelly, che lo riporta in un mondo del tutto cambiato. In questa nuova America, le donne si sono “risvegliate”, hanno capito il loro potenziale e preso le redini del comando, partendo dall’idea che il misoginismo, la povertà e lo sfruttamento lavorativo sono stati la causa d’ogni male in passato. Perkins Gilman, nel 1911, catalizza nel protagonista le rimostranze di un uomo medio del suo tempo di fronte a cambiamenti radicali, che per certi versi ancora oggi possono dirsi futuristici. Dalle norme sociali all’economia, dai mezzi di trasporto al rispetto della natura, dalla religione all’educazione, il libro ripercorre il viaggio fisico e mentale di un uomo in un universo femminista, ecologico e cibernetico.
Conferenze e Convegnigiovedì 24 novembre 2022 ore 17
Incontro di presentazione alla cittadinanza del progetto di promozione culturale della Società Dante Alighieri – Comitato di Ferrara APS, finalizzato alla conoscenza e valorizzazione di uno dei 58 siti italiani iscritti nella Lista del Patrimonio Mondiale dell’UNESCO. L’iniziativa si articolerà in un ciclo di “visite conferenze” a cadenza mensile, che interesseranno il centro storico e i principali istituti museali della città di Ferrara e le emergenze monumentali, paesaggistiche e naturalistiche del settore ferrarese del Delta del Po. A cura della Società Dante Alighieri – Comitato di Ferrara APS
Invito alla letturavenerdì 25 novembre 2022 ore 17
Presentazione del libro curato da Roberto Roda e Massimo Zanirato con la collaborazione di Emiliano Rinaldi
Guardamagna Editori in Varzi, 2022 Introduce il volume e dialoga con i curatori l’antropologo Giuseppe Scandurra (Università di Ferrara) Sviluppato su proposta della sindacalista ferrarese Sabrina Cerini, il volume non ha intenti “celebrativi” ma si pone piuttosto come una riflessione di antropologia visiva, un’indagine di etnografia delle organizzazioni. Attraverso agili testi divulgativi e ben 250 immagini, prevalentemente inedite (provenienti dall’archivio personale di Roberto Roda e da quello della Camera Sindacale Territoriale della UIL ferrarese), il volume racconta le strutture e le dinamiche della partecipazione sindacale, le lotte e le vertenze per la difesa del lavoro e dei lavoratori a livello locale e nazionale. Approfondisce i linguaggi popolari utilizzati nelle manifestazioni di protesta, chiarisce l’impegno civico per definire, in una società che cambia rapidamente, un più ampio ed efficace sindacato “delle persone” e non solo dei lavoratori. Lungi dal volersi porre in posizione autoreferenziale, il volume della UIL ferrarese offre ampio sp azio ai rapporti unitari perseguiti con le altre sigle sindacali confederali (CGIL e CISL). Il volume, alla fine, rappresenta anche un omaggio e un ringraziamento verso coloro ( iscritti, sindacalisti e quadri dirigenti ) che alla UIL e ai suoi principi hanno dedicato tempo e fatica.
Incontro con l’autorelunedi 28 novembre 2022 ore 17
Puntoacapo Editore, 2022 Introducono e dialogano con l’autore Manuel Cohen e Zena Roncada; letture di Cristina Rossi. A tre anni dall’ultima raccolta in dialetto (Al paréa uƞ fógh ad paja, puntoacapo 2019) Edoardo Penoncini torna con la nuova raccolta, La bléza, un tema che era ed è rischioso. Occorre consapevolezza dei motivi e dei mezzi espressivi per avventurarsi in un canzoniere d’amore e di bellezza tanto frequentato nella poesia di tutti tempi. La possibilità di scivolare sull’ovvio del discorso abusatissimo è sempre dietro l’angolo; tuttavia, Penoncini argomenta la sua strutturazione ‘a tema’ coniugando felicità di scrittura con una sostanziale levità e luminosità rara e mai scontata. «La bléza è uno di quei libri che ci aiutano a percepire l’intelligenza del mondo, a dare testimonianza di levità, civiltà, discrezione. Interessante e suggestivo il percorso di senso con cui Penoncini accompagna chi legge: sembra di at traversare ere, luoghi, ambienti, secoli, declinati e diclinanti tra le fasi della vita: gioventù, maturità, senilità. La bellezza, sembra confermarci il nostro poeta, è ovunque, si può cogliere a qualsiasi latitudine o stagione della vita: basta saperla scorgere, basta saper predisporsi umilmente all’ascolto». (Manuel Cohen, da “L’ape e la bellezza”, Nota introduttiva a “La bléza”) Edoardo Penoncini vive a Ferrara. Ha cominciato a scrivere versi dalla fine degli anni Sessanta e nel 2014 abbraccia la poesia in dialetto. Tra le sue opere in italiano: Un anno senza pretese (2012); Qui non si arriva di passaggio, Ferrara musa pentagona (2012); Lungo è stato il giorno (2013); la luce dell’ultima casa(2015); Sotto le palpebre (2021).
Incontro con l’autoreMartedi 29 novembre 2022 ore 17
Ne parlano con l’autrice Alberto Urro e Luisa Lampronti Letture di Fabio Mangolini Le storie raccolte in questo libro, tratte da articoli pubblicati da Elena Buccoliero sul blog on line di Azione Nonviolenta “Prima le donne e i bambini”, nascono dall’esperienza dell’autrice maturata durante il periodo di servizio come giudice onorario al tribunale per i minorenni di Bologna, dal suo impegno con insegnanti, adolescenti, tutori volontari per il Comune di Ferrara, dalla Fondazione emiliano-romagnola per le vittime dei reati. Sono affidate al lettore non con la presunzione che la visione dell’autrice sia esaustiva e offra un punto di vista oggettivo, ma come semplice stimolo a nuove riflessioni. Non smarrire la traccia dei pensieri è azione necessaria non solo per sé ma anche per altri quando la cronaca riconsegna eventi o singoli episodi analoghi. Il filo tematico che ordina i testi definisce capitoli che si reintrecciano di continuo. Nella raccolta si attraversano diverse “stanze” che affrontano temi quali la tutela dei bambini, la v iolenza sulle donne e quella assistita dai figli, la migrazione e l’intreccio tra culture, il coronavirus con il suo impatto sferzante sulla vita di ognuno, gli adolescenti (il bullismo, la scuola, la giustizia penale minorile…). Ogni pagina è una finestra sul nostro mondo e sul mondo, alla ricerca di ciò che sa renderci umani e capaci di accogliere l’umanità dell’altro. A cura del Consorzio Eventi Editoriali
Presentazione condotta da Gina Nalini Montanari e Nicoletta Zucchini, argomentazione del progetto della presidente Federica Graziadei. Sarà presente per un intervento Riccardo Mantovani del Consiglio di amministrazione del Consorzio di Bonifica della Pianura di Ferrara. Letture di Filippo Scabbia e musiche di Roberto Berveglieri. Presentazione dell’Antologia ” Storie di Pianura” I edizione Premio nazionale di narrativa 2021 indetto da Consorzio di Bonifica della Pianura di Ferrara & Associazione Culturale Gruppo Scrittori Ferraresi. La pianura, arazzo infinito di storie future, presenti e passate, tessute fra terra e acqua. Orizzonti privi di ostacoli si stagliano lontani, lasciando immaginare che più oltre possa esservi qualsiasi cosa, o forse nulla. La bonifica idraulica, secolare opera dell’uomo per restituire alla prosperità queste lande desolate, tatuaggio d’acqua impresso nella terra. Il paesaggio e le sue mutazioni, l’antropizzazione come realizzazione di una visione di benessere. Il lavoro nei campi. La paziente attesa del succedersi delle stagioni. Aspetti storici, culturali, ambientali, sociali ed economici attinenti al tema, lasciati trasparire tra le righe di un’esperienza quotidiana personale, di uno sguardo, di un ricordo, di una speranza. A cura del Gruppo Scrittori Ferraresi Aps
In occasione del Mese Internazionale del gioco in biblioteca (International month game @your library), invitiamo ragazzi e ragazze a provare i tanti giochi di società disponbili in biblioteca! Oggi e sabato 5 novembre, negli orari di apertura della biblioteca, sarà presente anche l’esperto Daniele Ferri che aiuterà ad organizzare i tavoli da gioco, illustrando il funzionamento di vari giochi.
Partecipazione libera e gratuita. Età consigliata: da 8 a 99 anni. Scarica la locandina!
In occasione del Mese Internazionale del gioco in biblioteca (International month game @your library), invitiamo ragazzi e ragazze a provare i tanti giochi di società disponbili in biblioteca!
Oggi, negli orari di apertura della biblioteca, sarà presente anche l’esperto Daniele Ferri che aiuterà ad organizzare i tavoli da gioco e le partite, illustrando il funzionamento di vari giochi.
Partecipazione libera e gratuita. Età consigliata: da 8 a 99 anni. Scarica la locandina!
In questo laboratorio i/le giovani partecipanti, saranno coinvolti in un’attività laboratoriale finalizzata alla creazione di contenuti digitali in realtà aumentata A/R attraverso l’utilizzo di Minecraft e Merge Cube e avranno la possibilità di immaginare, programmare e realizzare creazioni 3D, utilizzando anche elementi “analogici” (carta, cartone etc). Il laboratorio è condotto da Luca Berti di Digitalmente ed è organizzato in occasione del International Games Month @your Library 2022
Consigliato a studenti della scuola secondaria di I grado Partecipazione gratuita. I posti sono limitati e l’iscrizione è obbligatoria attraverso l’invio del modulo online Per informazioni: 0532/418231 – info.niccolini@comune.fe.it
Un pomeriggio di sfide divertenti al gioco di carte inventato da Daniele Ferri
A Casa Niccolini vi aspettiamo per festeggiare l’International Games Month @your Library 2022 con un entusiasmante torneo di “VEGEtables”, il gioco di carte incentrato sulla coltivazione di frutta e verdure, inventato dal ferrarese Daniele Ferri. e definito l’unico gioco nato in Italia inserito come Disciplina Ufficiale del Mind Sports Olympiad di Londra.
Appuntamento alle 14.30 per le iscrizioni e dalle 15.00 inizierà la divertente sfida, non solo per giocatori già appassionati, ma anche principianti che verranno coinvolti in un torneo “introduttivo” con regole semplificate (necessaria la presenza minima di 8 giocatori). Questa sarà solo una tappa del GRAN PRIX @yourlibrary, costituito da 4 tornei, distribuiti nelle biblioteche comunali cittadine: Rodari (29 ottobre), Casa Niccolini (13 novembre), Bassani (3 dicembre), Porotto (17 dicembre).
Il gioco in breve VEGEtablesè un gioco di carte per 2-5 giocatori nel quale si simula la coltivazione di un campo di verdure dall’aratura fino al raccolto. L’ambientazione è solo un pretesto per imbastire un divertente gioco astratto che si basa sulla meccanica del blocco. Lo scopo del gioco è quello di raccogliere il maggior numero di punti completando le sequenze delle verdure. Non importa chi inizia la sequenza, ma chi la termina, infatti chi effettua il raccolto del campo raccoglie i punti. Bisogna quindi stare attenti di non favorire i propri avversari nella chiusura dei campi e quindi spesso conviene giocare poche carte necessarie per la propria strategia e non mettere in campo tutte le carte disponibili. Ma ci sono anche altri modi per fare punti rendendo il gioco e le strategie molto varie. Il gioco termina quando un giocatore finisce le carte che ha a disposizione.
Letture e laboratorio ludico multilingue per bambini dai 4 ai 7 anni
In occasione di Bimbinfesta, la Settimana per i diritti dell’infanzia e dell’adolescenza, dal 14 al 20 novembre 2022, organizzata dai Servizi Educativi, Scolastici e per le Famiglie del Comune di Ferrara, giunta alla seconda edizione, la biblioteca comunale Casa Niccolini, aderisce al programma d’iniziative, ospitando pomeriggi di letture ad altavoce per bambini piccolissimi e i loro genitori, una mattina di letture inclusive per i più grandicelli e una divertente narrazione animata.
Oggi esperti mediatori interculturali si alterneranno a leggere e raccontare storie in tante lingue diverse, per fare sentire tutti a casa.
Partecipazione libera e gratuita. Età consigliata: 4-7 anni Per informazioni: 0532/418231 – info.niccolini@comune.fe.it
Conferenze e ConvegniGiovedì 17 novembre ore 17.00
Conferenza di Mauro Presini. Introduce Daniela Cappagli
Mario Lodi, il maestro per eccellenza nel vero senso della parola, nasceva nel 1922, così nel centenario della nascita si è pensato di ricordarlo anche a Ferrara attraverso le parole del maestro elementare Mauro Presini, che ha avuto la grande fortuna di conoscerlo di persona. “La grande forza di questo messaggio si trasformava in potenza enorme proprio grazie alla credibilità che lo accompagnava; non era un professore universitario che vedeva i bambini dalla finestra o che stava predicando teorie ma un maestro, dei bambini e delle bambine che stavano raccontando insieme“
L’incontro, organizzato in collaborazione con l’Istituto Gramsci di Ferrara e inserito nel programma di formazione/aggiornamento “Andar per carte e libri” proposto dal Servizio Bilbioteche e archivi del Comune di Ferrara, è rivolto ad insegnanti, educatori, studenti e adulti interessati. Partecipazione libera e gratuita, sino ad esaurimento posti.
Bambini e ragazziSabato 19 novembre 2022 ore 10.30
Letture e laboratorio per bimbi e genitori sulla Comunicazione in simboli
In occasione di Bimbinfesta, la Settimana per i diritti dell’infanzia e dell’adolescenza, dal 14 al 20 novembre 2022, giunta alla sua seconda edizione, la biblioteca Casa Niccolini partecipa al programma di iniziative dei Servizi Educativi, Scolastici e per le Famiglie del Comune di Ferrara, ospitando pomeriggi di letture ad altavoce per bambini piccolissimi e i loro genitori, una mattina di letture inclusive per i più grandicelli e un divertente spettacolo di teatro emozionale.
Insegnanti, mediatori interculturali, genitori si alterneranno a leggere e raccontare storie in tante lingue diverse, anche in simboli, per fare sentire tutti a casa.
Posti limitati. Partecipazione gratuita con iscrizione obbligatoria. Per informazioni: 0532/418231 – info.niccolini@comune.fe.it
Antonella Antonellini ritorna anche quest’anno a Casa Niccolini! L’occasione è Bimbinfesta, la Settimana per i diritti dell’infanzia e dell’adolescenza, dal 14 al 20 novembre 2022, organizzata dai Servizi Educativi, Scolastici e per le Famiglie del Comune di Ferrara, giunta alla seconda edizione, alla quale aderisce anche Casa Niccolini, ospitando pomeriggi di letture ad altavoce per bambini piccolissimi e i loro genitori, una mattina di letture inclusive per i più grandicelli e questa divertente narrazione animata. Questa volta Antonella ci proporrà un’animazione teatrale/narrativa che si terrà nel giardino di Palazzo Paradiso, il bellissimo spazio verde che collega la biblioteca dei più giovani alla storica Biblioteca Ariostea. L’accompagnamento inoltre della musica dal vivo di Lorenzo Magnani, immersi nella natura, creerà sicuramente un’atmosfera molto suggestiva. Seguirà un laboratorio per creare la città ideale dei bambini.