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Ricordo di Ugo Malaguti

Per i lettori che mi seguono da tanto, tantissimo tempo, e che sanno tutto della mia vita e delle mie vicende fino al 2002, quando uscì la corposa introduzione a due voci di Millennium, libro in tandem che celebrava i quarantanni di carriera letteraria miei e di Lino Aldani, riassumerò molto brevemente i miei ricordi degli ultimi quattordici anni: sono stati anni pieni di guai: guai di salute, di vita, di occasioni perdute. Per questo non vorrei soffermarmi troppo su questa storia recente. Ho dovuto combattere con un cuore male in arnese, con delle carotidi ostruite, e infine con un ictus che, come è successo al Marco protagonista del romanzo scritto proprio in questi ultimi giorni, mi ha colpito alla vigilia di una festa importante… a lui è capitato il Natale, a me Capodanno.
Per di più, ho perso tre fra i pochi amici autentici e soprattutto che ho sempre rispettato nel panorama fantascientifico: Lino Aldani, Ernesto Vegetti e Vittorio Curtoni. E molto triste il mondo, quando ti mancano persone che associavi sempre alla tua vita, con le quali il piacere di conversare era una delle cose migliori che potessero capitarti. Tutti coloro che disprezzo e considero insopportabili, ahimè, sono rimasti in giro, anche se le mie disgrazie mi hanno dato la grande fortuna di poterli evitare: ma che i tre più validi, con i quali valeva la pena incontrarsi, se ne siano andati, uno dopo l’altro, non depone a favore delle capacità visuali del destino.
E infatti in questi anni ne ha risentito la mia non copiosa produzione di autore: che in quasi tre lustri, ha visto nascere una sola opera, E quel giorno a Lucca l’orco acchiappò la mammifera, un romanzo, dove l’orco di S. Michele in Bosco, la bella escort Biancaneve, il dotto cardinale Prospero Lambertini, e il robot cameriere del Roxy Bar, partono
per una quest attraverso i vulcani degli Appennini, le rovine di una Firenze popolata di alberi assassini, fino a una stralunata Lucca dove si compirà il loro destino. Non spetterebbe a me dirlo, ma effettivamente meno scrivo, meglio scrivo, visto che le mie due ultime opere in ordine cronologico, Una storia tra i monti e appunto Quel giorno a Siena, credo siano in assoluto le mie migliori.. Ma si sa, la popolarità si mantiene con il presenzialismo, e dopo avere vissuto un decennio come il più popolare scrittore italiano di Science fiction, nei quarantasei anni successivi la mia produzione è stata così rara e scarsa da rendere sorprendente il fatto che tanti, tanti lettori ancora aspettino le mie novità, le leggano, e ne chiedano altre.
Non starò quindi a raccontare nei dettagli come ho vissuto i quattordici anni che passano dall’uscita di Millennium alla comparsa di questo Cronache di un antico avvenire. Magari soddisferò i biografi curiosi se avrò la fortuna, la salute e il tempo per realizzare una terza antologia delle mie opere migliori, perche ce ne sono ancora che mi piacerebbe rivedere in volume, e tante altre avrei voglia di scriverne.
Questa seconda antologia, che esce sul quarantaquattresimo volume della collana inaugurata proprio da Storie di ordinario infinito, ha avuto una genesi e una lavorazione di grandi tribolazioni e, per eventi editoriali, famigliari, di salute, che soprattutto negli ultimi tre anni, mi hanno impedito di lavorare a qualsiasi altro progetto, e mi hanno fatto più volte disperare sul completamento di questo libro, e pensare che nella migliore delle ipotesi sarebbe uscito postumo, cosa che per qualsiasi autore vivente non rappresenta certo l’obiettivo più desiderabile.
Il romanzo di apertura era obbligato. Satana dei miracoli compie i cinquant’anni, è uno dei miei libri più discussi, elogiati e recensiti, ci sono interi capitoli delle storie della fantascienza italiana che ne parlano, suscitò polemiche feroci e tutto sommato fu lo strumento della mia fortuna, soprattutto grazie alle critiche degli ultraintegralisti cattolici che mi coprirono di contumelie e di insulti (già II sistema del benessere, un anno prima, mi aveva attirato addosso la nomea di servo sciocco del Cremlino e di quinta colonna del comunismo sovietico; e così a un anno di distanza, un libro nel quale Dio è diventato malvagio, e i suoi robot bruciano la gente sul rogo, mentre Satana è diventato buono c tollerante… be’, si fa per dire… non era, come qualsiasi persona sana di mente di oggi avrebbe capito subito, un assalto alla superstizione e all’ignoranza, come sarebbe stato nelle mie intenzioni, ma un’opera atea, blasfema, e scritta da un apostata senza fede e peggio ancora) ai quali tanti altri lettori reagirono rafforzando l’affetto che già provavano per me, per averli fatti sognare con le mie storie di fantar-cheologiae i miei saggi divulgativi sui misteri dello spazio e del tempo.
Devo dire che le migliori critiche, c le recensioni più assennate, mi giunsero dalle pubblicazioni dei gesuiti e dei domenicani, che ne apprezzarono un misticismo innato e una protesta contro l’ignoranza che li aveva molto colpiti, mentre il buon Lev Verscinin, il più popolare italianista e traduttore risso, quello che aveva scelto e reso famoso Tiro al piccione e un altro paio di mie storie sociologiche, disse che il romanzo era splendido, ma che era troppo pieno di accenni alla religione cattolica, per essere pubblicabile in Unione Sovietica. Suscitò comunque un’ondata di consensi e dissensi che contribuì certamente alla mia popolarità.
Roberta Rambelli, che ne scrisse una splendida presentazione per l’uscita su Galassia, in realtà rimase un pochino delusa. Era molto orgogliosa di avere scoperto in me l’epigono italico della Science fiction sociale, il Frederik Pohl de noartri, aveva passato cinque anni a convincermi che era quella la mia strada e la mia vocazione, e si ritrovava di fronte a un libro completamente diverso dal Sistema del benessere, con un forte contenuto contemplativo e lirico, l’inizio della mia ricerca di una musicalità letteraria che sarebbe stata nei decenni successivi la mia maggiore ambizione di scrittore. A Roberta però il libro era piaciuto moltissimo, e da persona onesta e critica illuminata com’era, cominciò a porsi degli interrogativi, concludendo che io dovevo seguire la mia ispirazione, e che forse era molto più Satana a rappresentarmi, piuttosto che il Sistema. La ringrazierò per sempre pcr non avermi odiato, scegliendo una strada che non cra quella che lei aveva ipotizzato per me, e posso aggiungere solo un dettaglio… la critica ha parlato molto di un’ispirazione simakiana, pcr questo romanzo e per la successiva fase della mia carriera, e non nego che Simak mi abbia dato tante atmosfere e soprattutto tanti messaggi importanti che indegnamente hanno influenzato alcune delle mie opere, ma se devo confessare un debito, pcr le atmosfere e i ritmi di questo libro, devo ammetterlo per quello che io ritengo il film più bello di tutta la storia del cinema (sì, ne sono assolutamente convinto ancora oggi, quando i miei gusti di ventenne sono cambiati e certe opere che in quegli anni mi apparivano come capolavori oggi mi annoiano profondamente) e cioè il settimo sigillo di Ingmar Bergman, e non solo per il desiderio di Astaroth di giocare una partita a sacchi con il Diavolo, ma per gli scenari, per la natura, per la presenza stessa dei Lontani, per l’omogeneità dovuta anche al fatto di averlo scritto di getto, in pochi giorni.
Un romanzo scritto nel 1966, cinquant’anni fa, pcr uno scrittore come me, che rivede e riscrive le sue opere giovanili perché gli anni non scorrono invano e la persona di oggi non e la stessa di quella degli anni lontani della giovinezza, o forse e la stessa, ma con un cumulo di esperienze e una maturazione in più, avrebbe dovuto essere un facile territorio di caccia. Infatti ero partito deciso a farne una riscrittura, modernizzarlo, attualizzarlo. E cosa è accaduto? Mano a mano che lo rileggevo, non trovavo nulla da cambiare. Un evento raro pcr me, che e avvenuto con Di alcuni delitti a Londra e poche altre storie. Satana dei Miracoli, a parte qualche correzione tecnica qua c là, è quello che uscì nel 1966, e segnò un punto di arrivo e di partenza nella mia attività di autore.
Ho scelto il titolo, strano come quello del mio primo libro antologico, Cronache di un antico avvenire, proprio in base alla mia intenzione di raccogliere molte delle storie dei mici anni giovanili, c tra le mie opere degli anni ‘60 (come dirò in una delle note di apertura dei singoli racconti, alcune di queste storie erano la riclaborazione di un ancor più antico avvenire, frutto della mia grafomania degli anni ‘50, quando, dagli 11 anni in poi, producevo tonnellate di storie e abbozzi di storie che poi mi sono venute utili negli anni successivi) ci sono Situazione critica. del 1965, Maglia gialla, del 1962, Frammenti di cristallo, del 1962, Viro al piccione, del 1964, c Dieci problemi e uno scrittore, del 1967. Insieme a Satana dei miracoli, del 1966, costituiscono la metà numerica delle mie scelte (c’era anche inizialmente Le reti di Vega, eliminato dalla straripante invadenza di Doppia corsìa e dalla vena scaramantica che non voleva comporre di 13 storie questo libro, visto che di disgrazie ne avevo già passate a sufficienza scrivendolo). Ci sono poi le storie degli anni 80 e 90, che io considero i miei anni di transizione. Probabilità zero del 1996, Verso il confine dell’aurora del 1998, Cinque favole immorali del 1983 e Dialogo del 1998. Le storie degli anni 2000 si riducono quindi a due, ma occupano metà dell’antologia, perche sono un romanzo breve, Una storia tra i monti, del 2001, c soprattutto Doppia corsia, che ho scritto quando già a Elara stavano preparando impianti e stampa dell’antologia, che l’arrivo di un romanzo di oltre cento pagine ha ovviamente scombussolato.
Delle primissime storie, la giovinezza mi sembra la caratteristica più suscettibile a critiche. Ho cercato di rimediare, ma le storie erano quel tipo che negli anni 60 andava per la maggiore, e il telaio è rimasto eguale. Lo dico in particolare per Frammenti di cristallo, uno dei miei primissimi tentativi, ma anche di quelli ai quali sono rimasto più affezionato. Leggendolo attentamente, forse si possono già vedere le radici dell’Ugo Malaguti della seconda parte di questa lunga carriera.
Una storia tra i monti, ribadirò questo concetto più volte, è il mio testo che più mi soddisfa in assoluto, e che ho riletto con il piacere del lettore, e il compiacimento dell’autore, lasciandolo così com’era. In questo volume ci sono due clamorose violazioni della mia prima regola di editor, quello di non pubblicare mai lo stesso testo nella stessa versione in due titoli della stessa collana. Se per Cinque favole immorali posso difendermi dicendo che è uscito, sì, su Nova prima e su Pianeta Italia poi, ma che non era mai apparso nella Biblioteca, per quanto riguarda Una storia tra i monti la scelta di ripubblicarlo trenta volumi dopo Millennium, sede della sua prima pubblicazione, è stata invece consapevole, motivata, e credo giustificata. E non solo per la vanità di
autore che traccia una sottile linea di demarcazione tra un’antologia a due voci come Millennium, dove condividi lavoro e pubblico con un’altra persona, e un’antologia personale, dove le tue scelte sono personali, sci l’unico responsabile, se sbagli devi recriminare solo con te stesso. Anche per il fatto che Millennium divideva i lettori tra miei affezionati e fans di Lino Aldani, e questo, sotto certi profili, e stato uno svantaggio per entrambi. Eravamo infatti così diversi tra noi, così legati a tradizioni e pubblici diversi, che molti dei lettori affezionati alla tradizione del sottoscritto non hanno preso il libro a due voci, non chiedetemene il perché, e quindi una buona metà di coloro che avevano preso Storie di ordinario infinito ancora non ha letto quello che io ritengo il mio migliore lavoro. Imperdonabile. Perciò eccolo qui. E se lo avete letto quindici anni fa, be’, rileggetelo. Non vi farà male.
Qualche riga in più (l’introduzione a Storie di ordinario infinito era di diciotto fittissime pagine, quella di Millennium, prevalentemente grazie alla straordinaria sinteticità di Lino, era di dodici, vorrei contenere in sci quella di questo libro, già fin troppo voluminoso di per sé) merita Doppia corsia, a oggi il mio ultimo parto letterario, scritto tra il 18 febbraio e il 20 marzo, non appena ritornato a casa da una lunga degenza ospedaliera per un ictus che mi ha subdolamente colpito nel pomeriggio del 30 dicembre 2015, proprio come capita a Marco, il protagonista, che però è stato colpito alla vigilia di Natale, e quindi non ha avuto la fortuna di gustarsi tortellini, bollito e salsa verde, come ho potuto fare io grazie a mia moglie Gabri, che ha rasserenato e illuminato uno dei Natali in assoluto più poveri e poco allegri della mia vita.
L’ictus è arrivato come ultimo atto di un’odissea fisica che è iniziata con un’operazione a cuore aperto, nel 2005, la sostituzione di una valvola aortica, un paio di bypass e l’applicazione di un pacemaker, è proseguita con un paio di attacchi ischemici, due interventi chirurgici alle carotidi, e altre sofferenze minori. Negli ultimi anni, in pratica ho visto più le corsie degli ospedali che il salotto di casa. L’ictus e stato ancora più perfido perché mi ha colpito proprio quando stavo ricominciando a lavorare, e ha interrotto un processo di ritorno alla normalità sul quale poggiava tutto il possibile mio futuro.
Mi è andata di lusso, sotto certi aspetti. Un po’ di terapia intensiva, molta riabilitazione, una sorta di faida con un primario che mi inseguiva di giorno e di notte per impedirmi di scendere a fumare, una convalescenza un po’ ruvida, ma conseguenze tutto sommato limitate. Certo, oggi sono entrato nella categoria dei ccrebrolcsi, ma alcuni possono dire che non ha certo peggiorato le mie capacità mentali, visti i precedenti. E riprendendo la vita, gradualmente, faticosamente, visto che l’unica cosa che potevo fare era mettermi a scrivere, ed Elara aveva da tempo annunciato il mio nuovo libro, ho deciso di mettermi alla prova e tentare di scrivere un raccontino per dare anche qualcosa di totalmente inedito ai mici lettori.
L’idea mi era venuta in reparto, ovviamente, insieme al titolo. Come avvenne quando Lino insistè perche io scrivessi un raccontino, possibilmente breve, inedito, per Millennium (lui aveva fornito un inedito molto breve, si raccomandò di non alterare l’equilibrio del libro allungandomi troppo) e nacque Una storia tra i monti, anche Doppia corsia nelle mie intenzioni non avrebbe dovuto superare le scttc/otto pagine che erano già previste per Le reti di Vega.
L’inizio era molto autobiografico, descriveva la mia quotidianità ospedaliera, ma come sempre mi succede, l’opera ha deciso di andare per conto suo. E io ansante a seguirla. Alla fine è venuto fuori un romanzo, il più lungo che ho scritto dai tempi de // palazzo nel cielo. Ve lo dedico con un certo orgoglio, perché ho l’impressione che funzioni, e che molti elementi che sono venuti fuori inaspettatamente siano assai meno banali o inspiegabili di quanto possa sembrare. E mi sento in una botte di ferro. Vi piaccia o no, posso sempre opporre la scusa di essere ufficialmente quello che si definisce un cerebrolcso. Quanti dei miei colleghi possono accampare una giustificazione altrettanto plausibile?
Bologna, 3 aprile 2016
UGO MALAGUTI

autori, fantascienza

Ugo Malaguti

Domenica 26 settembre ci ha lasciato Ugo Malaguti, nume tutelare della fantascienza italiana, spentosi nella sua casa di Bologna dopo una lunga malattia.

All’inizio della sua carriera, Malaguti prese in mano la curatela della collana Galassia (Tribuna), diventandone il direttore. Nel 1967 fondò la casa editrice Libra e iniziò la pubblicazione della rivista Nova SF* e le collane Slan e I classici della fantascienza. Negli anni ’70 fondò la Perseo Libri e successivamente Elara Libri, erede delle case editrici precedenti.

Autore di numerosi saggi, racconti e romanzi, spaziò dalla fantascienza archeologica e d’avventura e quella di stampo sociologico, più realistica e impegnata, ma fu anche un prolifico traduttore di alcuni dei più grandi nomi della fantascienza internazionale.

Tra le sue traduzioni comparse in Urania ricordiamo: “Il fabbricante di universi” di Philip J. Farmer, “Novilunio” di Fritz Leiber, “La città e le stelle” di Arthur C. Clarke, I fabbricanti di felicità di James Gunn, “Il telepate” di John Brunner, “Sabbie, tempeste e pietre preziose” di Cordwainer Smith e “Stelle del silenzio e della vita” di Edmond Hamilton.

Il video con Malaguti e Pestriniero è stato girato nel 2006 a Bondeno (FE) nel corso di una edizione delle Giornate della cultura

lavoro

Open access

Collana OttocentoDuemila – Italia-Europa-Mondo Genere, lavoro e formazione professionale nell’Italia contemporanea a cura di Eloisa Betti, Carlo De Maria I saggi raccolti in questo volume articolano un’indagine del nesso tra lavoro e istruzione tecnico-professionale nell’Italia contemporanea adottando una prospettiva di genere, scelta pressoché inedita per questi temi. Si tratta di lavori che nascono da ricerche originali, caratterizzate dall’uso di un’ampia gamma di fonti (archivistiche, statistiche e a stampa), e che si distinguono nel panorama storiografico per l’intreccio di esperienze settoriali e locali con una più ampia dimensione di carattere transnazionale, nella quale spiccano gli approfondimenti sull’azione dell’Ocse e dell’Unesco.
Nella prima parte è il contesto italiano a essere studiato nelle dinamiche di lungo periodo, mentre nella seconda parte il “caso Italia” è collocato all’interno dello scenario globale e indagato attraverso una molteplicità di prospettive: la mobilitazione femminile, il ruolo del movimento cooperativo.

fantascienza, Letteratura

Dune

Dune, e in generale l’intera serie di Herbert, hanno influenzato profondamente l’immaginario fantascientifico, a partire da Guerre stellari.[11] Per molti anni si è ipotizzata una produzione cinematografica per Dune (vedi Jodorowsky a metà degli anni ’70), fino a che, con l’ingresso sempre più importante degli effetti speciali nel cinema statunitense, nel 1984 è stato infine prodotto un kolossal, Dune, diretto da David Lynch, che ha cercato di condensare in 137 minuti l’intera vicenda del primo romanzo. A seguito del film è stata prodotta una serie di videogiochi, mentre nel 2000 è stata realizzata una miniserie televisiva, Dune – Il destino dell’universo, che si proponeva di mantenersi più aderente ai dettagli del romanzo rispetto al film, e che ha avuto un seguito nel 2002.[12] Nel 2020 il regista Denis Villeneuve ha diretto Dune, basato sulla prima metà del romanzo.

Argomenti vari, Società

Ballard

A distanza di mezzo secolo si può affermare che la hard science-fiction riposava su un cumulo di illusioni. Nel 2021, anziché svariare su macchine volanti o passare le ferie su Marte o in una colonia extramondo di Ganimede, siamo bloccati a terra nella ruota da criceto di una tecnologia invasiva quanto inetta. Le arditezze dei sociali, invece, in ispecie di Ballard, Dick e Thomas Disch sono andate quasi tutte a segno. E perché? Per colpa dei calcoli sbagliati degli scientisti, certo (mai così sbagliati), e anche perché le illusioni servono a governare meglio. L’illusione dell’auto per tutti, della lavatrice, della plastica, dei frigoriferi e dei viaggi interstellari si è rivelata sempre più una fanfaronata da imbonitore western se non un vero e proprio incubo; anzi, stiamo assistendo a una regressione verso un miserabile tecno-trogloditismo da cui sarà quasi impossibile riemergere.
Aver obliato le antiche saggezze del corpo e dell’anima è stato un errore assai poco scientifico.

Solo alcuni enclavi sopravviveranno conservando un minimo di buon senso. Essi saranno gli Uomini-Libro. A loro è affidata la fiammella della resistenza.

estratto da https://alcesteilblog.blogspot.com/2021/09/fianco-coscia-o-petto.html

editoria, fotografia

MetArt

Little Caprice est l’un des modèles les plus célèbres de MetArt, une beauté naturelle au corps parfait et au visage époustouflant dont la personnalité illumine chaque cliché. La petite brune de la République tchèque a fait ses débuts sur MetArt en 2010 et n’a de cesse d’être toujours plus irrésistible.Comment définir la beauté ? MetArt s’est posé cette question au cours des vingt dernières années. Leader mondial de la photographie et du film de nu artistique, MetArt s’est donné pour mission de présenter les filles les plus ravissantes de notre planète, dont beaucoup se déshabillent devant l’objectif pour la toute première fois.
RAPPEL : èin francese, ma le foto sono universali!

https://www.lamusardine.com/livres/13964-little-caprice.html

Economia, libri

Il grande reset

Fonte: Italicum

  1. La pandemia si è rivelata una opportunità per realizzare le trasformazioni programmate dal Grande Reset. I soggetti protagonisti di tale trasformazione si identificano dunque con la global class dominante nell’attuale sistema neoliberista globalizzato. Ma quale sarà il destino delle istituzioni democratiche nella prefigurazione di un sistema marcatamente elitario?

Quella in atto è una trasformazione sostanziale dell’assetto politico dei vari Paesi su scala mondiale. Con la strumentalizzazione della dichiarata pandemia, la democrazia, già di fatto ridotta a un ruolo puramente formale e svuotata del suo valore sostanziale, cede in modo definitivo a una forma di governo dei popoli manifestamente autoritaria e basata su una gestione tecnocratica. Ne abbiamo avuto un esempio plastico proprio nel nostro Paese: prendendo a pretesto la presunta emergenza pandemica, è stato impedito al popolo di votare, dando vita a un governo capeggiato da un tecnocrate stimato dai mercati, che riunisce in un calderone unico tutte le forze politiche, senza più alcuna connotazione distintiva né forma di opposizione. Di fatto si tratta di eseguire un piano sovranazionale stabilito e condiviso dall’élite mondialista che non ammette rivendicazioni democratiche.

  1. Il Grande Reset consiste in una programmazione di investimenti nel digitale e nel campo ambientale elaborata dalle élites mondiali dell’economia e della finanza. Il neoliberismo quindi, rinnegando se stesso e le sue radici ideologiche illuministe e liberiste, non si evolve dunque secondo una logica oligarchica di pianificazione centralizzata dell’economia assai simile a quella dei regimi del defunto socialismo reale?

Il neoliberismo, nonostante l’inganno lessicale, di liberale ha davvero poco, se non la libertà di accesso al consumo tramite la rete. Come dichiarato da Klaus Schwab nel piano del Grande Reset, lo Stato attraverso la tecnologia eserciterà il potere e il controllo, garantendo l’ordine grazie all’intesa con i giganti aziendali, veri protagonisti nello scacchiere globale. Saranno loro a garantire un ordine mondiale, di concerto con attori istituzionali sovranazionali e facendo da raccordo tra gli Stati.

Il neoliberismo realmente esistente, a differenza di quello ideologico puro, non è favorevole come dichiara alla libertà dei mercati: esso, al contrario, promuove il predominio delle imprese giganti nell’ambito della vita pubblica.

Di fatto è l’evoluzione del sistema economico ordoliberista, in cui il mercato e la concorrenza sono pilastri imprescindibili, ma non la concorrenza astratta, accademica, che prevede la competizione di una moltitudine di operatori in un contesto di libero accesso al mercato; la partita si svolge tra pochi operatori, accumulatori di grandi capitali, che deflazionano il lavoro e si avvalgono di tecnologie sempre più invasive, in un mercato dove le istituzioni statali rappresentano i guardiani che decidono se il giocatore sia degno di entrare in campo oppure no. Ne deriva un mercato elitario, non accessibile a tutti, ma solo a chi ha il peso e il potere per farne parte, un club esclusivo per pochi eletti, che competono tramite rapporti di forza.

  1. L’automazione, genererà grandi mutamenti nei processi produttivi, con incrementi vorticosi di produttività, ma nel contempo, determinerà grandi decrementi occupazionali per masse di lavoratori. Il progresso tecnologico distrusse in passato alcune professioni, ma in seguito ne generò altre che avrebbero poi riassorbito la disoccupazione. Ma quali nuove forme di occupazione potranno crearsi con il Grande Reset, che è stata concepito proprio in funzione di una automazione dei processi produttivi polarizzata su ristrette e specifiche competenze di un numero assai esiguo di occupati?

Grazie alle “nuove abitudini” introdotte dalle norme restrittive e di confinamento sociale, si sta finalmente realizzando la tanto agognata Quarta Rivoluzione Industriale, incentrata su intelligenza artificiale e rete veloce. Non si tratta semplicemente dell’evoluzione e della fiducia nel progresso della tecnica, che da sempre caratterizza la storia umana, ma piuttosto di una sua deriva. Oggi siamo arrivati a concepire macchine in grado di svolgere le professioni più disparate, non solo quelle manuali ma anche attività concettuali e complesse, dall’assistenza sanitaria al giornalismo. Nelle precedenti rivoluzioni industriali le vecchie professioni sono state rimpiazzate dalla creazione di nuovi lavori, ma nella Quarta, che di industriale ha ben poco, non si profila l’attivazione di un processo compensativo per la creazione.

Nei documenti ufficiali del Grande Reset pubblicati sul sito del Forum di Davos si dichiara esplicitamente che gli attuali mercati rappresentano un ostacolo allo sviluppo dei nuovi, basati prevalentemente su intelligenza artificiale, farmaceutica, big data, green economy e finanza speculativa a essa collegata, nonché riqualificazione del personale. Quest’ultimo comparto prevede che il lavoratore provveda continuamente ad aggiornare e rivedere le sue competenze, con una pressione al cambiamento tale che la mente umana difficilmente potrà tollerare. In generale, a fronte di una desertificazione del tessuto produttivo che genererà milioni di nuovi disoccupati, i nuovi mercati sono per lo più a bassa intensità di capitale umano.

Ci troveremo ad affrontare il problema del senso di inutilità da parte di un’enorme nuova massa di disoccupati.

  1. La rivoluzione tecnologica del Grande Reset si tramuterà in un progetto di ingegneria sociale che coinvolgerà l’intera società. L’avvento dell’intelligenza artificiale potrebbe condurre ad una mutazione antropologica dell’uomo da essere sociale ad essere virtuale. L’innovazione, comportando nuove dipendenze tecnologiche, non potrebbe quindi generare, anziché il benessere e l’emancipazione, come nei secoli scorsi, una regressione generalizzata, oltre che delle condizioni economico – sociali, anche delle facoltà intellettive e creative dell’intera umanità?

Come afferma Klaus Schwab, il fondatore del Forum di Davos, la Quarta Rivoluzione Industriale e il potenziamento dell’intelligenza artificiale a essa associato cambieranno non solo ciò che facciamo ma anche ciò che siamo. Con la progressiva sostituzione delle relazioni personali con quelle virtuali e l’adozione della nuova normalità, indotta dalle restrizioni e dal confinamento, l’uomo sarà sempre più solo e la sua vita sempre più alienata dal contesto sociale. La connessione costante alla rete, lo smartworking come nuova modalità lavorativa, il telesport, la telemedicina e addirittura la teledidattica, lo porteranno a vivere in simbiosi con i dispositivi digitali, in un internet delle cose che collega tutto e rende ogni nostro gesto tracciabile. Non solo ogni azione avviene attraverso gli strumenti tecnologici, ma persino la nostra attività decisionale è demandata a un algoritmo, capace e autorizzato a scegliere al nostro posto in ogni sfera della nostra vita. Se da una parte questo porterà inevitabilmente a una regressione cognitiva e antropologica, alcuni dei cosiddetti visionari del nuovo mondo hanno già previsto come farvi fronte: con un’ibridazione uomo-macchina che permetterà all’intelligenza umana di espandersi di miliardi di volte. Uno scenario degno di un film distopico, da scongiurare in ogni modo, ma in linea con la visione del nuovo mondo.

  1. Nel mondo del post – COVID prefigurato da Klaus Schwab, si riproporranno i problemi di giustizia sociale, diseguaglianze e degrado ambientale già presenti nella fase pre – pandemica. Secondo Schwab il Grande Reset consisterebbe, oltre che in una rivoluzione economica e tecnologica, anche in una rigenerazione morale del sistema capitalista.  Ma non si comprende come le istanze keynesiane ed etico – morali di trasformazione della società, siano compatibili con il darwinismo sociale imposto dalla distruzione creativa. Non è inoltre assurdo che i protagonisti di questa rivoluzione siano proprio le oligarchie dominanti, già resesi responsabili del degrado morale e materiale in cui versa l’attuale mondo globalizzato?  

Decisamente lo è, ma siamo finiti nei tempi della dissonanza cognitiva eletta a verità, grazie a un lavoro sapiente e metodico di lavaggio del cervello e manipolazione delle masse che, attraverso la strumentalizzazione terroristica del Covid, ha raggiunto un livello inaudito. La popolazione, ipnotizzata dalla tv e dalla narrazione unica, è pronta a credere che 2+2=5 e a osannare chi lo sostiene. 

a cura di Luigi Tedeschi

autori, politica

Franco Ferrarotti

Professore emerito di Sociologia all’Università di Roma La Sapienza, diret­tore della rivista La Critica sociologica, deputato indipendente al Parlamen­to italiano dal 1958 al 1963, è stato tra il 1948 e il 1960 tra i più stretti col­laboratori di Adriano Olivetti. Insignito del premio per la carriera dall’Acca­demia nazionale dei Lincei nel 2001 e nominato Cavaliere di gran croce al merito della Repubblica nel 2005, per EDB ha pubblicato di recente: Scienza e coscienza. Verità personali e pratiche pubbliche (2014), Elogio del piroma- ne appassionato. Lettura e vita interiore nella società digitale (2015) e Al San­tuario con Pavese. Storia di un’amicizia (2016).

biblioteca

Ariostea settembre 2021

Mostre2 settembre 2021 – 2 febbraio 2022

Esposizione di manoscritti, antiche edizioni e opere artistiche del “Viaggio” dantesco alla Biblioteca Comunale Ariostea di Ferrara

A cura di Mirna Bonazza, responsabile U.O. Biblioteche del Comune di Ferrara, e di Sandro Bertelli, docente di Paleografia e di Codicologia all’Università di Ferrara.

Ferrara, Palazzo Paradiso, Biblioteca Comunale Ariostea, Sala Ariosto – Sala Carli

2 settembre 2021 – 2 febbraio 2022
Inaugurazione: giovedì 2 settembre ore 17

Intervengono: il Dott. Angelo Andreotti, Direttore della Biblioteca Comunale di Ferrara; il Dott. Alan Fabbri, Sindaco di Ferrara; il Prof. Marcello Ciccuto, Presidente della Società Dantesca Italiana; il Dott. Alberto Calciolari, Regione Emilia-Romagna; il Dott. Lorenzo Lorenzini, Responsabile dei Musei Civici del Comune di Cento; il Prof. Sandro Bertelli, Università di Ferrara; e la Dott.ssa Mirna Bonazza, Biblioteca Comunale Ariostea.
In occasione del settimo centenario della morte di Dante Alighieri (1321-2021), la Biblioteca Comunale Ariostea e l’Università degli Studi di Ferrara hanno promosso una mostra di opere dantesche dal titolo: Esposizione di manoscritti, antiche edizioni e opere artistiche del “Viaggio” dantesco alla Biblioteca Comunale Ariostea di Ferrara. L’evento espositivo offre al visitatore l’opportunità di conoscere un patrimonio librario rarissimo, attraverso un percorso originale di preziosi manoscritti e di antiche edizioni a stampa, la maggior parte delle quali mai esposta in precedenza. L’esposizione si apre (in Sala Ariosto) con gli incunaboli della Divina Commedia, il più antico dei quali risale al 1477-1478; seguono esemplari del 1491, 1493, 1497 corredati da xilografie, vignette e illustrazioni a piena pagina. Trovano posto nelle vetrine anche rare cinquecentine, come Le terze rime di Dante (Venez ia, Aldo Manuzio, 1502); e il Danthe Alighieri fiorentino historiado (Venezia, Bartolomeo Zani, 1507). In mostra anche un importante testimone del noto sonetto di Dante, Guido i’ vorrei che tu e Lapo ed io, conservato in un codice in lingua francese della prima metà del Trecento che contiene Le livre dou treçor di Brunetto Latini. Del cesenate Jacopo Mazzoni, si espone la Difesa di Dante, presente in un raro e molto interessante manoscritto del sec. XVII. In mostra anche una particolare edizione della Commedia tradotta in latino dal gesuita Carlo D’Aquino, in tre volumi, il cui frontespizio reca l’indicazione di stampa Napoli, Felice Mosca, ma fu impressa a Roma da Pietro Bernabò, nel 1728, proveniente dalla Biblioteca del Collegio della Compagnia di Gesù di Ferrara. Delle tante edizioni ottocentesche della Commedia, ne sono state selezionate alcune con apparato illustrativo c alcografico (Firenze, all’Insegna dell’Ancora, 1817-1819; Firenze, presso la Tipografia del Vulcano, 1846). Dalle collezioni artistiche dell’Ariostea proviene il busto di Dante, eseguito dalla Manifattura di Signa (Firenze) nei primi anni del Novecento. Una seconda sezione della mostra (Sala Carli) è dedicata invece all’iconografia dantesca con numerose illustrazioni provenienti dalla collezione dei disegni del ferrarese Franco Morelli (1925-2004), straordinario interprete artistico della Divina Commedia, gentilmente prestate per l’occasione dai Musei Civici del Comune di Cento.
La mostra è stata curata dalla dott.ssa Mirna Bonazza, responsabile U.O. Biblioteche del Comune di Ferrara, e dal prof. Sandro Bertelli, docente di Paleografia e di Codicologia all’Università di Ferrara. Rientra in un progetto che coinvolge numerosi archivi e biblioteche dell’Emilia-Romagna ed è stata promossa dalla Regione stessa e dalla Società Dantesca Italiana.

Scarica manifesto e invito  DANTE Ferrara MANIFESTO  DANTE Ferrara INVITO 

Incontro con l’autoregiovedì 9 settembre 2021 ore 17

​Renzo Melotti. Gallerista, filantropo, collezionista

Presentazione del volume curato da Ada Patrizia Fiorillo (Università degli Studi di Ferrara)

Francesco D’Amato Editore, 2020
Il volume si avvale di contributi della stessa curatrice, di Massimo Marchetti, Lorenza Roversi e di una testimonianza di Andrea Bignardi.
Dialogheranno con gli autori Massimo Cavallina (critico d’arte) e Andrea Franchella (Università degli Studi di Ferrara).
Una narrazione a tre voci traccia il profilo di Renzo Melotti, gallerista, filantropo, collezionista. Dall’apertura dello Studio Melotti a Ferrara sul finire degli anni Settanta, ciò che le pagine di questo volume raccontano è il percorso umano e professionale di una figura particolare che ha tenuto insieme il suo amore per l’arte con la generosità ed una grande sensibilità verso il prossimo. I tre aspetti individuati per delineare l’esperienza di vita di Renzo Melotti, dalla nascita della galleria, alle tante iniziative benefiche condotte negli anni fino alla costituzione della sua raccolta privata, rappresentano i tasselli di un’unica personalità di cui si ricostruisce la vicenda, contestualizzandola alla luce di un tempo che, dilatandosi dalla cronaca, si è trasferito alla storia.

Incontro con l’autorevenerdì 10 settembre 2021 ore 17

La profezia delle pagine perdute

Presentazione del libro di Marcello Simoni

La nuova avventura di Ignazio da Toledo
Ignazio da Toledo è morto. O almeno questo è ciò che racconta Uberto, suo figlio, quando, nel luglio del 1232, raggiunge la corte di Sicilia nella speranza di riabbracciare la sua famiglia. Palermo, tuttavia, sarà per lui l’inizio di un nuovo incubo. Se di sua madre si sono perse le tracce, sua moglie e sua figlia sono tenute prigioniere in un luogo ben celato. Il loro carceriere è Michele Scoto, astrologo personale dell’imperatore Federico ii, convinto che il mercante gli abbia sottratto e nascosto un libro misterioso, la rarissima Prophetia Merlini. Uberto ignora che le sue disavventure siano intrecciate a quelle di un uomo senza passato che sta navigando su una nave di pirati barbareschi lungo le coste dell’Africa settentrionale e del mar Rosso. Il suo nome è Al-Qalam e, obbedendo gli ordini di un crudele capitano, è alla disperata ricerca di un tesoro inestimabile e leggendario, un tesoro donato in tempi r emotissimi da re Salomone alla Regina di Saba. Mentre Al-Qalam lotta per ritrovare la sua identità e Uberto per salvare la madre, Sibilla tenta con ogni mezzo di ricongiungersi alla famiglia e di sfuggire all’acerrimo nemico di Ignazio da Toledo, lo spietato frate domenicano Pedro González.
Marcello Simoni, ex archeologo e bibliotecario, laureato in Lettere, ha pubblicato diversi saggi storici; con Il mercante di libri maledetti, romanzo d’esordio, è stato per oltre un anno in testa alle classifiche e ha vinto il 60° Premio Bancarella. I diritti di traduzione sono stati acquistati in venti Paesi. Con la Newton Compton ha pubblicato L’isola dei monaci senza nome, con il quale ha vinto il Premio Lizza d’Oro 2013; La cattedrale dei morti; la trilogia Codice Millenarius Saga (L’abbazia dei cento peccati, L’abbazia dei cento delitti e L’abbazia dei cento inganni) e la Secretum Saga (L’eredità dell’abate nero, Il patto dell’abate nero e L’enigma dell’abate nero).

Incontro con l’autorelunedì 13 settembre 2021 ore 17

​Introduzione alla mistica

Presentazione del libro di Marco Vannini

Introduce Marcello Girone Daloli
Questo libro cerca di introdurre in modo semplice e chiaro a una realtà spesso malintesa come visionaria o esoterica, e dunque complicata e oscura. Attraverso una serie di brevi schede, dedicate a temi essenziali della mistica e poi a sue figure essenziali, dall’antichità ad oggi, emerge qui, infatti, come essa sia innanzitutto la ricerca interiore, lo scavo nelle profondità dell’anima, in obbedienza all’invito del dio di Delfi: “Conosci te stesso”, che i cristiani opportunamente completarono: “e conoscerai te stesso e Dio”.
In un tempo come quello attuale, in cui si vive nella Babele dei linguaggi teologici e psicologici, con un generale smarrimento religioso e morale, la mistica si offre così come un percorso di salus – salvezza e salute insieme – a tutti aperto.

Marco Vannini (1948) ha curato l’edizione italiana di Meister Eckhart e di molti autori spirituali dell’occidente, classico e cristiano. Al tema “mistica” ha dedicato diversi scritti. Dirige attualmente la Rivista Mistica e Filosofia. Sul suo lavoro si può leggere R. Schiavolin, Mistica e filosofia nel pensiero di Marco Vannini, Firenze 2019. Per approfondimenti si veda il sito: http://www.marcovannini.it.

Incontro con l’autoremartedì 14 settembre 2021 ore 17

Raccolta di poesie – Volume uno

Presentazione del libro di Arturo Casalati

Edizioni La Carmelina, 2021
Moderazione e letture a cura del Consorzio Eventi Editoriali
In questa occasione l’autore omaggerà di una copia del suo testo ognuno dei presenti.

Arturo Casalati, scrittore e musici­sta, è nato a Codigoro (Ferrara) nel 1960. Si è laureato in Lettere e Fi­losofia all’Università di Ferrara. Attualmente è impegnato come al­lievo alla Scuola di Musica Moderna AMF di Ferrara. Fa parte di un gruppo musicale denominato Quiete Apparente.
La parola, la musica, le poesie di questa Raccolta seguono passo a passo una vicenda umana, un tratto di storia dell’autore, con alcuni significativi riferimenti al passato: quasi dei flashback, che interrompono il flusso di un racconto “in presa diretta”. In ciò si manifesta una piena coincidenza fra la scrittura e la vita. Le parole che si snodano nei versi (per lo più brevi, a comporre una struttura poetica essenziale) non sono autoreferenziali, non concedono nulla all’autocompiacimento che spesso è il debole (e il limite) degli scrittori.

A cura del Consorzio Eventi Editoriali

Conferenze e Convegnimercoledì 15 settembre 2021 ore 17

E se “amar” non fosse amare? Una rilettura della passione fra Paolo e Francesca in Inferno V. L’ombra di Guido Cavalcanti

Conferenza di Gardenio Granata

Tanti sono i modi per avvicinarsi a Dante e tutti hanno una loro dignità. Però occorre evitare di trasformare un poeta, seppur sommo, in un personaggio legato ai più variegati aspetti della contemporaneità, snaturandolo. Dante è l’espressione più intimamente profonda del Medioevo, sia a livello della sua sensibilità vuoi delle correnti di pensiero che lo attraversano. La vera “modernità” del Nostro sta dentro un viaggio e le sue inquietanti motivazioni. In particolare laddove nell’ “incipit” ci narra di uno smarrimento che, nel cromatismo buio di quella selva, luogo delle paure e delle ansie, esemplifica il dramma di un uomo senza punti di riferimento, lacerato da una solitudine priva di conforti. Un uomo consapevole degli errori commessi, e soprattutto dell’infelicità quale esito inevitabile di colpe e peccati. Un naufrago bisognoso di un approdo. Lo troverà nella fattispecie in un altro grande poeta del passato che gli farà da guida …Uno sguardo su Dante significa dunque la ineludibile necessità di non fermarsi, di iniziare un percorso accidentato dove fare i conti “in pro del mondo che mal vive”. Ecco perché l’oltremondo è in continuo  rapporto con quello reale alla ricerca non del tempo perduto, ma di un futuro liberatorio che ha un prezzo da pagare con coraggio! Dante mai scorda il male fatto e patito e come un giudice chiama alla sbarra gli imputati lungo un ininterrotto e visionario catalogo degli scellerati d’ogni sorta e dei generosi che albergano ai piani alti, “dove tutto è paradiso”, luminoso giardino dei beati. La metafora vegetale “in fieri” (dalla selva oscura alla candida rosa) non è solo un artifizio poetico d’alto livello, bensì indica le tappe di un viaggio della mente mai dimentica della propria città, dell’Italia, dell’universo umano. Qui si cercherà di seguirne le tracce “fantastiche” per rendere il giusto omaggio ad una grandezza senza pari. Una poesia che si presenta come una visione del mondo, l’immensa fatica di un pellegrino che affronta i propri e altrui casi umani in vista di una salvezza complicata ma non impossibile.
Per il ciclo “DANTE 700”, in collaborazione con il Servizio Biblioteche e Archivi

Incontro con l’autoregiovedì 16 settembre 2021 ore 17

Dal ferro il gran vocabolo traendo

Incontro con lo scrittore Federico Mussano

Dialoga con l’autore Francesca Mariotti
Ferrara e l’Emilia Romagna tra enigmistica e storia
Durante l’incontro sarà presentato il libro di Federico Mussano “Tra la Via Emilia e l’Enigma” (MMC Ed. 2020), un viaggio in ambito enigmistico lungo 46 comuni e molti secoli di storia dell’Emilia e della Romagna, accompagnati dalla bellezza delle opere di artisti di ogni epoca (e delle loro firme-rebus) e dal fascino di storie di casate illustri con antichi stemmi densi di allegorie e di richiami enigmistici. Una carrellata plurisecolare tra palindromi e bifronti del Sator, anagrammi e sciarade, bisensi e rebus, acrostici di famosi letterati e almanacchi con raffinate incisioni. Tra le città toccate spiccano le province di Modena, Bologna, Ferrara, Ravenna e Rimini. Per tutti quelli che amano la nostra regione e che hanno giocato con l’enigmistica almeno un po’! 
A cura dell’Associazione Culturale Olimpia Morata di Ferrara

Conferenze e Convegnivenerdì 17 settembre 2021 ore 10

Fanino Fanini (1520-1550). Martire di fede e libertà

Convegno a cura dell’Associazione Evangelica CERBI di Ferrara

Ferrara è la città in cui la breve e travagliata esistenza di Fanino Fanini incontra il martirio per aver esercitato la libertà di professare la fede secondo coscienza. I cittadini di Ferrara sono invitati a un evento dal significato storico e culturale di alto profilo. Infatti, la libertà religiosa e di coscienza testimoniata da Fanino Fanini è oggi un patrimonio irrinunciabile da salvaguardare e da valorizzare per tutti.

Programma:
Ore 10 – Ricordo di Fanino Fanini in Biblioteca Ariostea
Relatori: Antonella Cagnolati, Pietro Bolognesi, Leonardo De Chirico

Ore 15 in Piazza Trento Trieste 4 – Inaugurazione della targa di Fanino Fanini

A cura dell’Associazione Evangelica CERBI di Ferrara

Conferenze e Convegnilunedì 20 settembre 2021 ore 17

​Il territorio del Delta come oggetto di ricerca transdisciplinare

A cura di Giuseppe Scandurra

Interventi di Michele Nani, Pietro Pinna e Romeo Farinella
Il Delta teatro delle bonifiche negli ultimi decenni dell’Ottocento. Le grandi ideologie del Novecento che qui trovano modo di svilupparsi.  La riforma agraria degli anni ‘50 e la nascita del Neorealismo. Il ruolo della Camera del Lavoro e dell’Ufficio Studi. Dai primi stabilimenti balneari negli anni Settanta fino ai non-luoghi di Gianni Celati.
Per il ciclo “Ibridi ferraresi. L’oggetto misterioso, ovvero la Ferrara moderna

Incontro con l’autoremartedì 21 settembre 2021 ore 17

Ruggine e oro

Presentazione del libro di Marco Munaro

Il Ponte del Sale, 2020
Dialoga con l’Autore Angelo Andreotti

Questo delicatissimo libro di Marco Munaro potrebbe forse essere la traslazione poetica di un rito di passaggio, necessario per far pace con i ricordi e gli abbandoni che la vita semina qua e là nei nostri giorni concretizzandosi in luoghi non soggetti alla dimenticanza, per quanto sì al cambiamento. Materia dunque per la nostalgia, che però Munaro sa mantenere a distanza, consapevole che «Di fatto non si ha nostalgia di un luogo ma del tempo vissuto in quel luogo» (A. Prete). E siccome il tempo è irreversibile qualsiasi ritorno diventa impossibile.
Benché siano i luoghi a essere protagonisti di queste poesie misurate con la metrica dei passi, questi luoghi non reclamano alcun nóstos e non producono nessun serio álgos, probabilmente qualche rimpianto per ciò che non è stato, o per ciò che è destinato a restare definitivamente irrisolto. Al massimo possono tingersi alle volte dell’ombra della malinconia, visto che in queste poesie non c’è un ripiegamento in se stessi, bensì un pensare che è un “rammemorare”.
Viaggio per ricordare? Scavo nella memoria attraverso i luoghi del vissuto? Oppure «quasi un pellegrinaggio», come pensa Stefano Strazzabosco nella sua coinvolta postfazione. A queste libro si attaglia bene un’affermazione di Edmond Jabés: «Bisogna aver imparato molte strade per accorgersi, alla fine, che in nessun momento si è lasciata la propria».

Marco Munaro è nato a Castelmassa nel 1960. Ha pubblicato, tra l’altro: Cinque sassi, Vaso blu con narcisi, Ionio e altri mari, La bella scola, Da Rimbaud a Rimbaus, Il lampo della bocca, Nel corpo vivo dell’aria,Il canto d’api, Berenice, L’archiere piumato, Avattu granaattiomena (Melagrana aperta,in finlandese), Lily of the wellheads (Giglio delle risorgive, in inglese). Ha fondato”Il ponte del Sale – Associazione per la poesia”. Vive a Rovigo, dove insegna.

In collaborazione con il Servizio Biblioteche e Archivi del Comune di Ferrara

Conferenze e Convegnimercoledì 22 settembre 2021 ore 17

Il mondo greco: in bianco e nero o a colori?

Conferenza di Emilia Sonni

Introduce Nicoletta Zucchini, vicepresidente del Gsf

Se si pensa al mondo greco la prima immagine che balza agli occhi è quella di un bianco totale, puro, assoluto. La classicità greca è sempre stata per noi europei il simbolo di un’ideale perfezione pienamente rappresentata da quel bianco appena appena ombreggiato dai riflessi della luce. Da diversi anni però, grazie agli studi degli archeologi Vinzenz Brinkmann e Ulrike Koch-Brinkmann che si sono serviti delle tecnologie più avanzate per rilevare tracce di colore in statue e bassorilievi, è diventato chiaro che, al contrario di questa immagine candida e consueta, l’immaginario greco era un tripudio di colore. Questo vuol dire che anche pepli e chitoni erano ben lontani dalla monocromia con cui li abbiamo sempre immaginati, ma erano colorati e ornati con disegni, dorature e sovrapposizioni che rendevano gli abiti stessi molto più complessi di quanto abbiamo sempre pensato. Seguendo i documenti emersi dalla ricerca de i Brinkmann, si può osservare da vicino come questo lavoro sia stato preciso e accurato, tanto che non si può più ignorare come questo cambio di prospettiva getti una luce completamente diversa sul mondo antico, costringendoci a riconsiderare la sua stessa essenza concettuale. Ripensare la grecità con occhio più realistico non vuol dire sminuirne il fascino, ma aprirsi piuttosto ad una visione ancora più ricca e più profonda di questo mondo lontano nel tempo e sempre tanto affascinante quanto misterioso.
Emilia Sonni, laureata in Storia Greca presso l’università di Firenze, ha lavorato in Germania come insegnante di lingua e cultura italiana per stranieri presso la Volkshochschule, l’Istituto Italiano di Cultura e la Ludwig Maximilian Universität di Monaco di Baviera. Ha studiato con la professoressa Maria Giuseppina Muzzarelli presso l’Alma Mater ed insegna Storia della Moda e del Costume presso l’Università Primo Levi di Bologna.

A cura del Gruppo Scrittori Ferraresi

Conferenze e Convegnigiovedì 23 settembre 2021 ore 17

Nella scia di un prete del secolo scorso: mons. Giulio Zerbini (1925-2001)

Intervengono: Alberto Andreoli, mons. Massimo Manservigi, don Enrico Peverada e don Andrea Zerbini.

Nel ventesimo anniversario della morte, si commemora la figura dell’ecclesiastico e dell’appassionato cultore del mondo ferrarese.

Conferenze e Convegnivenerdì 24 settembre 2021 ore 17

Jacques Lacan. Il desiderio come desiderio dell’Altro

Conferenza di Giuseppe De Vita (docente di Storia e Filosofia – Liceo Carducci di Ferrara).

Introduce Davide Ruggieri (Ricercatore Senior Dipartimento di Scienze Politiche e Sociali dell’Università di Bologna).

Per Cartesio l’uomo è sovrano dei suoi pensieri: l’io coincide con la coscienza. È il mantra della modernità. Tre secoli dopo, Lacan, invece, dal maestro Freud apprende che l’«io non è padrone a casa sua». Tramonta un’epoca. Lo psicoanalista e filosofo non solo scaccia l’io dal trono, ma ne fa un servo: l’uomo non è affatto un soggetto, ma è assoggettato; da quando emette il primo frigno, è in effetti in balia del desiderio dell’altro. Il desiderio sorge e si agita alle spalle dell’io, è una forza che emerge in un’altra scena, quella dell’inconscio. Diceva il parigino Lacan: «ça parle», qui qualcosa parla, con un linguaggio-rebus composto da sogni, da sintomi e lapsus. L’io è dunque follia; «non è altro che un sintomo privilegiato all’interno del soggetto. È il sintomo umano per eccellenza, la malattia mentale dell’uomo».

A cura dell’Istituto Gramsci di Ferrara

Invito alla letturasabato 25 settembre 2021 ore 10,30

LeggerMente

“I quattro maestri” di Vito Mancuso

Gruppo di lettura dedicato alle”discipline della mente”
Dopo una lunga sosta dovuta al Covid, ripartono gli appuntamenti mensili presso la Sala Agnelli della Biblioteca Ariostea di LeggerMente, il gruppo di lettura nato nel 2015 alla biblioteca Bassani e dedicato alle”discipline della mente”. In questi incontri sarà possibile confrontarsi su testi di saggistica con particolare riguardo alla psicologia, alla filosofia e alle neuroscienze.
Fra i testi esaminati negli anni: S. Freud, Psicologia delle masse e analisi dell’Io; S. Freud, Il disagio della civiltà; V. Mancuso, Il bisogno di pensare; M. Recalcati, L’ora di lezione; U. Galimberti, La parola ai giovani; E. Fromm, Fuga dalla libertà; A. Guglielmi, Il linguaggio segreto del corpo; A. Carotenuto, L’anima delle donne; A. Semi, Il narcisismo.
La partecipazione è libera e gratuita, previa iscrizione.
Per informazioni e iscrizioni rivolgersi a Carla Fiorini (c.fiorini@edu.comune.fe.it  tel. 0532-418201 – 418202)

In collaborazione con il Servizio Biblioteche e Archivi del Comune di Ferrara

Conferenze e Convegnilunedì 27 settembre 2021 ore 17

La formazione di un gruppo di intellettuali a Ferrara nei primi anni del secondo Dopoguerra

A cura di Giuseppe Scandurra

Interventi di Angelo Andreotti, Franco Cazzola e Roberto Roda
I gruppi culturali e politici nati tra gli anni Cinquanta e Ottanta a Ferrara (prima dei “grandi eventi”). Tutti sotto il segno dello sguardo neorealista iniziato studiando il Delta. Dal Centro etnografico ferrarese a Casa Cini, dai Diamanti ai Cineclub. Ferrara che costruisce la sua cifra di città dell’arte e della cultura.
Per il ciclo “Ibridi ferraresi. L’oggetto misterioso, ovvero la Ferrara moderna

Conferenze e Convegnimartedì 28 settembre 2021 ore 9,30

La Commedia di Dante a Ferrara

Giornata di studi a cura del Dipartimento di Studi Umanistici dell’Università di Ferrara

In occasione delle celebrazioni per i settecento anni dalla morte di Dante Alighieri, il Dipartimento di Studi Umanistici dell’Università di Ferrara dedica una giornata di studi al rapporto tra la città di Ferrara e il sommo poeta nella cornice della Biblioteca Ariostea, che ospita, proprio in quei giorni una mostra di codici ed edizioni antiche dantesche.
L’evento si inserisce in una serie di iniziative per la pubblicazione della nuova edizione della Commedia, di cui uscirà nel 2021 l’Inferno (edizione critica e commento di L. Ferretti Cuomo) a cura del prof. Paolo Trovato (che insegna Storia della lingua e Critica testuale a Unife) e del “Gruppo di Ferrara“.
I temi affrontati spazieranno dai testimoni manoscritti della Commedia legati al territorio ferrarese, ai personaggi ferraresi che Dante incontra nell’aldilà, fino all’influenza della poesia dantesca in alcuni dei più importanti letterati ferraresi nei vari secoli: Boiardo, Ariosto, Sandeo, Varano, Bassani.
 

  • Le Commedie alla corte degli EsteMartina Pantarotto
  • Ferrara e i ferraresi nella CommediaBeatrice Saletti
  • L’influenza della Commedia negli autori ferraresiInterventi di Paolo Trovato (Dante tra Boiardo e Ariosto), Valentina Gritti (Il Dante di Sandeo), Tina Matarrese (Il dantismo di Bassani), Paolo Cherchi (L’imitazione dantesca in Varano)

Al termine (15.30) i partecipanti verranno accompagnati alla mostra “Esposizione di manoscritti, antiche edizioni e opere artistiche del ‘Viaggio’ dantesco alla Biblioteca Comunale Ariostea di Ferrara”, a cura di Mirna Bonazza, responsabile U.O. Biblioteche del Comune di Ferrara, e di Sandro Bertelli, docente di Paleografia e di Codicologia all’Università di Ferrara.

Informazioni: elisabetta.tonello@uniecampus.it

Scarica la locandina  La Commedia di Dante a Ferrara 

Incontro con l’autoremartedì 28 settembre 2021 ore 17

L’ortolano del Gamberone

Presentazione del libro di Moreno Po

Faust Edizioni, collana di narrativa ‘I nidi’, 2021

Ne parla con l’autore il giornalista Sergio Gessi
Letture a cura di Simonetta Malaguti
Sarà presente l’editore Fausto Bassini

Deodato, un monaco medievale in odore di stregoneria. Una tomba scoperta nel 2014, a Bondeno, nella chiesa di San Giovanni. Clarissa Fordiani, detta Claire, una tenace giornalista locale che, seguendo i cantieri della ricostruzione post terremoto, inciampa in una storia antica e sorprendente, alle radici della sua terra appoggiata alla foce del Panaro.
Moreno Po è nato a Pilastri di Bondeno nel settembre del 1953, la domenica del patrono. Vive a Bondeno. Nella sua più che quarantennale vita professionale di architetto ha pubblicato numerosi saggi e articoli sulla protezione e valorizzazione del paesaggio, sulla pianificazione territoriale strategica, sull’utilizzo delle risorse UE per lo sviluppo dell’economia locale. Suoi brevi racconti sono già comparsi su due antologie dedicate al  Po (inteso come fiume). Con questo volume è al suo primo impegno narrativo individuale.

Incontro con l’autoremercoledì 29 settembre 2021 ore 17

La Ferrara di Nicolò III d’Este

Presentazione del libro curato da Chiara Guerzi

Prefazione di Francesca Cappelletti
Verona-Bolzano, QuiEdit, 2020
Ne parlano con la curatrice  Francesca Zanardi Bargellesi, Luigi Russo, Franco Cazzola, Rita Fabbri, Paola Zanardi.
Il volume, che inaugura la collana “Arti. Storie. Contesti” curata da Francesca Cappelletti e Chiara Guerzi, nasce a seguito della giornata di studio tenuta a Palazzo Bonacossi il 21 settembre 2016, con il patrocinio del Dipartimento di Studi Umanistici dell’Università degli Studi di Ferrara. Grazie ai i contributi di diversi specialisti, il saggio affronta la Ferrara di Nicolò III d’Este (1393-1441), uno dei nodi cruciali della civiltà estense. Considerato quale pater patriae, il figlio di Alberto III d’Este, durante gli anni del suo lungo governo, riesce a traghettare Ferrara oltre la stagione dell’ultimo gotico e a gettare le basi per quella fioritura artistica rinascimentale che caratterizza l’epoca dei figli Lionello, Borso ed Ercole. Nei saggi vengono presi in esame alcuni temi di questo fecondo momento della storia culturale ferrarese, restituendo il punto degli studi e fornendo chiavi di lettura originali.
A cura dell’Associazione Amici dei Musei e dell’Associazione Amici della Biblioteca Ariostea

Conferenze e Convegnigiovedì 30 settembre 2021 ore 17

Per altezza d’ingegno” (Inferno X, 59): l’incomprensione laica del viaggio dantesco

Conferenza di Gardenio Granata

Tanti sono i modi per avvicinarsi a Dante e tutti hanno una loro dignità. Però occorre evitare di trasformare un poeta, seppur sommo, in un personaggio legato ai più variegati aspetti della contemporaneità, snaturandolo. Dante è l’espressione più intimamente profonda del Medioevo, sia a livello della sua sensibilità vuoi delle correnti di pensiero che lo attraversano. La vera “modernità” del Nostro sta dentro un viaggio e le sue inquietanti motivazioni. In particolare laddove nell’ “incipit” ci narra di uno smarrimento che, nel cromatismo buio di quella selva, luogo delle paure e delle ansie, esemplifica il dramma di un uomo senza punti di riferimento, lacerato da una solitudine priva di conforti. Un uomo consapevole degli errori commessi, e soprattutto dell’infelicità quale esito inevitabile di colpe e peccati. Un naufrago bisognoso di un approdo. Lo troverà nella fattispecie in un altro grande poeta del passato che gli farà da guida …Uno sguardo su Dante significa dunque la ineludibile necessità di non fermarsi, di iniziare un percorso accidentato dove fare i conti “in pro del mondo che mal vive”. Ecco perché l’oltremondo è in continuo  rapporto con quello reale alla ricerca non del tempo perduto, ma di un futuro liberatorio che ha un prezzo da pagare con coraggio! Dante mai scorda il male fatto e patito e come un giudice chiama alla sbarra gli imputati lungo un ininterrotto e visionario catalogo degli scellerati d’ogni sorta e dei generosi che albergano ai piani alti, “dove tutto è paradiso”, luminoso giardino dei beati. La metafora vegetale “in fieri” (dalla selva oscura alla candida rosa) non è solo un artifizio poetico d’alto livello, bensì indica le tappe di un viaggio della mente mai dimentica della propria città, dell’Italia, dell’universo umano. Qui si cercherà di seguirne le tracce “fantastiche” per rendere il giusto omaggio ad una grandezza senza pari. Una poesia che si presenta come una visione del mondo, l’immensa fatica di un pellegrino che affronta i propri e altrui casi umani in vista di una salvezza complicata ma non impossibile.
Per il ciclo “DANTE 700”, in collaborazione con il Servizio Biblioteche e Archivi