Devo ammettere che il mio interesse per la scrittura dei bambini (intendo,
ovviamente, la scrittura manuale) ha avuto inizio col riconoscimento che il mio
modo di interpretare la questione era sostanzialmente sbagliato. Della scrittura
mi interessava, infatti, il prodotto (e poteva trattarsi anche di una sua
trascrizione, purché fedele) e non il modo in cui ciascun bambino scriveva.
Qualche sospetto che ci fossero aspetti dell’avviamento alla pratica della
scrittura che sfuggivano all’attenzione diffusa incominciò ad affacciarsi quando
mi accorsi che erano sempre più numerosi gli insegnanti che lamentavano, nei
frequenti incontri che avevo con loro, la crescente difficoltà dei bambini, nella
scuola dell’infanzia e poi in quella elementare, a coordinare le percezioni con le
attività manuali: erano sempre meno i bambini che sapevano allacciarsi le
scarpe, tenere funzionalmente le posate o usare un paio di forbici. Dei bambini
appena un po’ più grandi, già in terza o in quarta elementare, mi riferivano
dell’incapacità di tener la penna in modo proprio, con tre dita: in troppi casi
l’impugnavano tenendo la mano a tubo, o facendo annidare l’asticciola fra
l’indice o il medio. Alle posizioni improprie corrispondeva la tendenza ad
abbandonare la scrittura corsiva, a favore del maiuscoletto. Chi avvertiva l’utilità
della scrittura corsiva, qualche volta ne ricreava una collegando fra loro le
lettere maiuscole. Non era infrequente, infine, che la scrittura manuale fosse
quasi completamente abbandonata, a favore di quella digitale.
L’analisi di una quantità di documenti prodotti dai bambini è stata alla base della
composizione di un quadro descrittivo dello stato della capacità di scrittura in
relazione ai mutamenti in atto, ma anche dei fenomeni involutivi che investivano
l’ampiezza del lessico, l’ortografia, la grammatica, la stessa organizzazione del
testo. È stato questo il punto di partenza per le ricerche in cui sono stato
impegnato negli ultimi anni, a incominciare da Nulla dies sine linea per arrivare
al complesso programma In intellectu et in sensu.
Se dovessi indicare quali sono state le indicazioni di maggiore interesse che ho
tratto dalle ricerche menzionate, dovrei richiamare l’attenzione dei genitori e
degli insegnanti su alcuni punti:
• la pratica della scrittura manuale corrisponde allo sviluppo di una
manualità fine, che non si esaurisce nella pratica della scrittura, ma
investe nell’insieme la relazione fra il pensiero e l’azione;
• la scrittura manuale consente un accrescimento dei repertori lessicali
maggiore di quello consentito da altre pratiche di scrittura;
• la scrittura manuale aiuta ad accrescere la memoria e a rendere stabili
gli apprendimenti acquisiti;
• più in generale, si può individuare una relazione tra l’affermarsi di stili di
vita dominati dal consumismo e la sostituzione della scrittura manuale
con quella mediata da risorse digitali.
Mese: giugno 2020
Comunicato Elara
Ai lettori:
l’inizio delle spedizioni dell’atteso volume B. C. 2 – 1960-1961 di questo fine settimana, segna la ripresa a tutti i livelli della normale attività di Elara, dopo oltre quattro mesi di quasi totale blocco dovuto alle misure di contrasto al Covid 19, un evento che non solo a livello nazionale ha causato problemi a dir poco drammatici non soltanto a noi, ma a milioni di imprese e operatori economici nel nostro paese.
In questi 4 mesi, il fatturato, raffrontato al 2019, è sceso del 72%, riducendo l’afflusso continuo di cassa necessario a mantenere e a soddisfare gli impegni presi.
Nello stesso periodo, i costi sono diminuiti soltanto del 12%, soprattutto per la scomparsa delle spese di viaggio e di trasferta. Tutti gli altri impegni sono rimasti inalterati, e abbiamo cercato di farvi fronte, pur in uno stato di evidente difficoltà.
18.000 euro di investimenti, effettuati subito prima che la pandemia bloccasse ogni cosa, sono rimasti bloccati, in particolare 1) la consegna di libri pagati anticipatamente e di sicura resa; 2) quasi 4.000 euro versati per la partecipazione a importanti fiere e congressi, soldi che restano bloccati per il rinvio delle manifestazioni, e saranno utilizzati solo quando queste manifestazioni riprenderanno.
Dall’inizio della pandemia, i clienti delle librerie on line hanno completamente cessato gli ordini, limitandosi a gestire le giacenze; contemporaneamente, il nostro distributore per le fumetterie, ubicato nella zona di Brescia, ha tenuto chiusi i suoi uffici e non ha funzionato regolarmente.
Fino alla scorsa settimana, infine, ci è stato impossibile raggiungere per approvvigionarci il nostro magazzino centrale, situato in altra provincia, costringendoci così a utilizzare solo i libri presenti nella nostra sede operativa.
Questa drammatica situazione è condivisa, come abbiamo detto, da diversi milioni di piccole e medie aziende, molte delle quali, quando le restrizioni all’attività hanno cominciato ad allentarsi, non hanno riaperto i battenti, mentre altre si dibattono in crisi accentuate dall’insufficienza e dalla scarsa tempestività delle tanto millantante e promesse provvidenze governative.
Ora che anche le ultime restrizioni sono state tolte, e i libri nuovi bloccati per mesi all’estero sono in viaggio verso il nostro paese, la nostra attività ricomincia, ma sicuramente con una serie di handicap che la rendono difficile e precaria, se non ci sarà una ripresa decisa e immediata.
Assorbire un decremento di incassi di oltre il 70% per quattro mesi, e non poter utilizzare sul mercato libri già pagati anticipatamente, sono colpi durissimi per qualsiasi azienda, e per quanto si sia fatto il possibile in questo periodo per limitare i danni, le conseguenze sono state e sono pesanti.
Un grande evento:
tra pochi giorni iniziano le spedizioni
di un libro imperdibile
JOHNNY HART
B. C.
Edizione integrale cronologica
Vol. 2 – 1960-1961
a cura di Armando Corridore e Fabio Gadducci
C’è voluto quasi un anno di ricerche, con l’aggiunta del blocco dovuto al Covid 19, ma finalmente, eccolo qui, il più completo ed esclusivo volume sulle avventure della più pazza banda di cavernicoli della preistoria. Curato da Armando Corridore e Fabio Gadducci, i primi al mondo ad assumersi il compito di ordinare cronologicamente le avventure dei personaggi che hanno dato a Johnny Hart una fama planetaria, tanto da rivaleggiare con Schultz e i suoi Peanuts, questo volume ospita tutte le strips quotidiane e le tavole settimanali degli anni 1960 e 1961, i più importanti nell’evoluzione dell’arte del grande disegnatore americano, riunite in maniera completa per la prima volta al mondo, con tutti i personaggi che hanno reso grande il più divertente e inventivo artista dei comics americani. Troverete tutto il mondo dei cavernicoli, e gli altri personaggi, dal fulmine al formichiere, dai pesci un po’ beffardi al placido ma a volte irritabile dinosauro, uno specchio del nostro mondo visto attraverso gli occhi di una preistoria ispirata e scanzonata. Una festa per tutti coloro che hanno amato B. C. su Urania e altre pubblicazioni, la prima possibilità di leggere integralmente le strips che hanno fatto la storia del fumetto mondiale.
La ricerca di almeno venticinque tavole settimanali, che la famiglia Hart aveva perduto, ha condotto i nostri due antologisti attraverso tre continenti, per dare finalmente un quadro completo dei due anni nei quali si consolidava e si espandeva nel mondo la fama del grande disegnatore americano.
Un libro fondamentale per conoscere e apprezzare uno dei fumetti più iconoclasti, intelligenti e irriverenti della storia dei comics.
Comunità
Fonte: Il giornale del Ribelle
Io penso da tempo, e di questa cosa sono sempre più convinto, che una delle nuove contrapposizioni e dicotomie (eliminate ormai le logore “destra e sinistra”) dovrebbe essere quella tra “società” e “comunità”. Di primo acchito parrebbe una banalità ma non lo è, perché è immensa la confusione sotto il cielo e troppo spesso accade che i due sostantivi vengano presi, generalizzando parecchio e creando così una confusione ancor maggiore, come sinonimi. Nulla di più sbagliato, nulla di più pericoloso da pensare. Società e comunità non sono sinonimi ma antonimi. Buona cosa sarebbe recuperare il pensiero di un grande sociologo tedesco del XIX secolo, che nelle sue opere non fu mai troppo tenero con la Modernità: parlo di Ferdinand Tonnies e della sua opera magistrale intitolata “Comunità e Società”. Tonnies -nato nel 1855, morto nel 1936- scrisse questo trattato verso il 1888 e fu scritto guarda caso per superare un’altra contrapposizione che all’epoca veniva sentita come superata, quella cioè tra organicismo (società organica) e contrattualismo. Eliminando alla base questi due concetti, Tonnies introdusse la contrapposizione tra Società (in tedesco, Gesellschaft) e Comunità (Gemeinschaft) come uniche grandi organizzazioni sociali umane.
I pensatori auspicati nell’articolo ci sono stati, ma sono stati ignorati, come dimostra questo libro uscito solo a dicembre 2019
Ulisse e l’ombra
Il titolo enigmatico non dirà nulla a molti di voi, leggete l’articolo, la soluzione alla fine…
Marco Cedolin
Intervista a Marco Pizzuti
È opinione comune che l’avvento del 5G rappresenti la pietra miliare sulla strada di una rivoluzione epocale in ambito tecnologico, in grado di cambiare in profondità le nostre vite, abbracciando svariati campi, dalla domotica all’industria 4.0, dall’intrattenimento all’ambito medico e diagnostico, dal nuovo “internet delle cose” alla sfera militare.
L’introduzione di questa nuova tecnologia non sta creando solamente aspettative, ma anche tutta una serie di timori e contestazioni, che spaziano dalla pericolosità per la salute dei cittadini e dell’ambiente all’ingerenza nella privacy della persona, fino all’ipotesi tutt’altro che peregrina che in campo occupazionale il 5G segni l’inesorabile sostituzione dell’uomo con la macchina.
Un ventaglio di questioni che Marco Pizzuti ha approfondito in “Dossier 5 g – Inchiesta non autorizzata sulla rivoluzione tecnologica destinata a cambiare la nostra esistenza”, un libro pubblicato da Mondadori, che prova a restituire a chi legge un’indagine il più oggettiva possibile….
Il futuro sarà sicuramente a 5G o gli ostacoli, tanto di stampo politico quanto di natura sanitaria ed etica possono ancora precludere il passo alla diffusione su scala globale di questa nuova tecnologia?
Sono certo che qualsiasi critica o preoccupazione nei confronti del 5G, verrà bollata come fake news antiscientifica. Al di là di quale sia la verità, non vedremo mai un confronto alla pari tra scienziati favorevoli e contrari. Sui grandi canali d’informazione potremo ascoltare solo la “campana” dell’industria e lo scopo di questo saggio è proprio quello di colmare questo black out informativo.
Quindi cosa dobbiamo aspettarci?
Con il 5G qualsiasi oggetto potrà dialogare con tutti gli altri device “5G ready” in maniera completamente autonoma dall’uomo. Non c’è praticamente alcun limite alla sua applicazione perché anche una scarpa, un pannolino o una porta blindata della nostra casa, potranno diventare smart e segnalare rispettivamente lo stato di ’usura del tacco, la necessità di una sostituzione e consentire la consegna di un pacco. La filiera della produzione industriale e dei servizi potrà essere quasi completamente digitalizzata, robotizzata e automatizzata. I medici potranno effettuare diagnosi accurate in alta risoluzione e interventi chirurgici a distanza senza alcuna latenza che potrebbe mettere a rischio la vita dei pazienti. Treni, metropolitane, camion, automobili, taxi, navi e ogni altro mezzo di trasporto potrà funzionare senza conducente. Le città verranno dotate di telecamere e droni con riconoscimento facciale ad alta risoluzione che dovranno funzionare da deterrente contro la criminalità. In estrema sintesi, ogni ambito della vita dell’uomo subirà un radicale cambiamento.
Secondo te quali sono i veri pericoli connaturati nell’avvento del 5G?
Al di là delle rassicurazioni che provengono dal mondo dell’industria secondo cui le macchine affiancheranno solo l’uomo senza sostituirlo, con il 5G in realtà è in arrivo il colpo di grazia ai lavori tradizionali e nel giro di pochi anni bisognerà ripensare la base del funzionamento dei sistemi economici per non creare dei disastri sociali. Oltre a dover risolvere questi problemi, dovremo anche convivere con un capitalismo della sorveglianza sempre più aggressivo. Ogni nostra attività sarà archiviata nei database informatici e le nostre informazioni potranno essere utilizzate dalle multinazionali e dai governi per predire e orientare ogni nostro comportamento. Perfino i rapporti commerciali tradizionali verranno sostituiti dagli smart contract con elettrodomestici e ogni altro tipo di prodotto o servizio collegato al 5G: alla prima rata non pagata, il nostro frigorifero, asciugacapelli o automobile, potrebbe essere disattivato da remoto in tempo reale. Dal punto di vista militare, si tratta di uno strumento indispensabile e di vitale importanza per le smart-weapon e il controllo di milioni di droni con la massima efficienza. Rimanere senza il 5G significherebbe, non disporre di una difesa militare adeguata alla potenziale minaccia costituita dalle altre grandi potenze.
In Italia 200 comuni hanno detto no al 5G. Quanto sono legittimi i timori nei confronti della salute?
Duecento scienziati di tutto il mondo hanno chiesto la sospensione immediata del 5G almeno fino a quando non ci saranno sufficienti studi sulla sicurezza per la salute. Nel saggio ho raccolto le ricerche scientifiche su cui si basano queste contestazioni che sembrano dimostrare il rischio di gravi effetti per l’uomo e l’intero ecosistema. L’ingegnere aerospaziale Neil Kostoff, autore di oltre 200 ricerche “peer review” (standard della massima autorevolezza), ha pubblicato una relazione di più di 1000 pagine sul 5G dal titolo molto eloquente: “Il più grande esperimento medico non etico della storia”. Tra i rischi più gravi elencati dagli scienziati si possono citare i seguenti: danni ad occhi e pelle, patologie del sangue e del sistema nervoso, sterilità, anomalie nell’espressione genica, cancro e danni anche al DNA. Ciò premesso, devo sottolineare il fatto che anche se gli scienziati più critici e preoccupati dovessero avere perfettamente ragione, non assisteremo a nessuna strage immediata di cittadini come sostenuto dalle fake news in circolazione sul web perché le conseguenze mediche si potranno vedere solo sul medio e lungo termine. Proprio per queste ragioni, sarà molto difficile riuscire a dimostrare il rapporto di causa-effetto tra radiofrequenze e sviluppo patologie, quindi l’industria non incontrerà molti ostacoli.
Intanto già si parla di 6G e perfino 7G con scenari alla “Black Mirror”!
L’introduzione del 5G è solo un ponte verso tecnologie molto più potenti e già in lavorazione, le cui applicazioni, finora, erano state viste solo nei film di fantascienza. Tra dieci anni infatti, è già previsto il passaggio al 6G che farà apparire gli smartphone come dei reperti archeologici. Secondo le previsioni dei tecnici che ci stanno lavorando infatti, il loro posto verrà preso dalla cosiddetta “ombra digitale”, ovvero dal collegamento permanente con un assistente virtuale che ci seguirà come un’ombra e che sarà in grado di svolgere qualsiasi cosa gli venga richiesta, telefonate, raccolta informazioni ecc.. Il collegamento potrebbe avvenire attraverso un piccolo device elettronico esterno o addirittura mediante impianto sottocutaneo, una tecnologia che sta avendo un rapido sviluppo proprio in questi ultimi anni.
Fonte:Dolcevita online
Sovranità limitata
di byebyeunclesam |
“C’è un episodio che bisogna richiamare. Quando nel 1973 capita la guerra del Kippur, Moro rifiuta [di concedere] l’utilizzo delle basi militari della NATO per aiutare Israele. Sostiene la tesi, diventata di tutto il governo italiano, che quella guerra esorbita dall’area della NATO, quindi gli Americani non possono utilizzare le basi che sono nel nostro territorio per svolgere un’azione che è sì di aiuto anche ad un Paese nostro alleato come Israele, ma che deve tener conto che noi abbiamo una politica per il Medio Oriente di pacificazione, tendiamo alla soluzione di quel problema e non possiamo metterci contro i Paesi arabi. Pertanto, il nostro governo ritiene di assumere quella posizione e Kissinger “se la lega al dito”. Moro farà riferimento all’acredine che, a seguito di quel fatto, Kissinger crea. E’ una causa che probabilmente ha giocato.
(…) Non ci soffermiamo qui a parlare di quello che avviene a Portorico quando si riunisce lo stato maggiore atlantico e lasciano Moro fuori dalla porta, proprio nel momento in cui si discute sugli aiuti da dare all’Italia e si finisce col condizionare quegli aiuti. Siamo dopo le elezioni del 1976. E’ bene che guardiate cosa avviene a Portorico. In quel momento Moro viene lasciato fuori, eppure è ancora Presidente del Consiglio italiano; ma lui e Mariano Rumor, che è ministro degli Esteri, vengono lasciati alla porta mentre si discute degli aiuti all’Italia. Se ne escono con un comunicato in cui danno l’incarico al tedesco Helmut Schmidt di esprimere la posizione che era quella della discriminazione: “Se voi mettete al governo i comunisti, non vi daremo gli aiuti”.
Questa è sovranità condizionata, limitata, indiscutibilmente, dopo il suffragio popolare che aveva dato quei risultati e che non permetteva il grande gioco politico, perché i rapporti di forza erano quelli che erano e la politica di Moro era lungimirante. Dunque, il fatto di liberarsi di un personaggio che rappresentava quella politica era una tentazione non solo di Kissinger, anche di altri dirigenti di Stato nei Paesi europei, perché avevano timore di una diffusione della stessa formula di collaborazione in altri Paesi.”
Dall’audizione del senatore Sergio Flamigni, svoltasi il 2 dicembre 2014, nell’ambito della II Commissione parlamentare di inchiesta sul rapimento e sulla morte di Aldo Moro.
Ora in Rapporto sul caso Moro. Il sequestro di Aldo Moro, Steve Pieczenik e il golpe atlantico quarant’anni dopo, di Sergio Flamigni, 2019, Kaos edizioni, pp. 75-76.
Per pochi, non per tutti
Nel 2012, dopo il terremoto dell’Emilia, organizzammo a Bondeno una manifestazione che si articolò per due fine settimana comprendente mostra fotografica e incontri telematici (già allora) e in presenza:
Visto il nessun interesse da parte di un ipotetico pubblico, pensai di lasciare comunque una traccia con un blog visibile a tutti ma non pubblicizzato; ogni tanto qualcuno ci capita per caso:
Questa è la trilogia della settimana…
Giulio Tarro
La fallimentare gestione dell’emergenza Covid ha creato in Italia milioni di ipocondriaci disposti a subire umilianti – nonché inutili da un punto di vista sanitario – vessazioni. Questo esercito verrà usato per tenere a bada i tanti gettati sul lastrico dal lockdown e altre follie, che scenderebbero in piazza se scoprissero quante menzogne ci sono state raccontate. Ad esempio, sul reale numero dei contagiati in Italia che, considerando i tentativi per nasconderlo, si direbbe quasi un Segreto di Stato. Basti pensare agli innumerevoli tamponi che, solo oggi, si stanno facendo, e che escono quasi tutti negativi; tamponi sbandierati da governatori-sceriffi per ergersi come salvatori della popolazione, avendo essi imposto vessatorie misure “profilattiche” che sarebbero riuscite a salvarla dal contagio. Non è così. Quei tamponi, non rivelando tracce del virus, attestano, invece, la “guarigione” da una infezione asintomatica per il 90% degli infettati. Per averne la controprova basterebbe effettuare test sierologici che identificano gli anticorpi al virus. Ma, guarda caso, all’Indagine Sierologica Nazionale – affidata alla Croce Rossa Italiana e che avrebbe dovuto interessare 150.000 persone – si direbbe non voglia aderire nessuno (solo il 2% delle persone contattate telefonicamente dalla CRI si è prenotato per il prelievo). Eppure sono moltissime, oggi, le persone che, pagando di tasca propria, stanno effettuando, presso laboratori privati, le stesse analisi sierologiche. E perché mai nessuno vuole fare con la CRI un esame, gratuito, che tanti stanno facendo a loro spese? Presto detto: le persone che, nello screening governativo, sono trovate con anticorpi al virus SARS-Cov-2 sono da ritenersi ufficialmente “positive” e, pertanto devono essere confinate in quarantena, finché non ci sarà un tampone negativo. Tampone per il quale si potrà aspettare anche un mese.
È con questi mezzucci e con l’ormai logoro circo mediatico, popolato da sempre meno autorevoli “esperti”, che si sta portando l’Italia alla rovina economica. Anche per questo, nella speranza di un risveglio delle coscienze – e per chiedere una Commissione parlamentare di inchiesta, degna di questo nome, sull’emergenza Covid-19 – ho scritto questo libro.
Giulio Tarro
La danza della Dea
Perché dovresti leggere questo libro:
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Dalla quarta di copertina
La Danza della Dea vi svelerà ciò che ha permesso a generazioni di Streghe di riscoprire la Dea, la loro consapevolezza interiore, il loro potere, e sarete finalmente in grado di muovere i primi passi nel mondo magico. È un libro suggestivo, coinvolgente, poetico, ricco di rituali, esercizi, incantesimi e consigli pratici, che vi mostrerà come la stregoneria trae i suoi insegnamenti dalla natura e l’ispirazione dai movimenti del sole, della luna e delle stelle, dal volo degli uccelli, dalla lenta crescita degli alberi e dai cicli delle stagioni. Negli Stati Uniti è ormai un best-seller che ha contribuito ad avvicinare al culto della Dea migliaia di persone e rappresenta tuttora una vera e propria pietra miliare per la riscoperta della Spiritualità Pagana. |
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L’autrice
Starhawk è una delle figure di riferimento per i movimenti neo-pagani. Ha iniziato a lavorare come organizzatrice dei movimenti pacifisti nella guerra del Vietnam e da allora ha continuato a svolgere questa attività negli ultimi trent’anni. |
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Scuola online
Dalla notte dei tempi si sa che il valore della scuola sta nel dialogo verticale e orizzontale che si crea fra studenti e docenti, che non si tratta solo di fare entrare in testa delle nozioni, ma di suscitare una cultura e una capacità critica attraverso lo scambio e questo è tanto più vero quanto più si avanza negli studi. So benissimo di aver imparato di più dalle notti passate a leggere Kant o Marx o Schopenhauer o Nietzsche insieme ad amici che da tutte le lezioni messe assieme. Eppure entrambe le cose erano strettamente legate, impossibili le une senza le altre. La scuola “per corrispondenza”, dove ognuno è isolato fa perdere completamente questa dimensione lascia il posto al vuoto diplomificio: il Cepu, versione degradata della glorioso è dunque il modello ideale, tanto più che on line non si sa bene come poter giudicare la preparazione degli allievi, la loro crescita i loro problemi o le loro caratteristiche di apprendimento per la scuola privatissima di recupero per asini è l’ideale. Non bisogna pensare a un incidente di percorso virale perché il declino dell’insegnamento in Italia è stato rapido e impressionante: dalle università esce gente che non sa nemmeno esprimersi in un italiano corretto e che possiede un universo cognitivo simile a quello del dado con l’acqua calda, rispetto al brodo lentamente sobollito: lì per lì può sembrare la stessa cosa, ma si tratta di due cose incomparabili. Se volessimo descrivere la situazione nella sua orribile realtà credo che non ci sia miglior esempio di quel corso universitario in cui 21 studenti si 49 non hanno saputo risolvere un esercizio preso da un sussidiario per la quarta elementare del 1905. Sospetto che i bocciati siano poi diventati Sardine, gente così profondamente vuota e incolta da pensare di essere supremamente acculturata. Oddio è anche vero che alla Stanford University si è scoperto che il 78 per cento degli studenti di ingegneria non aveva capito il principio di Archimede, quindi non capiva perché una nave galleggia e non affonda, anche se sapeva applicare le formule matematiche del caso.
Ma qui ci saldiamo ad un altro discorso: quegli studenti di ingegneria che non erano in grado nemmeno di esclamare “iurika”, come certamente leggerebbero il greco antico di Siracusa, sono il risultato di un contesto culturale dove è preponderante la parte pragmatico – algoritmica dell’istruzione che non coincide con la comprensione, ma con la competenza e l’abilità funzionale. Non sono dunque pesci fuor d’acqua, ma lo siamo noi che da decenni non riusciamo ad esprimere alcuna soggettività culturale e ci limitiamo a scimmiottare ciò che viene dall’altra parte dell’atlantico e che è poi all’origine del declino occidentale. Per questo è ormai inutile avere qualcosa che vada oltre il Cepu: pochissima spesa, esami pro forma, tutti promossi, insegnanti pagati pochi euro. E del resto anche questo abominio lo vuole l’Europa delle oligarchie: una trentina di anni fa la commissione europea redasse un rapporto poi diventato linea guida in cui si sosteneva che “Un’università aperta è un’impresa industriale e l’insegnamento superiore a distanza è una nuova industria. Quest’impresa deve vendere i suoi prodotti sul mercato dell’insegnamento permanente”. Vogliamo forse negare che da questo punto di vista il Cepu sia effettivamente qualcosa di avanzato rispetto ai secolari atenei o alle scuole dove gli insegnanti tentano di aprire le menti degli alunni? Già da molti anni spendiamo per l’istruzione molto meno degli altri Paese europei, ad accezione di Slovacchia e Bulgaria, quindi non dobbiamo sorprenderci se la pandemia è ora il pretesto ottimale per cominciare a chiudere definitivamente baracca e burattini del vero insegnamento pubblico e dunque anche della democrazia.
estratto da https://ilsimplicissimus2.com/2020/06/04/la-vittoria-del-cepu/