Nel 2022, nel libro “Irriducibile. La coscienza, la vita, i computer e la nostra natura” ha proposto una teoria sulla coscienza secondo la quale essa sarebbe un fenomeno puramente quantistico, unico per ognuno di noi in quanto, in base al teorema di non clonazione quantistica, non è riproducibile, per cui nessuna macchina potrà mai ricrearla (non è riduciblie a meccanismi) e continua a esistere anche in seguito alla morte del corpo. La teoria è basata sugli studi del professor Giacomo D’Ariano che rifondano la teoria quantistica su principi informativi.[9]
Fabrizio aveva degli amici a Castelsardo che, tutti gli anni, gli davano le sardine da mettere sotto olio. Prima, bisognava friggerle e, poi, metterle nel vaso sott’olio.
Una volta, avevamo due cassette di sardine. Abbiamo passato due notti a pulirle. Bisognava tirar fuori la testa e far venir fuori le budella.
Fabrizio le puliva e, poi, si è messo a friggerle, ma, invece di friggerle per bene, le passava appena nell’olio. Faceva solo una passatina. Non le lasciava neanche cuocere e le tirava via. Le metteva nel vaso con l’olio. Alla fine, puzzava tutto. Abbiamo dovuto buttare tutto,
le sardine, i vasi e l’olio.
Fabrizio aveva delle ricette buonissime. Qualche volta, però, erano sbagliate. Qualche altra volta, non le seguiva. Come quella del salame nel vino. Fabrizio si era fissato. Voleva il vino buono, per metterci dentro il salame. Abbiamo comprato cento litri di buon vino. Anch’io facevo il vino. Compravo l’uva e facevo il vino buono, buonissimo. Un vino che, quando la gente veniva qui, all’Agnata, non se ne andava senza averlo bevuto.
Nei cento litri di vino, abbiamo messo dentro il salame. Poi, abbiamo buttato via tutto, salame e vino. C’era una puzza spaventosa.
Una volta, Fabrizio mi dice: «Filippo, prendiamo le acciughe». Sono andato a prendere mezzo quintale di acciughe. Ore e ore sotto al rubinetto a pulire le acciughe, anche con l’aiuto di Carlo, il suocero di Fabrizio. Ho tagliato a metà la botte del vino e l’abbiamo riempita bene con le acciughe. Quella volta, sono venute benissimo. Le abbiamo mangiate per tre o quattro anni.
Ogni tanto, gli venivano bene le sue ricette e, quando gli venivano, erano buonissime.
Fabrizio era preciso nel dosaggio. Era il suo carattere. Era preciso in tutto. Meticoloso. Sull’agricoltura, per esempio, era precisissimo. Passava le notti a studiare le piante, la terra, la potatura degli ulivi, la semina, le stagioni.
Qui, all’Agnata, ci sono ancora tanti libri sulle piante. Fabrizio li ha letti tutti. Studiava sui libri delle piante. Lui voleva conoscere tutti i nomi locali delle piante che ci sono qui.
Fabrizio parlava in gallurese con me, perché non sempre l’italiano lo capivo.
Dopo due anni di Sardegna, Fabrizio parlava bene il nostro dialetto. Non gliel’ho insegnato io. L’ha imparato da solo. E se c’era qualche parola che non capiva, allora sì, mi chiedeva cosa voleva dire.
Fabrizio era un ragazzo studioso, preciso, meticoloso e di grande memoria. Quello che aveva letto di notte, tentava di spiegarmelo, anche se io non capivo bene tutto quello che lui mi raccontava».
Dal libro di Brunella Lottero, “Fratello senza peccato – Filippo Mariotti, fattore dell’Agnata, racconta l’amico fragile Fabrizio De André” – Paolo Sorba Editore.
Stiamo parlando di Babel: Or the Necessity of Violence (Babel, ovvero è necessaria la violenza). Si tratta di un romanzo della scrittrice americana Rebecca F. Kuang, cinese, ma trasferitasi negli Stati Uniti a soli quattro anni.
È probabilmente la prima volta che un romanzo di fantascienza si inoltra su un argomento apparentemente molto tecnico: la traduzione di un testo letterario. Ma non dovete farvi impressionare dalle premesse.
La storia si svolge in un passato ucronico, negli anni ‘30 del 1800, in un Impero Britannico particolarmente aggressivo e poco attento ai diritti di eguaglianza dei sudditi. Il razzismo nell’epoca di questo romanzo è particolarmente violento e coinvolge cittadini sia per il colore della pelle, per la loro origine etnica in generale e chiaramente per le donne, considerate esseri di seconda categoria.
Il protagonista nasce a Canton con un nome cinese, che non ci è dato sapere. È un ragazzo molto giovane e viene assegnato a un protettore inglese, il misterioso professor Lovell, che ha una vasta conoscenza dell’arma più suggestiva di cui possa disporre il Regno Unito al tempo: la lavorazione dell’argento magico.
Il ragazzo ha perso la madre durante un’epidemia di colera a Canton, dopo di che il suo protettore decide di portarlo in Inghilterra per avviarlo alla sua stessa arte di conoscenza.
Il ragazzo dovrà però assumere un nome ufficiale, diverso dal suo trascurabile nome cinese e lui stesso deciderà di volersi chiamare Robin Swift, dopo aver guardato la copertina di Robin Hood e dei Viaggi di Gulliver.
Nel romanzo inizia un adorabile viaggio tra Canton e Londra e Oxford, dove esiste un alto edificio chiamato Babel, università unica e riservatissima, in cui si istruiscono i traduttori del Regno e si impara a preparare l’argento magico.
Sulle barrette di argento è possibile scrivere delle parole e la contrapposizione tra esse, come fosse un differenziale di campo elettrico, permette di proteggere, o attivare benefici per qualsiasi cosa: la migliore traduzione possibile, o la massima resa di un campo di avena, la morbidezza di un materasso…
Robin incontra qui degli amici, ma apprende che esistono anche dei nemici dell’Impero, i quali vorrebbero demolirlo dall’interno.
Inizialmente, il nostro non sa bene come porsi di fronte a tale scoperta, ma presto si renderà conto che il suo protettore, esperto nella magia dell’argento, è un terribile razzista. Il professor Lovell avrebbe facilmente potuto salvare la madre del ragazzo dal colera usando l’argento nel giusto modo, ma la risposta dell’uomo è terribile: “Ma cosa pretendi? In definitiva era solo una donna!”
Qui il romanzo entra nella sua seconda parte, in cui gli animi si agitano e la rivoluzione, la violenza di cui il sottotitolo, minaccia di esplodere terribile.
La straordinaria bellezza di questa storia sta soprattutto in un attento mix di avventura e piacevoli considerazioni filosofiche. Bei paesaggi vittoriani, scorci notturni di taglio abbastanza gotico e piacevoli digressioni su cosa significhi esattamente trasportare un testo in una lingua diversa. Uno studio non banale, su quale sia la difficoltà di non perdere il senso originale dopo una traduzione.
È il caso, soprattutto, quando per esempio si tratta di rendere Omero per un pubblico moderno: si dovrà usare la lingua usata nella traduzione secondo l’utilizzo attuale, o un parlare artatamente antico di quello stesso idioma? Ma se così si facesse, si rispetterebbe di più il senso del racconto omerico, o invece un coetaneo di Omero che sapesse l’inglese, o l’italiano, o qualsiasi altra lingua, non considererebbe quella resa del tutto errata, essendo quella che lui percepisce dall’originale una lingua non arcaica?
La quantità di piccoli esempi e le difficoltà logico-linguistiche che l’Autrice propone sono enormi.
Considera quanto sia complicato tradurre semplicemente la parola hallo. Hallo, sembra molto facile! Buonjour. Ciao. Hallo. E via dicendo. Ma immaginiamo di voler tradurre dall’italiano all’inglese. In italiano, ciao può essere usato per salutare chi arriva, ma anche chi si allontana – la parola non lo specifica, indica semplicemente che c’è stato un punto di contatto. Deriva dal veneziano s-ciàovostro, che significa più o meno “servo vostro”. Ma sto divagando. Il punto è che quando traduciamo ciao in inglese – se stiamo traducendo una scena in cui i personaggi si allontanano, per esempio – dobbiamo imporre che ciao sia stato detto come goodbye. A volte questo è ovvio dal contesto, ma a volte no – succede quindi, spesso, che nella traduzione si debbano aggiungere altre parole per essere chiari. Come si vede le cose diventano subito complicate e siamo solo ai saluti.
Ho inserito questo brano, perché come lettori italiani ci è particolarmente vicino, ma chi leggerà il libro si divertirà moltissimo a scoprire in quanti e quali modi può essere complicata una traduzione. In questo senso, il libro mi è addirittura sembrato una specie di manuale che non potrà mancare negli scaffali di chi vorrà fare letteratura. E non solo per tradurre!
Il fatto straordinario, a mio avviso, è che si tratta di un romanzo tutto sommato di avventura, che arriva a produrre qualcosa come 560 pagine. Il lettore potrebbe temere di incontrare diverse pagine inutili, a scapito dell’avventura, ma non è così.
L’avventura, in chiave politico-storica, è perfettamente inglobata in tutta l’opera e il linguaggio chiaro, preciso, elegante di uno stile vagamente ottocentesco, ci fa sognare posti remoti, l’Oriente, ma anche l’Inghilterra imperiale e questa straordinaria Oxford del tutto immaginaria.
L’Autrice, nella sua premessa lo dice chiaramente:
Il problema scrivendo un romanzo su Oxford è che chiunque abbia trascorso del tempo in quel luogo esaminerà criticamente il testo per stabilire se la mia rappresentazione si allinea con i suoi ricordi della città. Peggio ancora, se vi accorgerete che io sono americana che scrive di Oxford! Che cosa possono capire gli americani di Oxford? Vorrei provare a difendermi: Babel è un’opera di narrativa speculativa e quindi si svolge in una versione fantastica di Oxford negli anni ‘30 dell’Ottocento e la storia è completamente modificata dalla magia dell’argento […] Tuttavia, ho cercato di rimanere il più fedele possibile alla documentazione storica della Oxford vittoriana. […]
Alcuni potrebbero chiedersi quale possa essere la precisa collocazione del Royal Institute of Translation, noto qui come Babel. Ciò perché io ho svisato completamente la geografia locale per trovargli uno spazio. Chi ha visto la città, immagini un’area verde tra la Bodleian, lo Sheldonian e la Radcliffe Camera. Allargate di molto questo prato e ponete Babel proprio al centro. Se malgrado tutto, verificherete altre incongruenze, vorrei ricordarvi che questa è un’opera di fantasia.
nato nel 1944, non ha tempo di sentire i brividi degli ultimi fuochi della grande guerra. Ma di lì a poco, all’età di otto anni sarà “La Guerra dei Mondi” di Byron Haskin che nel 1953 lo conquisterà per sempre alla fantascienza. Subito dopo e fino a oggi, ha scritto il romanzo “Nuove Vie per le Indie” e moltissimi racconti.
Biblioteca di Alessandria n.12 L’Estate è dei Mostri di Luigi Cozzi I ricordi di un grande protagonista della scena fantascientifica italiana e internazionale, grande amico e di Ugo Malaguti con cui ha condiviso mille avventure fantascientifiche; un libro idealmente complementare a “Incontri ravvicinati” l’autobiografia di Ugo. In oltre 400 pagine Luigi Cozzi ripercorre gli anni ruggenti della SF in Italia con ricchezza di aneddoti, ricordi, interviste. Un testo ricco di storie e documenti importantissimi che restituisce un quadro completo e dettagliato degli anni di massimo sviluppo della SF in Italia e degli eventi che hanno cambiato in meglio la percezione della SF da parte dei media del nostro paese, come la celeberrima “rassegna del Planetario”, raccontata qui con dovizia di dettagli. PER ORDINARE: http://www.elaralibri.it/cat/ale/ale-012.htm
Orson Scott Card, “Il gioco di Ender”, Urania Jumbo 43, maggio 2023
Come si fa a vincere una partita? E una battaglia?
È quello che studiano tutti i giorni le giovanissime reclute della Scuola della Guerra, luogo di formazione dei futuri leader della lotta galattica contro gli Scorpioni, una stirpe aliena simile agli insetti che ha attaccato la Terra ottant’anni fa…
Nonostante il pianeta abbia sviluppato armamenti sempre più sofisticati per scongiurare una nuova e devastante invasione, non sono tanto le armi a fare la differenza, per quanto tecnologicamente avanzate.
È la strategia mentale, l’elasticità mentale di pensare schemi di attacco sempre più complessi ed efficaci.
Menti e corpi di bambini dotati di capacità straordinarie, addestrate in tutte le arti belliche e marziali.
E non c’è nessuno che sia più bravo in questo di Andrew “Ender” Wiggin, seienne, il migliore dei migliori in tutta la scuola, proprio lui che tecnicamente non avrebbe dovuto nemmeno nascere.
Ender infatti è un “Terzo” figlio, qualcosa di scoraggiato nel nuovo ordine mondiale, e che crea disagio ai suoi fratelli “legittimi”, Peter e Valentine.
C’è solo una istituzione che “vuole” Ender, ed è la Scuola della Guerra, dove è chiamato a seguire le orme di Mazer Rackham, l’eroe che ha salvato la Terra dall’ultimo attacco degli Scorpioni.
Il reclutatore lo assicura che sarà divertente, proprio come giocare ad “Astronauti e Scorpioni”, e il bambino accetta.
Ma siamo sicuri che sarà tutto solo un “gioco”?
Traduzione di Gianluigi Zuddas.
Orson Scott Card – Nato nel 1951, è un celebre scrittore americano di fantascienza e fantasy. Conosciuto principalmente per il ciclo di Ender, con i primi due romanzi della serie, “Il gioco di Ender” (Ender’s Game, 1985) e “Il riscatto di Ender” (Speaker for the Dead, 1986) ha vinto sia il premio Nebula sia il premio Hugo.
All’interno, appuntamento con la rubrica Gli imperdibili, a cura di Mauro Gaffo, e con il meglio della fantascienza del 1956. E per la rubrica Oscar Vault – Il fantastico in libreria, “La trilogia cinese dei Tre Corpi” di Beppe Roncari.
Marco aprile 28th, 2023 at 16:42 Gentilissima Redazione, una domanda: pubblicherete tutta la serie di Ender compresi anche i due libri (di sei) non tradotti in italiano? Grazie.
Redazione aprile 28th, 2023 at 16:50 Ciao @Marco, Orson Scott Card è un autore a cui teniamo molto e per cui stiamo trattando importanti acquisizioni che speriamo di poter annunciare presto. Buona serata e buona lettura!
TralfaRalfa aprile 28th, 2023 at 22:36 Adesso Ender è diventato una ragazza? È un problema del traduttore o del disegnatore? In ogni cado siamo nei guai
Astrofilo aprile 29th, 2023 at 06:49 Per la Redazione. È la traduzione già apparsa nel Cosmo Oro Nord? Sarebbe importante pubblicare anche “Il riscatto di Ender”. Gli altri sono inessenziali, anche se “L’ombra di Ender” è divertente. La copertina è sbagliata: una donna formosa ne “Il gioco di Ender”?!? Per chi ha visto il film, ma non ha ancora letto il libro. Dimenticate del tutto quel film autocensurato, edulcorato, ridotto ai minimi termini: il romanzo è, per nostra fortuna, del tutto diverso. Da cui i premi meritatissimi.
Alex maggio 6th, 2023 at 07:27 Vedo che non sono il solo che si e’ stranito per la copertina! Uno dei migliori libri di FS in assoluto (mi stupisce non abbia passato il 16imi). Ho sempre rifiutato di guardare il film, e noto che Astrofilo conferma il mio scetticismo.