Musica, Spettacoli

Choi-oi! L’incredibile avventura delle Stars nel Vietnam del ’68

Choi-oi! L’incredibile avventura delle Stars nel Vietnam del ’68
Le Stars a Livorno.JPG

Le Stars negli anni settanta.
Da sinistra: Franca Deni, Daniela Santerini, Rossella Canaccini, Viviana Tacchella, Manuela Bernardeschi.

Autore Daniela Santerini
1ª ed. originale 2018
Genere diario
Lingua originale italiano
Ambientazione sud-est asiatico
Personaggi gruppo musicale de Le Stars

Choi-oi! – L’incredibile avventura delle Stars nel Vietnam del ’68 è un libro di Daniela Santerini edito da Youcanprint riguardante i tre mesi trascorsi nel Vietnam del Sud nel 1968-69. Si basa essenzialmente sul diario tenuto da Daniela Santerini, tastierista, ed è corredato da alcune lettere inviate ai familiari da Viviana Tacchella, chitarrista del gruppo “Le Stars”, e brani del diario annotato nel medesimo periodo da Rossella Canaccini, la cantante, e narra le vicissitudini di cui furono protagoniste le componenti del girl group toscano de Le Stars che fra il novembre 1968 e il gennaio 1969, a causa di un fraintendimento contrattuale, si trovò catapultato ad esibirsi nel sud-est asiatico.

Nell’infuriare della guerra del Vietnam, il gruppo – dal repertorio soul, r’n’b, beat – si trovò a suonare brani della tradizione melodica italiana come Volare, alternati a brani rock in voga all’epoca, per le truppe USA di stanza nelle basi militari dislocate nell’allora Saigon – oggi Ho Chi Minh City -, a Chu Lai, nei pressi del delta del Nam Trung Bo e a Đà Nẵng.

Il titolo Choi-oi sta a indicare un’esclamazione in dialetto sudvietnamita che significa “Oh, mio Dio!”.

https://it.m.wikipedia.org/wiki/Ci%C3%B2i%C3%B2i_%2768_-_In_Vietnam_con_l%27orchestrina

Cinema

Quaderni di documentazione

Una svolta si verificò con la sesta edizione, nel 1970, quando la Mostra ribadì e rinnovò i suoi obiettivi programmatici: offrire materiale di studio e di valutazione critica del nuovo cinema; porsi come attivo centro promozionale di socializzazione del nuovo cinema. La conseguenza della prima indicazione fu che la Mostra prese a pubblicare per ogni film, o gruppo omologo di film, o rassegne retrospettive, altrettanti “Quaderni di documentazione” (ventuno nel 1970, nove nel 1971, tredici nel 1972, dodici nel 1973), con interviste, critiche, dichiarazioni, documenti, bibliografie e découpages desunti alla moviola, trasformandosi progressivamente in una casa editrice (solo alla fine degli anni Ottanta le pubblicazioni saranno affidate ad altri editori). Negli anni successivi infatti i Quaderni, molto richiesti da studiosi, critici e cinefili, raggiunsero una tiratura media di mille copie e divennero veri e propri volumi, come i quattro sul Neorealismo, quelli sugli anni Trenta, i due sugli anni Cinquanta.

A partire dagli anni Settanta, se nei programmi delle varie edizioni i film del ‘nuovo cinema’ hanno confermato la vocazione originaria della Mostra, le grandi retrospettive (dedicate per es. alla storia del cinema italiano, ad autori oppure a cinematografie nazionali e a movimenti) hanno attestato la nuova vocazione di studio, pur rispondendo sempre anche a un’esigenza politico-culturale: la retrospettiva dedicata alla Spagna nel 1977 è stata la prima del postfranchismo, quella del 1978 sulla Cina la prima nel mondo dopo la fine della Rivoluzione culturale. Gli anni successivi hanno esibito un’attenzione particolare alle tendenze dei vari Paesi: l’edizione 1979 della Mostra è stata dedicata al cinema degli Stati Uniti, quella del 1980 al cinema dell’Unione Sovietica, quella del 1981 al cinema dell’America Latina, quella del 1982 al cinema magiaro e iugoslavo, quella del 1983 al cinema asiatico, non solo cinese e giapponese ma, soprattutto, sudcoreano, filippino, indonesiano, malese, tailandese, vietnamita e di Hong Kong.

https://it.wikipedia.org/wiki/Mostra_internazionale_del_Nuovo_Cinema_di_Pesaro

editoria

Storie di italiani

Formato 13,5×21

Formato 13,5x21 - STORIE DI ITALIANI NEL MONDO

 

M a i s

romanzo

ISBN 978-88-942377-0-2

14 euro

 

L’evocazione di un’epopea della pianura padana dall’Unità d’Italia alla Prima guerra mondiale, che staglia i destini dei protagonisti oltre i conflitti del Novecento.

Le vicende di tre generazioni di braccianti s’intrecciano attraversando la campagna sul fiume Po, le lotte contadine, l’emigrazione avventurosa verso le giungle tropicali del Costa Rica, la Parigi de Le Sacre du Printemps e della modernità, gli stravolgimenti politici e sociali di un secolo.

 

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Primo piano, Società

Identità

L’identità della sinistra si presenta oggi con surrogati diversi ma sempre con lo stesso intento ideologico e anche con l’idea che le opinioni proprie non siano come le altre bensì superiori a quelle degli altri. Parliamoci chiaro, basta leggere con attenzione il progetto di legge: oggi io posso avere un’opinione “controcorrente” per esempio sulla natura del matrimonio, ma se esprimo questa opinione vengo sic et simpliciter accusato di omofobia e sono passibile di pene di diverso tipo. Non sono più uno che esprime legittimamente un’opinione contraria, ma sono uno che dice qualcosa di immorale perché non corrisponde al pensiero unico, all’ideologia del mondo dominante. Questo tentativo di disciplinamento e riduzione alla propria ideologia e annullamento del dibattito pubblico l’ho visto però in atto anche nel passato e in maniera più subdola, più “nascosta”, per esempio nel caso delle proposte di legge sull’eutanasia o del testamento biologico: il testo in sé permetteva a chiunque di prendere la propria decisione a riguardo, ma se qualcuno esprimeva una decisione contraria alle dat veniva considerato come qualcuno fuori dal tempo, qualcuno che ostacolava la marcia verso il progresso, verso il trionfo assoluto di una ragione che credendosi autosufficiente sostanzialmente tende a coincidere con il nulla.

Come se la ragione portasse a parteggiare pro e contro qualsiasi cosa?
Se io razionalizzo tutto e faccio della ragione qualcosa di astratto e non qualcosa che deriva dalla mia eredità storica alla fine non credo più in nulla perché la ragione ha una forza corrosiva, la ragione può distruggere qualsiasi cosa e, se io posso distruggere qualsiasi cosa, non ho più valori di riferimento. E divento non solo manipolabile, ma perdo il mio baricentro di persona. E sorge il nichilismo: il relativismo prima e il nichilismo poi. Chi ha fatto una battaglia contro la legge sull’aborto o l’eutanasia, quindi non contro una legge “apertamente” o “dichiaratamente” liberticida, ha fatto una battaglia contro un modo di pensare che attraverso le sue estreme conseguenze giunge al decreto Zan. Cioè all’esclusione dal dibattito, all’indifferenza, l’uguaglianza come discriminazione della differenza.

Prima della legge Zan era tollerato il dissenso?
Il problema è proprio nel “tollerato”: l’opinione di chi, in occasione di altre battaglie, è stato “tollerato” nel senso comune del termine, cioè sopportato come un reperto del passato, è diventata un’opinione di serie b. Pregiudizievole, espressione di una posizione minoritaria e interdetta dall’affermarsi a pari titolo con le idee degli altri. Al fondo di tutto questo c’è l’ideologia deleteria del progresso, che coincide con l’idea di avere sempre più diritti, più libertà. Ma i diritti senza i rispettivi doveri, la libertà senza il fondo di necessità da cui nasce e si staglia sono pure illusioni. E finiscono facilmente per volgersi nel proprio contrario.
Non mancano i cortocircuiti: oggi le lesbiche sono accusate dai trans di transfobia, le femministe dai gay di omofobia, i gay di sessismo da lesbiche e femministe: in questa gara tra categorie più meritevoli di protezione e più discriminate, segmentare la società in etichette basate sul genere e creare leggi particolari non radica le differenze invece di promuovere l’uguaglianza?
Io credo che un certo femminismo astratto, così come altri “ismi” astratti, siano non un modo per preservare la libertà e “l’uguaglianza” ma per radicare ancora di più le differenze: le stesse quote rosa non sono una battaglia combattuta a livello di mentalità, quindi a monte, bensì a valle, e questo ghettizza ancora di più “l’entità” discriminata. La dinamica dei cortocircuiti è presente però in tutte le rivoluzioni, non per nulla si dice che la rivoluzione mangia se stessa. Ripercorrendo le vicende sempre istruttive della rivoluzione francese: fu un processo veloce, c’era sempre qualcuno di più puro, più radicale, più morale che ti avrebbe divorato. Questa è la dialettica della rivoluzione, ed è una rivoluzione antropologica quella che oggi si propone: ripeto, creare un Uomo nuovo su basi completamente diverse, cancellando la storia e la sapienza che si è sedimentata nelle tradizioni comuni. Ci sarà sempre anche qui qualcuno di più rivoluzionario che si spingerà oltre: il vero punto di approdo di tutto questo processo relativo al genere è il genere fluido, non più uomo e donna, ma donna e donna, uomo e uomo, e, perché no, donne e donne, uomini e uomini e così via. Ci sarà sempre qualcuno che andrà oltre in nome di una libertà che essendo astratta finirà per erodere tutto. Chi pensa in modo dialettico e non binario sa e si rende conto che la libertà senza il suo contrario semplicemente non esiste. Se tutto è libertà, non avremo più la libertà.

UnisexUnisex – Libro

editoria

Il Mulino

La Società editrice il Mulino è stata costituita nel giugno del 1954 per iniziativa del gruppo promotore della rivista “il Mulino”, che aveva iniziato le pubblicazioni a Bologna nel 1951.

Fin dal suo esordio, l’obiettivo dell’editrice è consistito nel contribuire allo sviluppo e alla modernizzazione della cultura italiana, attraverso un programma di pubblicazioni che attingeva significativamente dalle scienze sociali di matrice anglosassone, e che si ispirava a un approccio esplicitamente empirico e riformista. Questa finalità non è mai venuta meno, ed è stata perseguita nell’ambito di una varietà via via crescente di aree disciplinari (storia, filosofia, linguistica, critica letteraria, demografia, antropologia, psicologia, sociologia, scienza politica, economia e diritto).

Sul finire del 1964 divergenze su piano politico provocarono una non ricomponibile frattura fra la proprietà della Società editrice (allora detenuta dalla Poligrafici “il Resto del Carlino”) e coloro che la gestivano. Al termine di laboriose trattative, i redattori della rivista “il Mulino” acquistarono la proprietà della Società editrice, proprietà che trasferivano subito dopo alla Associazione di cultura e politica “il Mulino”, una associazione senza fini di lucro, da essi stessi costituita per gestire organicamente tutte le attività che il gruppo aveva fino a quel momento avviato (incontri, dibattiti, convegni, studi e ricerche, oltre la rivista “il Mulino” e la casa editrice).

Le pubblicazioni del Mulino comprendono un ampio catalogo di riviste, che copre l’intera gamma di interessi dell’editrice, e una ricca produzione di libri dal profilo nettamente differenziato. Una parte dei programmi editoriali infatti è data dai testi di riferimento e di ricerca, rivolti in particolare alla comunità degli studiosi. Un’altra importante direttrice editoriale si identifica nei volumi di carattere strumentale, destinati allo studio e all’insegnamento universitario. Inoltre negli ultimi anni si sono sviluppate particolarmente le collane destinate al pubblico non specializzato, attraverso le quali le ricerche e le acquisizioni culturali più innovative e attuali vengono rivolte alla discussione pubblica, e che hanno contribuito a segnalare il Mulino come uno dei più attivi editori di cultura nel nostro paese.

Nel 2018 la Società editrice il Mulino ha pubblicato 70 riviste, 291 nuovi volumi, 655 tra ristampe e riedizioni. A fine anno i titoli in catalogo erano 6.794.

sociologia

Avere o essere?

Nella capacità di apprendimento, in quella di ricordare, nella conversazione, nella lettura, nella fede e nell’amore, insomma in tutti gli aspetti della quotidianità, ci troviamo a dover scegliere quale sistema esistenziale utilizzare e la scelta spesso viene fatta in maniera inconsapevole. Fromm, scavando a fondo nel profondo dell’essenza umana prende in esame sia il pensiero buddhista che i testi ebraici, spaziando da Marx a Freud e passando per Spinoza e Meister Eckhart.

La dicotomia essere/avere viene esposta con disarmante lucidità. Il testo procede con un linguaggio greve, armonico, senza ruvidità: gli esempi (stupendo quello delle differenti composizioni poetiche di Matsuo Bashō e Tennyson), rendono la lettura piacevole agevolando non poco la comprensione.

Su questi toni eccelsi si snoda un discorso che tocca le vette più alte quando Fromm inquadra il peccato (nel convenzionale senso teologico del termine) nella modalità dell’avere, quando ritorna sulla collocazione nel presente dell’essere, sostenendo che il tempo non esiste nella modalità dell’essere e domina di contro nella modalità dell’avere e quando introduce nell’ultima parte di Avere o Essere? la nuova società e il nuovo uomo.

https://www.giornalistaletterario.it/recensioni/erich-fromm-avere-o-essere-le-due-diverse-modalita-dellesistenza/

Musica

Canzone di notte n.2

E un’ altra volta è notte e suono,
non so nemmeno io per che motivo, forse perchè son vivo
e voglio in questo modo dire “sono”
o forse perchè è un modo pure questo per non andare a letto
o forse perchè ancora c’è da bere
e mi riempio il bicchiere..

E l’ eco si è smorzato appena
delle risate fatte con gli amici, dei brindisi felici
in cui ciascuno chiude la sua pena,

in cui ciascuno non è come adesso da solo con sé stesso
a dir “Dove ho mancato, dov’è stato?”,
a dir “Dove ho sbagliato?”

Eppure fa piacere a sera
andarsene per strade ed osterie, vino e malinconie,
e due canzoni fatte alla leggera
in cui gridando celi il desiderio che sian presi sul serio
il fatto che sei triste o che t’annoi
e tutti i dubbi tuoi…

Ma i moralisti han chiuso i bar
e le morali han chiuso i vostri cuori e spento i vostri ardori:
è bello ritornar “normalità”,
è facile tornare con le tante stanche pecore bianche!
Scusate, non mi lego a questa schiera:
morrò pecora nera!

Saranno cose già sentite
o scritte sopra un metro un po’ stantìo, ma intanto questo è mio

e poi, voi queste cose non le dite,
poi certo per chi non è abituato pensare è sconsigliato,
poi è bene essere un poco diffidente
per chi è un po’ differente…

Ma adesso avete voi il potere,
adesso avete voi supremazia, diritto e Polizia,
gli dei, i comandamenti ed il dovere,
purtroppo, non so come, siete in tanti e molti qui davanti
ignorano quel tarlo mai sincero
che chiamano “Pensiero”…

Però non siate preoccupati,
noi siamo gente che finisce male: galera od ospedale!
Gli anarchici li han sempre bastonati
e il libertario è sempre controllato dal clero, dallo Stato:
non scampa, fra chi veste da parata,
chi veste una risata…

O forse non è qui il problema
e ognuno vive dentro ai suoi egoismi vestiti di sofismi
e ognuno costruisce il suo sistema
di piccoli rancori irrazionali, di cosmi personali,
scordando che poi infine tutti avremo
due metri di terreno…

E un’ altra volta è notte e suono,
non so nemmeno io per che motivo, forse perchè son vivo
o forse per sentirmi meno solo
o forse perchè a notte vivon strani fantasmi e sogni vani
che danno quell’ ipocondria ben nota,
poi… la bottiglia è vuota…