Gli autori avranno certamente firmato contratti, ma con il loro editore (Hachette o i suoi imprint, in questo caso) e non con Amazon. In quei contratti si saranno stabiliti anticipi e royalty sulle copie, non il prezzo di vendita finale, che decide l’editore; e infatti qui il merito nella questione sta negli accordi tra gruppi editoriali e Amazon sul prezzo di vendita degli e-book (tanto per stare in argomento: poi Bezos sconta anche il cartaceo, ma non come sconta, o vorrebbe scontare, l’e-book). Mi stupirei, inoltre, se i contratti firmati tra editori e autori lasciassero a questi ultimi voce in capitolo sui canali di vendita: vale a dire che non sono certa possano rifiutarsi di essere venduti su Amazon. Non voglio dire che sia impossibile, se un autore vende bene ha un certo potere contrattuale che potrebbe comprendere anche questo tipo di libertà, ma non so se possa esercitarla a posteriori.
A ogni modo, da cliente Amazon (COMING OUT!) e da traduttrice sottopagata e il cui diritto d’autore viene costantemente calpestato, penso che il pesce puzzi dalla testa, cioè IMHO fin dalle norme nazionali in materia di industria culturale, che non si sono preoccupate dell’effetto che avrebbero avuto le grandi concentrazioni di potere economico in un settore con caratteristiche diverse rispetto a quello dei salumi o delle piastrelle. È vero che Amazon ha contribuito alle chiusure di librai indipendenti, ma vi hanno contribuito anche tutti i grandi editori – almeno italiani – ai quali si è permesso di diventare distributori e librai di catena, con i bei risultati che vediamo in termini di qualità: sempre più libri, sempre più brutti e inutili, a fronte di grandi difficoltà nel trovare le produzioni ancora indipendenti. (@Franca: giusto, l’editore è una cosa e il libraio un’altra, ma nel caso di Mondadori e Feltrinelli tutti vanno ad arricchire tutti. O nessuno, giacché l’editoria italiana si dibatte in una crisi di fatturati spaventosa–dice).
Ed è vero che Amazon ha contribuito alla diffusione di un lettore di e-book con certe caratteristiche (e certi svantaggi, come anche certi vantaggi). Però i soldi per svilupparlo, promuoverlo e commercializzarlo ce li hanno messi loro, perché non avrebbero dovuto cercare di diffonderlo? E d’altro canto, tutti sanno che esistono software di conversione tra formati non-Kindle e il formato .mobi (anche se non sarò certo io a farne i nomi…), quindi non è precisamente vero che Kindle può leggere solo libri venduti da Bezos. Ovunque si è permesso che Amazon diventasse il gigante che è diventato, senza osare mettere il naso, per esempio, nelle sue modalità di relazione industriale: se ne parla, di questi operai-schiavi, ma è difficile capire se qualcuno stia tentando di fare qualcosa. (A margine, in Europa gli unici a dire ALT all’ultima emanazione di Amazon, vale a dire AmazonCrossing, perché proponeva e propone contratti inaccettabili, sono stati proprio i traduttori.)
Se il libro è un prodotto come un altro, e il suo mercato un mercato come un altro, allora sì, certo, che editori e librai se la cavino da soli, s’inventino qualcosa per arginare il Colosso e – gli editori soprattutto – la smettano di piatire sovvenzioni pubbliche. Ma se invece il libro (prodotto d’arte e artigianato insieme, inutile fare finta di no) è una cosa diversa, allora il suo destino non può essere lasciato in mano alla finanza, ai “manager” (che in editoria fan più danni della grandine) e a Jeff Bezos. Solo che ci vuole un coraggio politico che passi molto, molto sopra la testa di tutti i soggetti coinvolti, e che purtroppo non vedo da nessuna parte.
Isabella Zani in http://www.minimaetmoralia.it/wp/mille-scrittori-contro-amazon-ecco-la-lettera-aperta-pubblicata-stamattina-sul-new-york-times/