Video di un incontro con Renato Pestriniero presentato da Ugo Malaguti a Bondeno
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Ai posteri l’ardua sentenza
Facendo una piccola analisi retrospettiva, mi chiedevo se, nella seconda metà del ‘900, ci fossero stati romanzieri o poeti italiani degni di passare alla posterità. Non riuscendo a farmene venire in mente alcuno, ho girato la domanda ad Andrea Malaguti, assistant professor al dipartimento di Italiano presso la Columbia University di New York. Di seguito la sua risposta: In verità, non ho ancora capito quando mai la buona scrittura, chiara e precisa, sia mai stata di casa in Italia. Ti cito un brano da una rivista del 1939: Un’ attenzione che supera, nei più chiari momenti, il limite del troppo insistito diletto musicale, per penetrare e vibrare in un mondo sensibile nuovo, dove la consueta logica delle cose comuni pare che si sfaldi in una indeterminatezza continua di postulati, quasi che a ogni passo il terreno che siamo soliti battere minacci di franare sotto il nostro cauto piede. Generica impressione ancora, che rimarrebbe pur magra cosa se si esaurisse in sé, ma che poco a poco, procedendo il lettore fra continue emozioni e reali cadute, la cui colpa è spesso del medesimo poeta, pur giunge a raccogliere, da quell’apparente dissolvimento della realtà, un ordine nuovo, traducibile forse nei temini precisi di una continua conoscenza di morte, prolungata oltre lo stesso avvenimento del fatto fisico, inquantochè è essa un presente dello spirito più che del mondo esterno. Siamo ai limiti della leggibilità; eppure è Giorgio Caproni a ventisette anni. Se penso che la generazione di Biagi e di Bocca all’epoca era al liceo, mi sento male; evidentemente sapevano diffidare degli insegnanti. Però questo mi dà l’idea dell’importanza della Guida al Novecento, dove invece si privilegiava un certo senso della realtà. Ma allora perché non si vedono ancora gli scrittori che hanno fatto il liceo negli anni settanta? (Bah, forse perché non siamo negli anni trenta e quindi c’è molta sfiducia nella letteratura-letteratura; ergo si evita di scriver bene per paura di non avere successo e si scrive male per poter vendere, anche se poi i romanzi fanno schifo e la gente li compra solo per farsi vedere à la page: così succede in Francia…) È sempre faticoso rapportare il passato col presente, visto che per l’uno la storia ha già fatto la sua ampia tara e per l’altro no. Comunque, per amor di congettura, se la generazione che ha fatto il liceo con la Guida al Novecento di Salvatore Guglielmino alla mano non s’è ancora prodotta in niente di buono, forse è perché l’ansia del successo immediato è tale da non consentire i tempi lunghi e meditativi della letteratura seria. E soprattutto, dagli anni settanta in avanti, non solo non c’è più niente in cui credere, ma nemmeno niente a cui opporsi: la caduta in silenzio dei movimenti studenteschi (o addirittura il passaggio dei loro esponenti ai ranghi di difesa del capitalismo globale) ha tolto anche la voglia di polemizzare. A chi ti opponi, se a scuola t’insegnano solo un sacco di balle da rivendere bene e trovarti un posto grazie a papà? Il libro deve solo essere accattivante e per essere venduto oggi e buttato nel cestino domani. Ogni insegnante delle varie scuole di scrittura creativa in Italia — conosco Carlo Lucarelli, della Holden di Torino — ti dirà che gli studenti scartano volentieri qualsiasi soggetto originale, qualsiasi storia veramente loro per uniformarsi al modello in vigore: giallo, noir o altro. L’importante è imparare il trucco vincente e pigliare i soldi facilmente (come Baricco, come la Tamaro). Oggi le crisi che stimolavano tanta letteratura in passato non sono più una novità, ma uno stile di vita a cui ci siamo adattati; siamo tutti uomini senza qualità senza bisogno della filosofia di Musil e senza l’intelligenza per capirla. Quando l’unica cosa seria da scrivere, come suggerisci tu, è un saggio scientifico e ben documentato e meditato, alla Luciano Gallino, che ti porta a concludere che il mondo fa schifo e sarà sempre peggio, visto che fa comodo a tanti e che comunque nessuno, anche volendo, potrebbe metterci mano, a che serve scrivere romanzi? A fare il buffone in tv assieme a Maurizio Costanzo? |
dalla prima edizione di bondeno.com Giovedì, 16 marzo 2006 alle 11:27:23 CET
Michelangelo Miani
Alle nove e venti serali di martedì 1° maggio 1983, si fa giorno in piena notte nell’emisfero nord: dopo 130 anni-luce di cammino son giunti fin sulla Terra i segni dell’esplosione della supernova Briareo Delta. Questo è il tramonto di Briareo: uno spettacolo meraviglioso, che dura però troppo poco e che ben presto molti vorrebbero non aver mai visto. Un processo lento e inarrestabile comincia infatti a stringere gran parte del globo in una nuova èra glaciale. Non è difficile intuire che all’origine del fenomeno è proprio l’esplosione di Briareo, ma ben più difficile è dare una spiegazione all’altra catastrofe che si abbatte sul mondo: uomini e donne sono diventati improvvisamente sterili e in pochi decenni l’umanità intera sembra destinata a scomparire.
RICHARD COWPER Il tramonto di Briareo (1982)
Immagine di Michelangelo Miani
Mini rubrica a cura di Pietro Argenti
Nota: Nell’ambito della manifestazione “Ricominciamo dal futuro”, come UAC, facemmo una mostra in cui furono esposti a Bondeno alcuni originali delle sue copertine.
Uomini e lavoro alla Olivetti
THE DAY AFTER
Vasti spazi deserti, negli stabilimenti e nei palazzi. La celebre parete di vetro di una fabbrica è coperta da ponteggi: si staccano pezzi. Sigillato l’esagono della mensa, sgombro il Centro Studi. Polvere, chiazze, ruggine. Tombe vuote di un lavoro scomparso (delle quali la celebrata bellezza impedisce la demolizione). Per salvare quella vita di lavoro dall’oblio, persone che hanno avuto il privilegio di condividerla, in una varietà di ruoli aziendali, hanno inteso evocarla sulla traccia delle loro traiettorie lavorative. Si sono affidati a mani capaci di disegnare l’ordito delle domande entro cui calare la trama delle loro risposte. Saranno i limiti di questo microcosmo di testimonianze. Ne mancano alcune, impedite della morte della persona (come di Pier Giorgio Perotto, entusiasta di questo impegno collettivo) e diviene evidente che questo compito non era dilazionabile. Il successo del-l’impresa di Camillo e Adriano (e Roberto, cui si deve il perseverare nella con-versione all’elettronica) e la sua decadenza sono sincroni con lo sviluppo e il dileguamento dell’Italia industriale (ossia della grande impresa, della sua prospettiva strategica e della sua capacità d’innovazione in settori di tecnologia avanzata). Agli imprenditori costruttori di futuro sono andati subentrando cacciatori di valori azionari, speculatori del mercato borsistico, arraffatori di monopoli, artefici di partecipazioni incrociate e di piramidi societarie. A un mondo del lavoro umiliato in una società lacerata e disorientata, succube delle vicende aleatorie di un’economia finanziarizzata, si rivolge il coro di queste testimonianze. Esse ricordano il valore permanente delle ragioni di quel successo d’impresa: la responsabilità e capacità di costante innovazione e anticipazione, realistica e audace, razionale e immaginativa, votata all’eccellenza dei prodotti, alla qualità della vita lavorativa, all’elevazione della vita sociale.
Francesco Novara Torino, ottobre 2005
Se ne parlerà a Bondeno (FE), domenica 23 settembre, nel corso della manifestazione “Ricominciamo dal futuro”
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Ambiente futuro
365 Racconti sulla fine del mondoAntologia |
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Dopo il clamoroso successo di 365 racconti erotici per un anno e di 365 racconti horror per un anno, 365 autori. 365 racconti. 365 possibili fini del mondo.Sarà vero quanto predetto dai Maya e dai peggiori presagi catastrofisti? Franco Forte Nato a Milano nel 1962, è giornalista professionista, traduttore, sceneggiatore e Direttore Editoriale delle collane da edicola Mondadori (Gialli, Urania e Segretissimo). Ha pubblicato per Mondadori i romanzi bestseller “Il segno dell’untore” (2012), “Roma Brucia” (2011), “I Bastioni del Coraggio” (2010), “Carthago” (2009), “La Compagnia della Morte” (2009), “Operazione Copernico” (2009), i cui diritti di traduzione cinematografica sono stati acquistati da Dino De Laurentiis, e “La stretta del Pitone” (Mursia, 2005), “Il figlio del cielo” e “L’orda d’oro” (Mondadori, 2000) – da cui ha tratto uno sceneggiato TV su Gengis Khan prodotto da Mediaset – “China killer” (Marco Tropea/Il Saggiatore, 2000). Sempre per Mediaset ha scritto la sceneggiatura di un film tv su Giulio Cesare e ha collaborato a serie televisive quali “RIS” e “Distretto di polizia”. Il suo esordio come narratore risale al 1990, con il romanzo “Gli eretici di Zlatos” (Editrice Nord). Direttore responsabile della rivista Writers Magazine Italia (www.writersmagazine.it) ha pubblicato “Il Prontuario dello scrittore” (Delos Books), un manuale di scrittura creativa per gli autori esordienti. |
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