editoria

Utopie

http://www.tecalibri.info/B/BARCA-F_futuro.htm

Autore Fabrizio Barca Titolo Un futuro più giusto SottotitoloRabbia, conflitto e giustizia sociale Edizioneil Mulino, Bologna, 2020, contemporanea 291 , pag. 280, ill., cop.fle., dim. 13,5×21,2×1,7 cm , Isbn 978-88-15-28728-1 CuratoreFabrizio Barca, Patrizia Luongo LettoreRiccardo Terzi, 2020 Classe politica , sociologia , scienze sociali , economia , economia politica , paesi: Italia: 2020











fumetto

Tex

Al ranger del Texas creato nel 1948 da Gian Luigi Bonelli e Aurelio Galleppini (in arte Galep), è dedicato invece Tex Willer. Un cowboy nell’Italia del dopoguerra (171 pagine) scritto da Elizabeth Leake, docente al dipartimento di italianistica della Columbia University di New York, ed edito quest’anno da il Mulino. È un testo molto deludente, e lo scriviamo con vero dispia-cere: a lettura finita, viene da domandarsi come la stessa autrice o la casa editrice avrebbe giudicato un testo analogo riguardante un qualunque personaggio di un qualche scrittore italiano. L’analisi di Tex di Leake è molto superficiale perché si basa solo sulle prime storie del personaggio e ignora tutte le altre realizzate nei sessant’anni successivi, come anche la storia del fumetto italiano e internazionale e la stessa casa editrice delle storie di Tex mai citata (Sergio Bo-nelli Editore). Offriamo qui alcune perle dal testo: Lucky Luke, il cowboy creato dal belga Morris nel 1948, è definito un fumetto dalla comicità grossolana (era scritto da Rene Goscinny, il papa di Asterix) e con una grafica stile William Hanna e Joseph Barbera, che però fondano la loro casa di produzione di serie televisive nel settore del disegno animato (insieme a George Sidney) nel 1957, nove anni dopo; Corto Maltese viene definito «il semi-dandy, ironico, seducente metrosexual marinaio pirata»; i dialoghi di Tex sono definiti «stereotipati come tutti quelli nei fumetti», e qui mi fermo. Un vero peccato, perché avrebbe potuto essere un’analisi inedita del personaggio. Sarà per la prossima volta. Arte&dossier, Settembre 2018

editoria

Le leggi fondamentali della stupidità umana

Scritto originariamente in lingua inglese, “The Basic Laws of Human Stupidity” fu stampato per la prima volta nel 1976 in edizione numerata e fuori commercio sotto l’improbabile sigla editoriale dei “Mad Millers”, i mugnai pazzi. L’autore riteneva che il suo testo potesse essere pienamente apprezzato soltanto nella lingua in cui lo aveva scritto, e per molto tempo declinò la proposta di tradurlo. Solo nel 1988 accettò l’idea di pubblicarlo in versione italiana nel volume “Allegro ma non troppo”, insieme al saggio “Il ruolo delle spezie (e del pepe in particolare) nello sviluppo economico del Medioevo”, esso pure scritto in inglese e stampato fuori commercio dai Mad Millers per il Natale del 1973. Come volume a sé la versione inglese delle “Leggi fondamentali della stupidità umana” è poi stata pubblicata, sempre dal Mulino, nel 2011. Sia in quell’edizione, sia in questa prima italiana viene riproposta in apertura la nota al lettore scritta da Cipolla per l’edizione originale del 1976.

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storia

L’Italia di Salò

“L’Italia di Salò” è una raccolta di dati preziosi e di voci perdute. Lo Stato sorto sul lago, dichiarato fantoccio, era però composto di funzionari che, solo pochi mesi prima, avevano lavorato per l’apparato statale monarchico; funzionari meridionali, che, con la guerra tedesca, non avevano nulla in comune, volevano lavorare e poi si ritrovarono a pagare di persona.  In generale, questa ricostruzione  dice che “L’Italia di Salò” è una realtà da decifrare maggiormente, non solamente una realtà riferita da una storiografia politica, la quale non volle approfondire l’analisi sul consenso a quella repubblica nata lungo sponde nebbiose.

Dal 1943 1945, fiducia e sfiducia facevano egualmente male. Soldati sbandavano. I bandi di reclutamento spaventavano, “Sulla carta la chiamata riguarda circa 186.000 uomini… ma se ne presentano 87.000”, perché gli americani avanzavano, la guerra stava finendo, la gestione del reclutamento era difficile per le quattro divisioni repubblichine organizzate in pochi mesi. Allora, il capitano degli alpini Eugenio Bonardi testimoniava alla famiglia, “Non pensavamo più che avremmo vinto la guerra, ma consideravamo doveroso di vender cara la pelle e di ridare il senso dell’onore all’esercito italiano così duramente vilipeso.”

Gli italiani di quel triennio parlano in questa ricerca storiografica fatta bene. E ci sono le voci guascone dei veterani di Spagna. Le parole dei funzionari imborghesiti del Ministero dell’Interno. Con le reclute che bussavano alle caserme, però “né alloggi, né coperte” erano stati approntati e “il vitto sarebbe stato completamente insufficiente.” Vicende all’ italiana. Naturalmente. Caserme in cui si scopriva la passione dei diciottenni che si arruolavano per una rivolta generazionale contro la monarchia. (Chi fu che scrisse che i ragazzi di Salò anticipavano di tanto il 1968?) Quando scorgevano i giovani della X Mas o della Gnr, gli anziani comunque scrivevano, “I nostri soldati si vedono di nuovo circolare ovunque rispettati e quelli che danno l’esempio sono i giovanissimi  delle ultime classi, di 15 16 17 anni. Ciò vuol dire che il nostro tempo non è andato completamente perduto…” come si legge in una lettera genovese.

Avigliano e Palmieri scrutano nella galassia repubblichina. Guardano pure nell’ anomalia guerriera che fu la Decima Mas, un esercito nell’esercito, una concezione spartana: tutti insieme al rancio, promozioni solo conquistate sul campo, tante polemiche contro il vecchio Graziani. Marò del sud o del nord. Universitari romani che chiedevano di esser chiamati al fronte, pur avendo l’esenzione universitaria; volontari che aderivano, nel 1945, giorni prima della sconfitta; fascisti clandestini in Sicilia, in nome della Rsi, ossia nove studenti guidati da Cataldo Grammatico, detto Dino, tutti personaggi da romanzo alla Buttafuoco. Anime battute, anime bruciate. Esistenzialismo nero, “O si vince o si muore!” scritto da un volontario della Gnr.

Con Mussolini ammazzato, la nostalgia parlava ad una patria morta nel settembre ’43 – come insegnò Renzo de Felice -; ma i giovani repubblichini non volevano mica smettere di parlare; ecco, allora, la voce finale di Giorgio Pisanò, “E avevamo vent’anni. Con la vita davanti per dimostrare a noi stessi e agli altri di che pasta fossimo fatti”, giacché non era più questione di sistemi ideologici ma di pasta, di pelle, di sangue.

Mario Avagliano Marco Palmieri, ‘L’Italia di Salò 1943-1945’, Il Mulino, pagg. 473, euro 28.00

http://www.barbadillo.it/63930-libri-litalia-di-salo-1943-1945-le-voci-ritrovate-della-galassia-repubblichina/