Arte

Artisti raccontano l’arte

Incontro con l’autore lunedì 14 gennaio 2019 ore 17

Inesauribile Melencolia. Chiavi e ricchezza del capolavoro düreriano

Presentazione del libro di Elena Filippi

Marsilio, 2018
Dialogano con l’Autrice Marco Bertozzi, Giorgio Alberto Cassani e Giovanni Sassu
L’opera più enigmatica di Dürer non ha smesso di ispirare e provocare artisti, intellettuali, osservatori attenti. Questo studio ci guida a cogliere in essa un motivo filosofico mai esplorato prima: la figura principale non è Melancholia, come vuole la lettura consueta, né Geometria (Panofsky), né Astronomia (Schuster), bensì Philosophia. Nata in Grecia dallo stupore melanconico, cresciuta in ambito cristiano, è approdata al nord grazie a una translatio della cultura umanistica promossa da Massimiliano I d’Asburgo, il più potente fra i committenti di Dürer e primo sovrano europeo a puntare decisamente sul potere mediatico delle immagini. L’autrice offre un’indagine esaustiva e originale sull’incisione più famosa del mondo riconosciuta dalla critica come «l’immagine delle immagini».
A cura dell’Istituto di Studi Rinascimentali e dei Musei di Arte Antica di Ferrara, in collaborazione con Ferrara Arte.

Invito alla lettura martedì 15 gennaio 2019 ore 17

​Artisti raccontano l’arte

Presentazione del progetto editoriale “La filosofia di Bonora, Goberti, Guidi, Zanni, Aisemberg in cinque plaquette”

A cura di Andrea Pagani e Davide Bassi
Al dì ad San Mai Editore, 2019
Dialoga con gli Autori Sergio Gessi
Si dice che una plaquette sia un libro composto da pochissime pagine o in edizione limitata. Sintesi e unicità sono anche le qualità che caratterizzano cinque artisti ferraresi. Quattro hanno dedicato la loro vita alle arti grafiche e scultoree (Maurizio Bonora, Gianfranco Goberti, Gianni Guidi, Sergio Zanni) ed uno alla musica (Hugo Aisemberg). Sono coetanei e l’Arte li accomuna e li contraddistingue. Ognuno persegue e sperimenta nuovi linguaggi il cui fine è l’opera d’arte che, benché per se stessa non possa migliorare il mondo, porta l’uomo in un mondo migliore.
Gli autori Andrea Pagani e Davide Bassi hanno concepito un progetto editoriale di cinque plaquette, dedicate ad ogni artista, ognuna delle quali è un colloquio personale tra Pagani e Bassi che, alternandosi, coinvolgono gli artisti in un girotondo filosofico. A cinque donne sono dovute le introduzioni di ogni plaquette che creano quindi un vortice centripeto attorno all’Arte. Gli artisti hanno illustrato ciascuna plaquette con un disegno inedito. Dodici interpreti/autori si incontrano per discutere i significati dell’Arte. Insomma, sembra un complicato rompicapo: tanto più ci risulta complicato e maggiore saranno il tempo che dobbiamo dedicargli per comprenderlo e quel poco di curiosità che ogni giorno ci circonda da quando ci alziamo dal letto a quando ne facciamo ritorno.
Andrea Pagani è docente di Letteratura Italiana e Storia, collaboratore di Zanichelli, presidente dell’associazione culturale “Ippogrifo. Vivere la scrittura”. È autore di sette romanzi e di una ventina di saggi sul Cinque-Seicento (Tasso, Basile, Garzoni) e sul Novecento (Calvino, Proust, Buzzati). Sito ufficiale: http://www.andreapagani.com
Davide Bassi è Professore di Paleontologia e Paleoecologia presso l’Università degli Studi di Ferrara. Studiando le relazioni fra gli organismi estinti marini ed il loro ambiente la Paleontologia scopre aspetti dell’Arte preservata nelle successioni sedimentarie fossili. La ricerca scientifica universitaria e l’Arte lo hanno indirizzato verso il Giappone dove è stato visiting professor presso la Tohoku University (Institute of Geology and Paleontology, Sendai) e la Nagoya University. Per Kappalab ha pubblicato il libro Scusi, manca molto per il Giappone? (2016).
Sergio Gessi è giornalista e docente. Tiene il corso di Etica della Comunicazione all’Università di Ferrara, ha fondato e dirige il quotidiano online Ferraraitalia.it. Ha recentemente pubblicato il volume “Spirito libero. Un giornalismo senza padrini né padroni”, FaustEdizioni, 2018.

Incontro con l’autore mercoledì 16 gennaio 2019 ore 17

I taccuini del ginepro

La Serie di Gialli Fantasy di Demetrio Battaglia

Dialoga con l’Autore Alberto Amorelli
Quando il Fantasy Incontra il Giallo. I Taccuini del Ginepro sono una collana di intricati racconti gialli nei quali la tradizione del Fantasy si unisce all’antica Scienza Erboristica. Trame dense di tensione si dipanano nei luoghi fantastici di Arkhesya. Incontrerete Syrus, vecchio e saggio erborista, e Novir, suo giovane e impetuoso allievo. I due protagonisti sono chiamati a risolvere misteriosi intrecci, a investigare su delitti efferati, veleni letali e simboli ancestrali. Ogni avventura procede a ritmi incalzanti, trascinando il lettore in oscuri avvenimenti che si susseguono, giorno per giorno, nel Taccuino di Novir. Per ora la serie ideata da Demetrio Battaglia consta di sei taccuini ma già nel 2019 è in arrivo il settimo. Una delle caratteristiche grafiche di questi romanzi brevi è data delle copertine monocromatiche che richiamano il colore del veleno che verrà usato nel libro stesso. I sei taccuini per ora pubblicati sono: LA CARRO ZZA DI VELESTIA; L’OSCURA OMBRA DI DUREBOR; LO SPEZIALE; LA LOCANDA MALEDETTA; LA CASATA DEL LUPO; ARCHEMUR LA CITTA’ MAGICA. Demetrio Battaglia ha all’attivo anche una trilogia di fantasy più classica sempre ambientata nello stesso mondo dei taccuini.
A cura del “Progetto Nemeton per la cultura

Conferenze e Convegni giovedì 17 gennaio 2019 ore 17

I colori della conoscenza. La lingua e i linguaggi

Presentazione del ciclo di incontri e laboratori didattici e conferenza di Maura Franchi

Dopo il saluto del Vicesindaco di Ferrara Massimo Maisto, la responsabile del ciclo di conferenze Daniela Cappagli presenterà il programma annuale. Tema centrale la lingua e i vari linguaggi espressivi e di comunicazione, nella consapevolezza che una padronanza corretta della lingua e dei vari linguaggi arricchisca le capacità comuni di comprensione e intelligenza, necessarie per costruire un rapporto attivo con la società e con questo vasto mondo. Un percorso, indirizzato ai docenti e a tutti i cittadini interessati, che propone inizialmente, una riflessione sull’opera di importanti linguisti quali Lev S.Vygotskij, Ludwig Wittgenstein e Tullio de Mauro; il ciclo si inoltra poi nella indagine culturale e psicologica dell’uso delle ‘parole’ nella scuola, nel sociale, nel mondo del lavoro, nell’ambito del web. Anche l a lingua delle leggi, soprattutto quelle importanti e innovative del passato, saranno oggetto di discussione e riflessione in una Tavola Rotonda. Infine, verranno realizzati tre Laboratori didattici che condurranno a indagare più a fondo la lingua delle emozioni, la non-lingua del razzismo e dell’intolleranza e infine le parole della storia quale esperienza del passato per costruire un mondo migliore.

Seguirà

Educare nel tempo delle soggettività” conferenza di Maura Franchi – Sociologa Docente Università di Parma.

Il tema dell’istruzione appare sempre più chiaramente come il crocevia di molte questioni che attraversano il nostro presente. Si avverte la necessità di affermare l’imprescindibile centralità della scuola e la necessità di un nuovo punto di equilibrio tra istruzione di massa e qualità della stessa.
Diventa urgente domandarsi se, a causa dell’incertezza diffusa, della paura, dell’acuta sensazione di una società investita da cambiamenti continui, non stai nascendo il bisogno di dare maggiore consistenza all’individualità, di fornire punti di orientamento meno vaghi di quelli espressi dal trionfo della soggettività, in sostanza l’esigenza di un’idea formativa che faccia perno su un più costante, coerente e vigile senso di responsabilità personale e collettivo.

Il Ciclo ha valore legale di corso di formazione-aggiornamento per insegnanti e studenti, ai sensi del DM prot. n. 802 del 19/6/2001, DM prot. n. 10962 dell’8/6/2005 e al termine dei lavori sarà rilasciato un attestato.

Per il ciclo “I colori della conoscenza” a cura dell’Istituto Gramsci e Istituto di Storia Contemporanea di Ferrara

Incontro con l’autore venerdì 18 gennaio 2019 ore 17

​Foliage. Vagabondare in autunno

Presentazione del libro di Duccio Demetrio

Raffaello Cortina Editore, 2018
Dialoga con l’autore Angelo Andreotti
Pagina dopo pagina, passo dopo passo vagabondando tra boschi e pianure, Demetrio ci racconta, con quella sua prosa affabulante e intima, sempre in bilico tra poesia e filosofia, che l’Autunno è anche cultura, stato d’animo, una disposizione mentale, un archetipo, un tempo esitante, una filosofia di vita, al punto che la sua presenza non si limita al perimetro stagionale, ma permane pure nelle altre stagioni, siano esse metereologiche o esistenziali. Come ha suggerito Eugenio Borgna su “La Stampa”, questo è un libro “che ci invita a guardare dentro di noi senza impazienze, e senza illusioni”, “che ci affascina per le sue riflessioni filosofiche e morali, che ci consentono di scoprire meglio quello che siamo, o desideriamo essere, e che ci invita alla comunione e alla solidarietà”, “che ci allontana dalle quotidiane distrazioni e dalle dilaganti indifferenze che inaridiscono la vita, e non le consentono di aprirsi agli orizzonti di senso della speranza”. Un libro quindi che è un’avventura dentro e fuori di noi, nell’affollata solitudine dei nostri pensieri per abitare il mondo con consapevolezza.
Duccio Demetrio ha insegnato Filosofia dell’educazione all‘Università di Milano – Bicocca. Ha inoltre fondato e dirige la Libera Università dell’Autobiografia e l’Accademia del Silenzio ad Anghiari. Fra i numerosi libri pubblicati, si ricordano Filosofia del camminare (2005), La vita schiva (2007), L’interiorità maschile (2010), Perché amiamo scrivere (2011), La religiosità della terra (2013), Ingratitudine (2016).
A cura del Servizio Biblioteche e Archivi del Comune di Ferrara.

scuola

La buona scuola

La terza generazione di barbari non civilizzati,  ecco il problema. Ecco i nemici della patria.

 

Mentre chiudevo questo articolo, mi è giunto questo messaggio di un lettore. Parla   di come il  mainstream progressista e avanzato tratta l’orribile segnale degli studenti   che nella Buona Scuola insultano, umiliano e minacciano i docenti.  Penso che completi bene il senso di ciò che ho voluto dire.

“…Rientrando prima del solito da un appuntamento di lavoro sono incappato oggi nei ” programmi delle casalinghe” , dove – presenti psicologa d’ordinanza e docente ” alternativo” – si dibatteva animatamente dei sedicenti studenti di Lucca e del vergognoso episodio in cui il giovinastro indossando un caso da moto ” incornava” il prof. e lo minacciava intimandogli di “mettergli un 6″ …chiarendo in maniera esplicita ” chi è che comanda!”.  Ovviamente a corollario altri video scovati in rete sul medesimo argomento.

Ontologicamente e ” per educazione ricevuta” abituato a una normale educazione ( per intenderci io e i compagni di classe ci alzavamo in piedi all’ingresso della maestra ), confesso che provo malessere fisico nel rivedere quelle immagini; infatti le ho viste una sola volta sul web e oggi alla TV. Mi aspetterei condanna unanime “senza se e senza ma” ( dicono così no i “democratici ” quando qualcuno tocca temi ” intoccabili”?), e una pena esemplare ( anche questa frase mi sa di già sentito …), in relazione al reato consumato  di, come minimo, “oltraggio ” quando non “violenza ” a pubblico ufficiale . Quindi, codice penale alla mano, vorrei sentire Avvocati esperti esaminare la durata delle pene da erogare agli over quattordicenni, imputabili, e ai di loro genitori. Questo dal mio punto di vista deve essere il punto di partenza .
Poi possiamo parlare, dobbiamo parlare, di radiazione da ogni scuola di ordine e grado.
E dopo ancora , se ne abbiamo tempo, di ” lavori socialmente utili”, giornate a pulire i cessi o i cestini ..etc.
Sicuramente, poi, alla fine, anche di capacità o competenze basilari del docente in oggetto…sebbene a mio avviso faccia sorridere sentire oggi la ” ministra uscente” Fedeli minacciare provvedimenti eclatanti …La stessa ministra che giusto pochi mesi fa aveva portato a coronamento la realizzazione della riforma della scuola (” buona” non ce la faccio proprio a dirlo), eliminando il voto in condotta.

Nulla di tutto ciò .
La psicologa, invitava a moderazione e richiamava ovviamente l’importanza della prevenzione; il docente si preoccupava di non rovinare l’esistenza dei ragazzi, per un fatto sicuramente deprecabile blablabla…MA …!. Bocciarli a suo avviso sarebbe inutile perché non percepito come punizione.
I più reazionari ( verosimilmente futuri indagati per comportamento anti democratico ), suggerivano sommessamente una sospensione…addirittura una bocciatura!
Dal mio punto di vista un po’ come dare il DASPO ai ” tifosi” che commettono reati allo stadio…invece che sbatterli in galera.

Che cosa ne pensa Direttore? Se ne pensa…
Buona serata.
Roberto

https://www.maurizioblondet.it/sui-nemici-della-civilta-fra-noi/

libri, scuola

L’insegnamento dell’ignoranza

L’insegnamento dell’igno­ranza implicherà necessariamente che li si rieduchi, cioè che li si obblighi a “lavorare diversamente”, sotto il dispotismo illuminato di un’armata potente e ben organizzata di esperti in “scienze dell’educa­zione”. Il compito fondamentale di questi esperti sarà quello di definire e d’imporre (con tutti i mezzi di cui dispone un’istituzione gerarchica per assi­curarsi la sottomissione di coloro che ne dipen­dono) le condizioni pedagogiche e materiali di ciò che Guy Debord chiamava “dissoluzione della logica”40: ovvero la “perdita detta possibilità di rico­noscere istantaneamente ciò che è importante, ciò che lo è meno o ciò che non c’entra per nulla; ciò che è compatìbile o, inversamente, potrebbe essere complementare; tutto ciò che una tale conseguenza implica e ciò che, allo stesso tempo, essa vieta”. Un allievo formato in questo modo, aggiunge Debord, si troverà “fin dall’ini­zio al servizio dell’ordine stabilito, quando le sue intenzioni potevano essere completamente con­trarie a questo risultato. Egli conoscerà essenzial­mente il linguaggio dello spettacolo, il solo ad es­sergli familiare: l’unico in cui gli è stato insegna­li) a parlare. Egli vorrà forse mostrarsi nemico della sua retorica, ma utilizzerà la sua sintassi”41. Per quanto riguarda l’eliminazione di ogni common decency, cioè la necessità di trasformare l’al­lievo in consumatore incivile e, all’occorenza, vio­lento, è questo un compito che pone sicuramente meno problemi. Basta vietare qualsiasi disposizio­ne civica e sostituirla con una forma qualunque di educazione cittadina 42, ovvero con un polpettone concettuale talmente facile da diffondere che non tara che duplicare il discorso dominante dei me­dia e del mondo dello spettacolo; si potranno ugual­mente fabbricare in serie dei consumatori di diritto, intolleranti, litigiosi e politicamente corretti, che saranno proprio per questo facilmente manipolatali e presenteranno il vantaggio non trascurabile di poter arricchire., all’occorrenza, secondo l’esempio americano, i grandi studi di avvocati.
Gli obiettivi assegnati a quel che resterà della Scuola pubblica suppongono a lungo o a breve termine una doppia e decisiva trasformazione. Da una parte, quella degli insegnanti, che dovranno abbandonare lo status attuale di soggetti a cui si attribuisce un sapere per rivestire quello di anima­tori di diverse attività dell’area espressiva o trasver­sali, di percorsi pedagogici o dì forum” di discussione (concepiti, non c’è nemmeno bisogno di dirlo, su modello dei talk-show televisivi); animatori che saranno preposti, al fine di renderne redditizio l’uso, a diversi compiti materiali o di sostegno psi­cologico. D’altra parte, quella della Scuola in luo­go di vita democratico e gioioso, allo stesso tempo giardino d’infanzia cittadino — in cui l’animazio­ne delle feste (anniversario dell’abolizione della schiavitù, nascita di Victor Hugo, Halloween…) potrà essere affidata con profitto alle associazio­ni dei genitori più desiderosi & impegnarsi ~ e spa­zio liberalmente aperto a tutti i rappresentanti del­la città (militanti di associazioni, militari in pen­sione, impresari, giocolieri, mangiafuoco ecc.) e a tutte le merci tecnologiche o culturali che le grandi aziende, ormai partner espliciti dell’“atto educativo”, giudicheranno eccellente vendere ai diversi partecipanti. Penso che a qualcuno verrà
anche in mente di collocare all’ingresso di questo grande parco di divertimenti scolastici dei dispositivi elettronici molto semplici, programmati per rive­lare l’eventuale presenza di oggetti metallici.

40 Guy Debord, La società dello spettacolo. Commentare alla soaetà della spettacolo, Baldini&Castoldi, Milano 1992. Si tratta vale la pena notarlo, di una vera rivoluzione culturale poiché’ come precisa Debord, fino a poco tempo fa, “quasi tutti pensa­vano con un minimo di logica, con l’eclatante eccezione dei cretini e del militanti” (p. 39). In questo senso si potrebbe dire che la riforma scolastica ideale da una prospettiva capitalista è quella che riuscirebbe a più rapidamente possibile a trasformare ogni liceale e ogni studente universitario in un cretino militante
41 Guy Debord, cit., p. 40.
42 Quando la classe dominante si sforza di inventare una parola (“cittadino” impiegato come aggettiva) e d’imporne l’uso, anche se esiste, nel linguaggio corrente, un termine perfetta­mente sinonimo (civico) e il cui senso è completamente chiaro, chiunque abbia letto Orwell capisce immediatamente che la nuova parola dovrà in pratica significare l’esatto contrario della precedente. Ad esempio, aiutare una vecchietta ad attraversare la strada è stato fino ad oggi un atto civico elementare. Oggi potrebbe accadere che il fatto di picchiarla per rubarle la borsa rappresenti più che altro (con, bisogna dirlo, un po’ di buona volontà sociologica) una forma ancora un po’ ingenua di protesta con­tro l’esclusione e l’ingiustizia sociale, e costituisca, per questa ragione, l’embrione di un gesto cittadino.

Jean-Claude Michéa, L’insegnamento dell’ignoranza, 2005 Metauro Edizioni pp.46-49

Argomenti vari

Nuovi media ed educazione

Processi comunicativi
e educativi nell’era
della società globale:
conflitto o interazione?

di Adelina Guerrera
Da Anicia, una raccolta di saggi analizza la centralità dei nuovi media
nelle moderne pratiche educative in virtù dei mutamenti sociali attuali

In una società fortemente interdipendente e globalizzata caratterizzata dall’accelerazione degli scambi di capitale, beni e persone, dalla compressione spazio-temporale e dall’estensione delle relazioni sociali, si è sempre più parte integrante di un tutto organicamente interrelato sotto l’aspetto culturale, economico, politico, sociale e in cui, in particolare, il predominio della dimensione culturale domina su tutti gli altri ambiti di vita e si manifesta e concretizza nella diffusione dell’informazione, della tecnologia, dei linguaggi e dei saperi specialistici e, quindi, nel profondo cambiamento degli stili di vita.

Alla luce di questa iniziale premessa, la raccolta dei notevoli contributi presenti in questo volume, intitolato La comunicazione nelle Scienze dell’educazione (Anicia, pp. 280, € 23,00), si configura come una sorta di work in progress con lo scopo di analizzare lo studio del nesso comunicazione-educazione in virtù dei cambiamenti avvenuti.

I temi trattati dai singoli autori, pur nella loro specificità e differenza di prospettiva, hanno una matrice comune e permettono di approfondire, nel particolare, alcuni nodi cruciali della svolta comunicativa in atto nella società in cui viviamo, che si presenta con caratteristiche di complessità che non sempre è facile comprendere e decifrare.

Il filo conduttore che rende legato il ragionamento consiste, nella visione dei vari autori, nell’assumere la centralità della comunicazione e dei media nelle pratiche educative così da ipotizzare l’avvento di un nuovo ambiente in cui ridefinire il concetto di costruzione-formazione della persona in relazione al dilagare della tecnologia in ogni ambito della vita umana.

Sulla base di tali considerazioni, è necessario partire dal significato di società globale e mediale, che si presenta e si manifesta come una sorta di disorientamento e di incertezza che ha finito con l’accrescere l’importanza dei media divenendo la principale agenzia di socializzazione in cui la rapidità e il dinamismo delle informazioni è sempre più immediato.

Partendo da tale presupposto, nel presente lavoro vi è una tesi comune. In particolare, in quella avanzata dalla curatrice del testo, Giovannella Greco, presidente del corso di laurea triennale in Scienze dell’educazione e del corso di laurea magistrale in Media education, emerge la considerazione che la multimedialità rappresenti il luogo dove poter ritrovare il «senso della comunità» che spesso manca nella vita reale, ma, come ribadisce la stessa, si corre il rischio di un annullamento dei valori, delle emozioni e dell’interazione faccia a faccia.

 

Consumare le emozioni in silenzio e in solitudine

Di importanza straordinaria è, indubbiamente, la riflessione sul comportamento dei giovani in virtù di questi mutamenti repentini e immediati poiché, grazie alla capacità dei media di «rendere vicino il lontano e lontano il vicino», hanno la possibilità di comunicare senza incontrare le difficoltà e i rischi connessi all’esposizione in prima persona, tendendo a coltivare così una «vita sullo schermo» che non permette di andare in profondità, di «cogliere attraverso lo sguardo ciò che l’individuo ha portato con sé» mettendo in atto, quindi, una «sorta di disimpegno emotivo».

Nella prospettiva avanzata da Enrico De Santo viene approfondita con maggior attenzione questa problematica, mettendone in evidenza i suoi lati negativi; infatti, come sottolineato dallo studioso, sia le comunità virtuali create in Internet che la chat, oltre ad offrire «un rifugio», «una difesa contro la noia e la solitudine», possono, nel contempo, diventare «responsabili di un impoverimento culturale dei rapporti umani» portando, così, ad un «progressivo isolamento, fino alla perdita dei confini personali e al verificarsi di fenomeni quali la depersonalizzazione e la derealizzazione».

Alla luce di questi cambiamenti avvenuti, emerge, quindi, nell’ottica dei vari studiosi, l’esigenza di un «radicale ripensamento dell’educazione»; pertanto, è necessario costruire un approccio corretto da parte del sistema educativo che veda nei media non semplicemente degli strumenti di cui servirsi nel proprio operato, ma bisogna «fare della comunicazione uno stile di intervento e una costante operativa» che permetta di capire che oggi i media partecipano attivamente al processo di «costruzione, negoziazione e trasmissioni di significati e valori».

 

Una nuova relazione educativa

Lo scopo comune a cui è necessario tendere è racchiuso, quindi, nel significato, nell’approfondimento e nella ricerca dei processi che oggi legano la formazione ai nuovi modi del comunicare; a riguardo, risultano interessanti i due contributi apportati da Viviana Burza e da Giuseppe Spadafora che, riflettendo sull’importanza della formazione-comunicazione, propongono, seppure con modalità diverse, la rivalutazione della relazione educativa, intesa nell’una come paradigma intersoggettivo, capace di promuovere comunione e consenso sociale, nell’altro, invece, come costruzione della democrazia, dell’etica e della politica, riprendendo il pensiero del filosofo John Dewey, conosciuto per aver operato la rivoluzione copernicana dell’educazione.

Egli prospettava, infatti, una scuola come «laboratorio di democrazia», ossia come «comunità in miniatura» in cui è possibile costruire e promuovere lo sviluppo sociale e comunicativo del soggetto.

Questo porta, come sottolineato nella prospettiva avanzata da Agata Piromallo Gambardella, ad una scuola come «ambiente di mediazione tra l’astratto e il concreto», una scuola pratica che recuperi la centralità della riconsiderazione dell’uso dei media non puramente strumentale ma come «motori di un’innovazione educativa».

Gli elementi centrali e le parole-chiave, come sottolineato da Carmelo Piu, sono «comunicazione, formazione, tecnologie» che perseguono un identico e comune obiettivo: la formazione del soggetto-persona.

L’idea centrale è, dunque, quella di un’educazione come «co-costruzione critica» in cui la dimensione individuale e quella collaborativa si alimentino a vicenda in virtù della costruzione di un’altra società e, di conseguenza, di un’altra scuola in cui si tenga conto che la cultura non è più quella di un tempo ma che esiste piuttosto una media cultura.

Altri autori fanno eco a Piu, sostenendo che solo se si riuscirà a ricomporre queste due culture in una loro possibile unitarietà, divenendo esse stesse «sintesi e simbiosi di un unico e nuovo dominio scientifico», si potrà creare un’autentica sinergia ed interazione tra il modello pedagogico-didattico e il modello comunicativo-tecnologico che sia attento ai temi della cura, della coltivazione, dello sviluppo e dell’apprendimento.

 

Adelina Guerrera

 

(www.bottegascriptamanent.it, anno VII, n. 65, gennaio 2013)