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Ricominciamo dalle elementari

Alla luce delle forze politiche oggi esistenti nel panorama italiano e del livello complessivo delle classi dirigenti, l’unica cosa chiara è che, a prescindere da cosa accadrà nelle attuali trattative, continueremo ad avere per anni governi politicamente e culturalmente fragili, internamente spaccati, incerti quanto alla linea complessiva da tenersi tanto in politica estera che interna.
Governi di tal fatta sono il sogno realizzato dei mercati – che dai governi deboli non devono temere nulla -, e dei ‘partner europei’ – che possono trattare l’Italia come materia inerte da disporre a piacimento.
Davvero difficile appassionarsi di quanto accadrà dunque.
Purtroppo una classe politica non si improvvisa, e non basta né la buona volontà né la buona fede (nei rari casi in cui è disponibile).
Una classe politica capace di portare avanti gli interessi del paese deve emergere gradualmente, da un lato migliorando il livello formativo generale della popolazione (dopo tutto in una democrazia il livello di consapevolezza dell’elettorato conta), e dall’altro riavvicinando alla politica quelli che hanno qualcosa da offrire (e non solo quelli che dalla politica hanno qualcosa da prendere).
Abbiamo bisogno come il pane di persone con una solida formazione, dirittura morale, e amore per il proprio paese.
Non abbiamo invece più nessun bisogno di guitti telegenici, retori manipolatori e maestri di cinismo: gente che ti fa vincere le scaramucce da Talk Show mentre le guerre si perdono e gli eserciti vanno in rovina.
Non c’è bisogno che nessuno mi ricordi come un tale appello suoni patetico, tanto è elementare. Lo so da me.
Ma è proprio di cose elementari che questo paese ha bisogno.
E di sviluppare di nuovo un gusto per queste cose elementari.

Andrea Zhok

https://www.ariannaeditrice.it/articolo.php?id_articolo=62457

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Vittime

Paolo Giatti, OFFERTA FORMATIVA E OFFERTA OCCUPAZIONALE NEL TERRITORIO DEL COMUNE DI BONDENO, 1994 Di questi tempi sarebbe improponibile: ” E’ oggettivamente una generazione di vittime, a partire dal materialismo pratico, dall’indifferenza a principi stabili come a vite radicate in un luogo ed in destino. Vittime dell’istruita ignoranza in cui sono stati cresciuti, della falsa equivalenza di ogni valore, della tolleranza di tutto senza giudizio di merito, diseducati alla riflessione, inclini al disprezzo per il sacrificio, trascinano la vita in un individualismo massificato il cui esito è il cinismo, la competizione ad ogni costo, la logica dei “vincenti”, la strumentalità e fungibilità dei rapporti” Roberto Pecchioli

 

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L’educazione

Tara, la sorella Audrey e i fratelli Luke e Richard sono nati in una singolare famiglia mormona delle montagne dell’Idaho. Non sono stati registrati all’anagrafe, non sono mai andati a scuola, non sono mai stati visitati da un dottore. Sono cresciuti senza libri, senza sapere cosa succede nel mondo o cosa sia il passato. Fin da piccolissimi hanno aiutato i genitori nei loro lavori: in estate stufare le erbe per la madre ostetrica e guaritrice, in inverno lavorare nella discarica del padre, per recuperare metalli. Fino a diciassette anni Tara non aveva idea di cosa fosse l’Olocausto o l’attacco alle Torri gemelle. Con la sua famiglia si preparava alla sicura fine del mondo, accumulando lattine di pesche sciroppate e dormendo con uno zaino d’emergenza sempre a portata di mano. Il clima in casa era spesso pesante. Il padre è un uomo dostoevskiano, carismatico quanto folle e incosciente, fino a diventare pericoloso. Il fratello maggiore Shawn è chiaramente disturbato e diventa violento con le sorelle. La madre cerca di difenderle, ma rimane fedele alle sue credenze e alla sottomissione femminile prescritta. Poi Tara fa una scoperta: l’educazione. La possibilità di emanciparsi, di vivere una vita diversa, di diventare una persona diversa. Una rivelazione. Il racconto di una lotta per l’autoinvenzione. Una storia di feroci legami famigliari e del dolore nel reciderli.

Però poi si è laureata; è un esempio di quello che proponeva Ivan Illich nel suo “Descolarizzare la società”

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Requiem per l’Università

Negli anni Settanta, quando ero studente presso la Facoltà (come si chiamava allora) di Scienze Politiche, il personale tecnico-amministrativo contava sì e no quattro o cinque addetti che riuscivano ad espletare le loro funzioni in modo esemplare. L’attuale Dipartimento omonimo presso il quale ora insegno, che è all’avanguardia sulla via del “progresso” telematico, annovera non meno di due dozzine di dipendenti i quali, malgrado la loro incondizionata dedizione e l’indiscutibile professionalità, arrancano con fatica per attendere agli infiniti adempimenti telematico-burocratici cui sono quotidianamente sottoposti, analogamente al corpo docente.

Sulla crisi dei sistemi d’istruzione superiore e universitaria esiste una robusta letteratura, sia italiana che straniera, e a essa non si può che rinviare chiunque abbia voglia di saperne di più. C’è tuttavia un aspetto cruciale sul quale questa letteratura non insite a sufficienza. I maggiori responsabili della catastrofe universitaria non sono né i governi, né la crisi economica che ha costretto a drastici tagli di bilancio; non lo sono nemmeno i burocrati in sé, che si limitano ad applicare norme che non hanno fatto loro e che non hanno interesse a giudicare; ancor meno responsabili sono gli studenti, i quali sono solo le vittime di un sistema perverso. I responsabili maggiori del collasso dell’Università – addolora dirlo – sono i docenti universitari che, salvo sporadiche e deboli proteste, non hanno mosso un dito per impedire la catastrofe aziendalistico-telematica dell’Università. Per qualche ragione difficile da comprendere, hanno passivamente assecondato il sistema, rendendosi complici del tracollo. Ammaliati dal fascino di un presunto “progresso” che fluttua nel cloud su ali telematiche; catturati dall’immagine di una certa efficienza aziendalistica incarnata dalla figura del manager, adempiono con zelo tutte le prescrizioni di una normativa il cui obiettivo ultimo, e neanche troppo nascosto, è lo smantellamento dell’Università.

Sergio Ferlito

https://www.roars.it/online/

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Nichilismo

“I giovani, anche se non sempre ne sono consci, stanno male. E non per le solite crisi esistenziali che costellano la giovinezza, ma perché un ospite inquietante, il nichilismo, si aggira tra loro, penetra nei loro sentimenti, confonde i loro pensieri, cancella prospettive e orizzonti, fiacca la loro anima, intristisce le passioni rendendole esangui.
Le famiglie si allarmano, la scuola non sa più cosa fare, solo il mercato si interessa di loro per condurli sulle vie del divertimento e del consumo, dove ciò che si consuma non sono tanto gli oggetti che di anno in anno diventano obsoleti, ma la loro stessa vita, che più non riesce a proiettarsi in un futuro capace di far intravedere una qualche promessa. Il presente diventa un assoluto da vivere con la massima intensità, non perché questa intensità procuri gioia, ma perché promette di seppellire l’angoscia che fa la sua comparsa ogni volta che il paesaggio assume i contorni del deserto di senso.” È così che inizia L’ospite inquietante, celebre libro che Umberto Galimberti ha dedicato ai giovani e al loro male di vivere modernissimo, che non riesce a essere placato, a meno di non cambiare radicalmente rotta. Filosofo, sociologo, psicanalista, professore, editorialista, Galimberti ha concentrato le sue riflessioni su temi come la società, l’economia, le relazioni, l’amore, il sacro, i rapporti tra scienza e fede, il corpo. Il suo ultimo libro è La parola ai giovani. Dialogo con la generazione del nichilismo attivo (Feltrinelli, 2018) dove insegna ai ragazzi (ma anche ai genitori) l’arte di riprendere in mano il proprio tempo, aiuta a sciogliere quel cinismo, quella disillusione, quell’indifferenza che la società di massa ha contribuito a costruire intorno al loro cuore e a liberarlo, finalmente, per scoprire la sua passione – cioè il suo destino.

Umberto Galimberti

http://www.barbadillo.it/80069-questionario-proustiano-sulla-scuola20-galimberti-i-giovani-afflitti-dal-nichilismo/

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Coccolare la mente

Così si giustifica il “Io sono un professore progressista,  e ho terrore dei miei studenti progressisti”,  che  ha scritto un anonimo docente   spiegando – sotto pseudonimo –  con quanta cautela deve insegnare, per non far scatenare le  rappresaglie degli studenti “feriti ed offesi” da una sua frase qualunque.   I professori sono consigliati di  far precedere  le loro lezioni da dei “trigger warnings”, messaggi (verbali o anche scritti) in cui avvertono che alcune delle cose che diranno potrebbero  essere  “triggering” ,  ossia scatenare in certi studenti emozioni forti e negative basate su una loro esperienza traumatica anteriore”.

Gruppi  di studenti hanno segnalato come “scatenanti  disagio”  testi come Le Metamorfosi di Ovidio (violenza sessuale), La signora Dalloway di Virginia Woolf (per “inclinazioni suicide”), Il Grande Gatsby  di Fitzgerald  per essere discriminatorio e offensivo per le donne.

A questo punto, una vasta parte della letteratura americana e classica  cade sotto la censura  e non deve essere letta ad alta voce.  Ovviamente, anche la  Genesi , “maschio e femmina Dio li creò” diventa impossibile da insegnare, perché aggressiva  verso  le multiformi tribù  LGBT.

Sono alcuni dei casi descritti da Gregg Lukianoff  nel suo saggio “ The Coddling of the American Mind: How Good Intentions and Bad Ideas Are Setting Up a Generation for Failure”  ( “Coccolare la mente americana- Come le buone intenzioni e le idee sbagliate stanno allevando una generazione per il fallimento).

Lukianoff, che è un avvocato militante per la difesa della libertà d’espressione (Primo Emendamento), vi segnala un peggioramento della situazione di censura nei campus. “Prima, erano le amministrazioni delle università a istruire i professori a non usare parole che potessero  suonare discriminazione (razziale o sessuale). Ma dal 2013-14, di punto in bianco, sono  gli studenti ad imporre i nuovi codici  verbali,  le politiche di “trigger warning”, gli elenchi di “microaggressioni” – e sempre peggio, ad esigere l’annullamento di incontri pubblici, organizzati dalle università,  con  conferenzieri che  non amano, perché “li fanno sentire male”.

Infatti il carattere principale di questa nuova censura studentesca è la sua “medicalizzazione”. Gli studenti che esigono la censura  su idee,testi letterari e persone, non lo fanno motivando di essere contrari a quelle idee, filosofie e persone. No, dicono di esserne feriti, in senso medico e psichico. Che aggrava la loro ansia e depressione, che danneggia la loro salute mentale.

In tal modo, non discutono; vietano e basta. “Lo scopo ultimo”, dice  Lukianoff, “sembra essere quello di trasformare i campus universitari  in “spazi sicuri” (safe spaces) dove  questi giovani adulti sono protetti da  parole e idee che li rendono a  disagio. Fino al punto  da punire chiunque turbi questo  scopo, anche in modo accidentale: qualcosa che  ho chiamato “proiettività  vendicativa”. Crea una cultura dove uno deve pensare due volte prima di parlare,  per scongiurare le accuse di insensibilità,razzismo, aggressione, molestia o peggio”.

https://www.maurizioblondet.it/la-dittatura-dei-bambini/

editoria, lavoro, scuola

Scuola e lavoro


Il presente lavoro si pone come obiettivo prioritario quello indicato da Giorgio Fuà ne! suo saggio più recente: “si avverte un bisogno particolarmente pressante di rafforzare la dotazione di statistiche nel campo della produzione dei servizi, ed in primo luogo dei servizi che non hanno un prezzo effettivo su! mercato (corsivo nostro). Tanto per fare un esempio si pensi alla produzione di servizi scolastici: chi deve prendere decisioni in merito le prenderà più oculatamente se dispone di una batteria di informazioni statistiche suite variabili e sulle relazioni che intervengono nella produzione . Potrà servirgli, per esempio, effettuare confronti temporali e spaziali riguardanti la provenienza degli allievi, i tassi dì scolarità, i tassi di frequenza degli allievi, gli orari di insegnamento, il numero dì allievi per classi e per docente, le strutture e le attrezzature disponibili e i! loro grado di utilizzazione, i risultati degli esami, la carriera -degli allievi successiva alla promozione, etc.” (1)
In questa ricerca c’è tutto questo e altra e, per non correre il rìschio di smarrirsi nei mare dei dati, si è organizzata la materia in forma “ipertestua!e” : vale a dire che circa una quarantina di argomenti sono stati approfonditi in schede a parte (opportunamente richiamate nei testo) per non appesantire troppo i! discorso principale. Un congruo numero di grafici e tabelle permette ai più esperti di verificare direttamente i dati esposti ne! testo, che si è cercato di rendere, pur ricercando la precisione nei termini, il meno tecnico possibile.
L’obiettivo secondario, infatti, è di rendere un servizio non solo ad amministratori e personale scolastico, ma anche a genitori e studenti che si trovano alle prese con un sistema scuola-lavoro tuttaltro che integrato e che avrebbero bisogno di informazioni per le quali, di solito, ci sì affida ad improbabili “voci”.
Ciò nonostante questo lavoro non vuole essere una “guida”, ma un “atlante” : la differenza è che, nei primo caso “l’esperto” ti porta per mano dove lui stesso ha già deciso; nel secondo caso le scelte spettano a! singolo individuo, che ne diviene l’unico responsabile.
Come ogni atlante, inoltre, le rappresentazioni sono in scale diverse, dalla più piccola
al!a più grande, sia per non correre il rischio (frequente nelle ricerche locali) di indulgere alla contemplazione dei proprio ombelico, sia per avere sempre ben presente che ormai ogni fenomeno è intrinsecamente collegato con altri, lontani nei tempo o nello spazio. (2 )
Infine due parole su alcune notazioni ironiche (massime, note) che si possono ritrovare nel testo: oltre ad essere a me congeniali la loro importanza ai fini di una maggior comprensione di certe dinamiche sociali è stata evidenziata (a partire dagli anni ‘20 del novecento ) da almeno quattro studiosi in campi diversi: l’antropologo Gregory Bateson, il crìtico letterario Ivlichae! Bachtin, i! filosofo Ludwìg Wittgenstein e lo psicologo sperimentale Lev Vygotskij,(3)
L’AUTORE
Paolo Giatti è nato a Bondeno nel 1947, si è laureato in Lettere nel 1970 e in Scienze Politiche (indirizzo sociologico) nel 1978 con una tesi sul liceo scientifico di Bondeno, dove ha insegnato dal 1974 al 1991. Ha scritto diversi articoli su nuove tecnologie (particolarmente l’informatica) e loro applicazioni nella didattica.

1 Fuà G., Crescita economica. Le insidie delle cifre, I! Mulino, BO, 1993
2 Questo modo di intendere, nato dapprima per spiegare fenomeni ecologico-ciimatici, si sta estendendo un po’ a tutte le discipline (ecosistema).
3 Chi voglia saperne di più su questo argomento può vedere; SCIAVI M., A una spanna da terra, Feltrinelli, MI, 1989

CREDITI

Copertina: Samanta Carlini

Finito di stampare nel mese di settembre 1994 dalla tipografia G.P. servizi di Ponte San Nicolò PD per conto della CDS edizioni

Leggibile qui: http://ricerca.terzapagina.info/

scuola

La buona scuola

La terza generazione di barbari non civilizzati,  ecco il problema. Ecco i nemici della patria.

 

Mentre chiudevo questo articolo, mi è giunto questo messaggio di un lettore. Parla   di come il  mainstream progressista e avanzato tratta l’orribile segnale degli studenti   che nella Buona Scuola insultano, umiliano e minacciano i docenti.  Penso che completi bene il senso di ciò che ho voluto dire.

“…Rientrando prima del solito da un appuntamento di lavoro sono incappato oggi nei ” programmi delle casalinghe” , dove – presenti psicologa d’ordinanza e docente ” alternativo” – si dibatteva animatamente dei sedicenti studenti di Lucca e del vergognoso episodio in cui il giovinastro indossando un caso da moto ” incornava” il prof. e lo minacciava intimandogli di “mettergli un 6″ …chiarendo in maniera esplicita ” chi è che comanda!”.  Ovviamente a corollario altri video scovati in rete sul medesimo argomento.

Ontologicamente e ” per educazione ricevuta” abituato a una normale educazione ( per intenderci io e i compagni di classe ci alzavamo in piedi all’ingresso della maestra ), confesso che provo malessere fisico nel rivedere quelle immagini; infatti le ho viste una sola volta sul web e oggi alla TV. Mi aspetterei condanna unanime “senza se e senza ma” ( dicono così no i “democratici ” quando qualcuno tocca temi ” intoccabili”?), e una pena esemplare ( anche questa frase mi sa di già sentito …), in relazione al reato consumato  di, come minimo, “oltraggio ” quando non “violenza ” a pubblico ufficiale . Quindi, codice penale alla mano, vorrei sentire Avvocati esperti esaminare la durata delle pene da erogare agli over quattordicenni, imputabili, e ai di loro genitori. Questo dal mio punto di vista deve essere il punto di partenza .
Poi possiamo parlare, dobbiamo parlare, di radiazione da ogni scuola di ordine e grado.
E dopo ancora , se ne abbiamo tempo, di ” lavori socialmente utili”, giornate a pulire i cessi o i cestini ..etc.
Sicuramente, poi, alla fine, anche di capacità o competenze basilari del docente in oggetto…sebbene a mio avviso faccia sorridere sentire oggi la ” ministra uscente” Fedeli minacciare provvedimenti eclatanti …La stessa ministra che giusto pochi mesi fa aveva portato a coronamento la realizzazione della riforma della scuola (” buona” non ce la faccio proprio a dirlo), eliminando il voto in condotta.

Nulla di tutto ciò .
La psicologa, invitava a moderazione e richiamava ovviamente l’importanza della prevenzione; il docente si preoccupava di non rovinare l’esistenza dei ragazzi, per un fatto sicuramente deprecabile blablabla…MA …!. Bocciarli a suo avviso sarebbe inutile perché non percepito come punizione.
I più reazionari ( verosimilmente futuri indagati per comportamento anti democratico ), suggerivano sommessamente una sospensione…addirittura una bocciatura!
Dal mio punto di vista un po’ come dare il DASPO ai ” tifosi” che commettono reati allo stadio…invece che sbatterli in galera.

Che cosa ne pensa Direttore? Se ne pensa…
Buona serata.
Roberto

https://www.maurizioblondet.it/sui-nemici-della-civilta-fra-noi/

libri, scuola

L’insegnamento dell’ignoranza

L’insegnamento dell’igno­ranza implicherà necessariamente che li si rieduchi, cioè che li si obblighi a “lavorare diversamente”, sotto il dispotismo illuminato di un’armata potente e ben organizzata di esperti in “scienze dell’educa­zione”. Il compito fondamentale di questi esperti sarà quello di definire e d’imporre (con tutti i mezzi di cui dispone un’istituzione gerarchica per assi­curarsi la sottomissione di coloro che ne dipen­dono) le condizioni pedagogiche e materiali di ciò che Guy Debord chiamava “dissoluzione della logica”40: ovvero la “perdita detta possibilità di rico­noscere istantaneamente ciò che è importante, ciò che lo è meno o ciò che non c’entra per nulla; ciò che è compatìbile o, inversamente, potrebbe essere complementare; tutto ciò che una tale conseguenza implica e ciò che, allo stesso tempo, essa vieta”. Un allievo formato in questo modo, aggiunge Debord, si troverà “fin dall’ini­zio al servizio dell’ordine stabilito, quando le sue intenzioni potevano essere completamente con­trarie a questo risultato. Egli conoscerà essenzial­mente il linguaggio dello spettacolo, il solo ad es­sergli familiare: l’unico in cui gli è stato insegna­li) a parlare. Egli vorrà forse mostrarsi nemico della sua retorica, ma utilizzerà la sua sintassi”41. Per quanto riguarda l’eliminazione di ogni common decency, cioè la necessità di trasformare l’al­lievo in consumatore incivile e, all’occorenza, vio­lento, è questo un compito che pone sicuramente meno problemi. Basta vietare qualsiasi disposizio­ne civica e sostituirla con una forma qualunque di educazione cittadina 42, ovvero con un polpettone concettuale talmente facile da diffondere che non tara che duplicare il discorso dominante dei me­dia e del mondo dello spettacolo; si potranno ugual­mente fabbricare in serie dei consumatori di diritto, intolleranti, litigiosi e politicamente corretti, che saranno proprio per questo facilmente manipolatali e presenteranno il vantaggio non trascurabile di poter arricchire., all’occorrenza, secondo l’esempio americano, i grandi studi di avvocati.
Gli obiettivi assegnati a quel che resterà della Scuola pubblica suppongono a lungo o a breve termine una doppia e decisiva trasformazione. Da una parte, quella degli insegnanti, che dovranno abbandonare lo status attuale di soggetti a cui si attribuisce un sapere per rivestire quello di anima­tori di diverse attività dell’area espressiva o trasver­sali, di percorsi pedagogici o dì forum” di discussione (concepiti, non c’è nemmeno bisogno di dirlo, su modello dei talk-show televisivi); animatori che saranno preposti, al fine di renderne redditizio l’uso, a diversi compiti materiali o di sostegno psi­cologico. D’altra parte, quella della Scuola in luo­go di vita democratico e gioioso, allo stesso tempo giardino d’infanzia cittadino — in cui l’animazio­ne delle feste (anniversario dell’abolizione della schiavitù, nascita di Victor Hugo, Halloween…) potrà essere affidata con profitto alle associazio­ni dei genitori più desiderosi & impegnarsi ~ e spa­zio liberalmente aperto a tutti i rappresentanti del­la città (militanti di associazioni, militari in pen­sione, impresari, giocolieri, mangiafuoco ecc.) e a tutte le merci tecnologiche o culturali che le grandi aziende, ormai partner espliciti dell’“atto educativo”, giudicheranno eccellente vendere ai diversi partecipanti. Penso che a qualcuno verrà
anche in mente di collocare all’ingresso di questo grande parco di divertimenti scolastici dei dispositivi elettronici molto semplici, programmati per rive­lare l’eventuale presenza di oggetti metallici.

40 Guy Debord, La società dello spettacolo. Commentare alla soaetà della spettacolo, Baldini&Castoldi, Milano 1992. Si tratta vale la pena notarlo, di una vera rivoluzione culturale poiché’ come precisa Debord, fino a poco tempo fa, “quasi tutti pensa­vano con un minimo di logica, con l’eclatante eccezione dei cretini e del militanti” (p. 39). In questo senso si potrebbe dire che la riforma scolastica ideale da una prospettiva capitalista è quella che riuscirebbe a più rapidamente possibile a trasformare ogni liceale e ogni studente universitario in un cretino militante
41 Guy Debord, cit., p. 40.
42 Quando la classe dominante si sforza di inventare una parola (“cittadino” impiegato come aggettiva) e d’imporne l’uso, anche se esiste, nel linguaggio corrente, un termine perfetta­mente sinonimo (civico) e il cui senso è completamente chiaro, chiunque abbia letto Orwell capisce immediatamente che la nuova parola dovrà in pratica significare l’esatto contrario della precedente. Ad esempio, aiutare una vecchietta ad attraversare la strada è stato fino ad oggi un atto civico elementare. Oggi potrebbe accadere che il fatto di picchiarla per rubarle la borsa rappresenti più che altro (con, bisogna dirlo, un po’ di buona volontà sociologica) una forma ancora un po’ ingenua di protesta con­tro l’esclusione e l’ingiustizia sociale, e costituisca, per questa ragione, l’embrione di un gesto cittadino.

Jean-Claude Michéa, L’insegnamento dell’ignoranza, 2005 Metauro Edizioni pp.46-49