
Ne abbiamo già parlato in un precedente articolo; quello che cambia oggi è la valutazione finale: non sul libro che mantiene inalterata la sua validità, ma sulla “soluzione finale”…
notizie culturali
Ne abbiamo già parlato in un precedente articolo; quello che cambia oggi è la valutazione finale: non sul libro che mantiene inalterata la sua validità, ma sulla “soluzione finale”…
Collana OttocentoDuemila – Italia-Europa-Mondo Genere, lavoro e formazione professionale nell’Italia contemporanea a cura di Eloisa Betti, Carlo De Maria I saggi raccolti in questo volume articolano un’indagine del nesso tra lavoro e istruzione tecnico-professionale nell’Italia contemporanea adottando una prospettiva di genere, scelta pressoché inedita per questi temi. Si tratta di lavori che nascono da ricerche originali, caratterizzate dall’uso di un’ampia gamma di fonti (archivistiche, statistiche e a stampa), e che si distinguono nel panorama storiografico per l’intreccio di esperienze settoriali e locali con una più ampia dimensione di carattere transnazionale, nella quale spiccano gli approfondimenti sull’azione dell’Ocse e dell’Unesco.
Nella prima parte è il contesto italiano a essere studiato nelle dinamiche di lungo periodo, mentre nella seconda parte il “caso Italia” è collocato all’interno dello scenario globale e indagato attraverso una molteplicità di prospettive: la mobilitazione femminile, il ruolo del movimento cooperativo.
A suo tempo (1994) facemmo una ricerca per conto del comune di Bondeno:
Non mancano altre opere (alcune citate in questo lavoro) che trattano di scuola e occupazione; ma nessuna si incentra in modo specì-fico sul territorio di Bondeno. Ora, se è vero che il problema dell’occupazione, così come quello scolastico, hanno le loro radici nella realtà nazionale è anche vero che, di fatto, i giovani frequentano le scuole più vicine al loro luogo di residenza e (come dimostra la ricerca) ambiscono ad un lavoro che non li sradichi dal loro ambiente. In questa situazione avere un quadro il più possibile dettagliato dell’offerta scolastica e occupazionale (spesso solo superficialmente conosciuta) della propria zona risulta di fondamentale importanza per evitare scelte che portino all’abbandono scolastico o ad un affollamento in settori lavorativi già saturi. Questo è tanto più vero di questi tempi, in cui ricorre spesso la parola “flessibilità” che richiede una preparazione culturale e tecnica sempre meno legata a curricoli “lineari”. Che si voglia o meno accettare questa sfida e i suoi presupposti, una politica di “orientamento” è necessaria, e ogni strumento che aiuti la componente scolastica e quella occupazionale a conoscersi meglio reciprocamente non può che favorirla.
E in quest’ottica che l’Amministrazione Comunale si è mossa, contribuendo in maniera determinante alla pubblicazione di questa ricerca, che si rivolge non solo a enti e associazioni di settore, ma anche al privato cittadino desideroso di conoscere meglio la realtà in cui vive.
COMUNE DI BONDENO Assessorato P.l.
ne trovate breve estratto al link
https://it.scribd.com/document/369347507/Capitolo-III
Se a qualcuno interessano grafici e tabelle posso renderle disponibili su dropbox.
Il presente lavoro si pone come obiettivo prioritario quello indicato da Giorgio Fuà ne! suo saggio più recente: “si avverte un bisogno particolarmente pressante di rafforzare la dotazione di statistiche nel campo della produzione dei servizi, ed in primo luogo dei servizi che non hanno un prezzo effettivo su! mercato (corsivo nostro). Tanto per fare un esempio si pensi alla produzione di servizi scolastici: chi deve prendere decisioni in merito le prenderà più oculatamente se dispone di una batteria di informazioni statistiche suite variabili e sulle relazioni che intervengono nella produzione . Potrà servirgli, per esempio, effettuare confronti temporali e spaziali riguardanti la provenienza degli allievi, i tassi dì scolarità, i tassi di frequenza degli allievi, gli orari di insegnamento, il numero dì allievi per classi e per docente, le strutture e le attrezzature disponibili e i! loro grado di utilizzazione, i risultati degli esami, la carriera -degli allievi successiva alla promozione, etc.” (1)
In questa ricerca c’è tutto questo e altra e, per non correre il rìschio di smarrirsi nei mare dei dati, si è organizzata la materia in forma “ipertestua!e” : vale a dire che circa una quarantina di argomenti sono stati approfonditi in schede a parte (opportunamente richiamate nei testo) per non appesantire troppo i! discorso principale. Un congruo numero di grafici e tabelle permette ai più esperti di verificare direttamente i dati esposti ne! testo, che si è cercato di rendere, pur ricercando la precisione nei termini, il meno tecnico possibile.
L’obiettivo secondario, infatti, è di rendere un servizio non solo ad amministratori e personale scolastico, ma anche a genitori e studenti che si trovano alle prese con un sistema scuola-lavoro tuttaltro che integrato e che avrebbero bisogno di informazioni per le quali, di solito, ci sì affida ad improbabili “voci”.
Ciò nonostante questo lavoro non vuole essere una “guida”, ma un “atlante” : la differenza è che, nei primo caso “l’esperto” ti porta per mano dove lui stesso ha già deciso; nel secondo caso le scelte spettano a! singolo individuo, che ne diviene l’unico responsabile.
Come ogni atlante, inoltre, le rappresentazioni sono in scale diverse, dalla più piccola
al!a più grande, sia per non correre il rischio (frequente nelle ricerche locali) di indulgere alla contemplazione dei proprio ombelico, sia per avere sempre ben presente che ormai ogni fenomeno è intrinsecamente collegato con altri, lontani nei tempo o nello spazio. (2 )
Infine due parole su alcune notazioni ironiche (massime, note) che si possono ritrovare nel testo: oltre ad essere a me congeniali la loro importanza ai fini di una maggior comprensione di certe dinamiche sociali è stata evidenziata (a partire dagli anni ‘20 del novecento ) da almeno quattro studiosi in campi diversi: l’antropologo Gregory Bateson, il crìtico letterario Ivlichae! Bachtin, i! filosofo Ludwìg Wittgenstein e lo psicologo sperimentale Lev Vygotskij,(3)
L’AUTORE
Paolo Giatti è nato a Bondeno nel 1947, si è laureato in Lettere nel 1970 e in Scienze Politiche (indirizzo sociologico) nel 1978 con una tesi sul liceo scientifico di Bondeno, dove ha insegnato dal 1974 al 1991. Ha scritto diversi articoli su nuove tecnologie (particolarmente l’informatica) e loro applicazioni nella didattica.
1 Fuà G., Crescita economica. Le insidie delle cifre, I! Mulino, BO, 1993
2 Questo modo di intendere, nato dapprima per spiegare fenomeni ecologico-ciimatici, si sta estendendo un po’ a tutte le discipline (ecosistema).
3 Chi voglia saperne di più su questo argomento può vedere; SCIAVI M., A una spanna da terra, Feltrinelli, MI, 1989
CREDITI
Copertina: Samanta Carlini
Finito di stampare nel mese di settembre 1994 dalla tipografia G.P. servizi di Ponte San Nicolò PD per conto della CDS edizioni
Leggibile qui: http://ricerca.terzapagina.info/
Nel lontano 2005 scrivevamo su bondeno.com:
1° maggio, per quale lavoro?
Data: Mercoledì, 27 aprile 2005 alle 01:00:00 CEST
Argomento: Lavoro
Mi sembra che ultimamente il tam tam mediatico ci sposti da ricorrenza a ricorrenza senza mai interrogarsi se queste abbiano ancora un senso, oppure se il significato originario si sia nel frattempo perduto o sia profondamente cambiato. Proviamo a domandarcelo nel caso del lavoro con la scorta di tre saggi di Luciano Gallino.
:
1) Se tre milioni vi sembran pochi. Sui modi per combattere la disoccupazione (euro 14);
2) La scomparsa dell’Italia industriale (euro 10,20);
3) II costo umano della flessibilità (non più disponibile).
Proviamo a riassumere le idee portanti di questi libri, ovviamente senza nessuna pretesa di essere esaustivi, ma semplicemente per fornire uno stimolo alla loro lettura o semplicemente al ripensamento di alcune false convinzioni del tipo:
è una fase transitoria, nasceranno nuovi posti di lavoro,
ci penserà il terziario,
il futuro è nel lavoratore atipico e flessibile, colpa dello stato sociale ecc.
A tutto questo Gallino risponde con cifre e dati individuando cause sicure di perdita del lavoro con l’automazione nelle fabbriche e negli uffici, la riorganizzazione del lavoro, la delocalizzazione, l’importazione crescente da nazioni in via di sviluppo, l’economia sommersa, la finanziarizzazione del mondo. Giusto due parole su quest’ultimo dato (e, già che ci siete potete sostituire il titolo mancante con il più recente “Finanzcapitalismo , euro 10,62): nel mondo le transazioni di denaro scritturale (leggi: sulla carta, o meglio, sullo schermo del computer) superano ogni giorno di 50 volte quelle sulle merci reali!
In questo contesto l’Italia si presenta come il classico vaso di coccio avendo perso o fortemente ridotto la sua capacità produttiva in settori chiave dell’industria come l’informatica e la chimica. “L’Italia industriale è uscita quasi completamente da mercati in continua crescita quali l’elettronica di consumo. Né è pervenuta a far raggiungere un’adeguata massa critica a industrie dove ancora possiede un grande capitale di tecnologia e risorse umane come l’aeronautica civile. Dove essa esisteva, l’ha frantumata: è avvenuto con l’elettromeccanica ad alta tecnologia. Resta in piedi l’ultimo settore della grande industria, l’automobile, la cui crisi procede peraltro verso esiti al momento (2003) imprevedibili”.
[Dopo la morte di Marchionne adesso sappiamo tutto n.d.r.]
All’obiezione che in Italia abbiamo un fiorire di piccole e medie imprese, Gallino, dati alla mano, dimostra che in 20 anni non hanno generato nuova occupazione e mancano delle risorse necessarie per fare ricerca e sviluppo, che sono le sole risorse su cui si può contare a lungo termine per rimanere competitivi. Le strade per la competitività vengono invece cercate dalle imprese attraverso l’abbattimento dei costi del lavoro, utilizzando le nuove norme in materia di “flessibilità.
Peccato che “le risorse umane”, come si chiamano in gergo aziendale, e le loro famiglie abbiano necessità di mangiare ogni giorno e la riassunzione, dopo i 40 anni, diventi sempre più problematica, riguardi lavori meno retribuiti e comunque a tempo determinato o parziale. Il rischio concreto è che, anche in questo campo, ci si avvii verso una società dei 4/5: una società in cui un quinto della forza lavoro sia stabilmente occupata e detenga l’80% del reddito e gli altri litighino per il resto; esattamente come accade a livello globale dove un quinto dell’umanità detiene le risorse e gli altri sperano di entrare a farne parte (ma le regole del gioco le decide qualcun altro).
NOTA del 2018: Nel frattempo abbiamo avuto il job act di Renzi e il decreto dignità di Di Maio, ma non sembra che abbiano letto questi libri