Il progetto di trasformare la Repubblica Popolare Cinese in una colonia economica americana, inaugurato ufficialmente[2] mezzo secolo fa, nell’aprile 1971, con la famosa partita di ping-pong, è rovinosamente fallito: gl’investimenti riversati sulla Cina sono stati da questa saggiamente utilizzati per acquisire un grado di potenza che le ha consentito di assumere un ruolo di protagonista mondiale. Determinati a salvaguardare la loro egemonia globale, gli Stati Uniti sono passati da una politica di “contenimento” alla creazione di un “arco di crisi” finalizzato a neutralizzare il loro avversario geopolitico. Le dichiarazioni rilasciate in maggio da Trump sul “virus cinese” (“the Chinese virus”) e sulla “peste cinese” (“the plague from China”) hanno preannunciato un ulteriore passo di Washington, che, ripescando dal lessico della vecchia guerra fredda la stantia definizione di “mondo libero” – ha lanciato un accorato appello per costituire un’alleanza internazionale anticinese. “Speriamo – ha detto infatti Mike Pompeo ai giornalisti inglesi nello scorso luglio – di poter costruire una coalizione che comprenda la minaccia e agisca collettivamente per convincere il Partito Comunista Cinese che non è nel suo interesse impegnarsi in questo tipo di comportamento (…) Vogliamo che ogni nazione capisca la libertà e la democrazia […] per comprendere la minaccia del Partito Comunista Cinese. Il mondo libero deve trionfare su questa nuova tirannia”[3].