«Di che si parla, dunque, se il cav. Pelino tornò al capoluogo tutto infuriato?» chiese Innocenzo sorridendo.
«Si ragiona un po’ di tutto» riprese a dire Marietta. «Si ragiona dei prezzi, delle paghe, delle tasse, delle leggi; oggi si ragionava della tessera, della guerra, dell’emigrazione.»
«E di questo non si dovrebbe più parlare, secondo l’ordine del podestà» chiarì Innocenzo. «Non è ordine speciale per Fontamara, ma in tutta Italia è stato diramato quest’ordine. Nei locali pubblici non bisogna più parlare di tasse, di salari, di prezzi, di leggi.»
«Dunque, non bisogna più ragionare» concluse Berardo.
«Ecco, bravo, Berardo ha capito perfettamente» esclamò Innocenzo soddisfatto. «Non bisogna più ragionare: questo è il senso della decisione del podestà. Bisogna farla finita coi ragionamenti. E poi, siamo sinceri, a che servono i ragionamenti? Se uno, ha fame, può nutrirsi di ragionamenti? Bisogna farla finita Con questa cosa inutile.»
La soddisfazione d’Innocenzo fu grande nel constatare che Berardo gli dava ragione e perciò accettò la sua proposta di rendere più chiaro il cartello che doveva essere appeso al muro e che egli stesso scarabocchiò in nostra presenza, su un largo foglio di carta bianca, nel tenore seguente:
PER ORDINE DEL PODESTÀ SONO PROIBITI TUTTI I RAGIONAMENTI
Berardo provvide ad affiggere il cartello, in alto, sulla facciata della cantina. La sua condiscendenza ci sbalordiva assai. Come se il suo atteggiamento non fosse già abbastanza chiaro, Berardo aggiunse:
«Adesso, guai a chi tocca quel cartello.»
Innocenzo gli strinse la mano e voleva abbracciarlo. Ma le spiegazioni che Berardo subito aggiunse, moderarono il suo entusiasmo.
«Quello che il podestà ordina da oggi, io l’ho sempre ripetuto» disse Berardo. «Coi padroni non si ragiona, questa è la mia regola. Tutti i guai dei cafoni vengono dai ragionamenti. Il cafone è un asino che ragiona. Perciò la nostra vita è cento volte peggiore di quella degli asini veri, che non ragionano (o, almeno, fingono di non ragionare). L’asino irragionevole porta 70, 90, 100 chili di peso; oltre non ne porta. L’asino irragionevole ha bisogno dl una certa quantità dl paglia. Tu non puoi ottenere da lui quello che ottieni dalla vacca, o dalla capra, o dal cavallo. Nessun ragionamento lo convince. Nessun discorso lo muove. Lui non ti capisce, (o finge di non capire). Ma il cafone invece, ragiona. Il cafone può essere persuaso. Può essere persuaso a digiunare. Può essere persuaso a dar la vita per il suo padrone. Può essere persuaso ad andare in guerra. Può essere persuaso che nell’altro mondo c’è l’inferno benché lui non l’abbia mai visto. Vedete le conseguenze. Guardatevi intorno e vedete le conseguenze.»
Per noi, quello che Berardo diceva, non era una novità. Ma Innocenzo La Legge era atterrito.
«Un essere irragionevole non ammette il digiuno. Dice: se mangio lavoro, se non mangio non lavoro» continuò Berardo. «O meglio neppure lo dice, perché allora ragionerebbe, ma per naturalezza così agisce. Pensa dunque un po’ se gli ottomila uomini che coltivano il Fucino, invece di essere asini ragionevoli, cioè addomesticabili, cioè convincibili, cioè esposti al timore del carabiniere, del prete, del giudice, fossero invece veri somari, completamente privi di ragione. Il principe potrebbe andare per elemosina. Tu sei venuto qui, o Innocenzo, e tra poco, nella via buia, farai ritorno al capoluogo. Che cosa può impedire a noi di accopparti? Rispondi.»
Innocenzo avrebbe voluto balbettare qualche cosa, ma non poté; era livido come uno straccio.
«Ce lo può impedire» continuò Berardo «il ragionamento delle possibili conseguenze dell’assassinio. Ma tu, Innocenzo, di tua mano, hai scritto su quel cartello che, da oggi, per ordine del podestà, sono proibiti i ragionamenti. Tu hai rotto il filo al quale era legata la tua incolumità.»”
Ignazio Silone