Nella capacità di apprendimento, in quella di ricordare, nella conversazione, nella lettura, nella fede e nell’amore, insomma in tutti gli aspetti della quotidianità, ci troviamo a dover scegliere quale sistema esistenziale utilizzare e la scelta spesso viene fatta in maniera inconsapevole. Fromm, scavando a fondo nel profondo dell’essenza umana prende in esame sia il pensiero buddhista che i testi ebraici, spaziando da Marx a Freud e passando per Spinoza e Meister Eckhart.
La dicotomia essere/avere viene esposta con disarmante lucidità. Il testo procede con un linguaggio greve, armonico, senza ruvidità: gli esempi (stupendo quello delle differenti composizioni poetiche di Matsuo Bashō e Tennyson), rendono la lettura piacevole agevolando non poco la comprensione.
Su questi toni eccelsi si snoda un discorso che tocca le vette più alte quando Fromm inquadra il peccato (nel convenzionale senso teologico del termine) nella modalità dell’avere, quando ritorna sulla collocazione nel presente dell’essere, sostenendo che il tempo non esiste nella modalità dell’essere e domina di contro nella modalità dell’avere e quando introduce nell’ultima parte di Avere o Essere? la nuova società e il nuovo uomo.