Un tempo, nelle case editrici, anche esistevano i cosiddetti redattori. Essi seguivano l’iter dei libri; spesso intervenivano sull’autore per migliorare e definire il progetto, la stesura; correggevano l’italiano, lo stile; diventavano dei coautori ignorati dal pubblico. Oggi si chiamano editors, non senza inutilità del cambiamento di nome. Le loro funzioni si sono allargate a misura del crescere dell’ignoranza e del velleitarismo degli scrittori; a volte gli editors hanno anche il compito di cernita e valutazione degli inediti, respingendone la gran parte; e ormai il loro raggio di azione si estende alla vera e propria creazione. Sono fabbricanti di romanzi, saggi, scrittori. Nella mia vita, ne ho conosciuto di bravissimi, sia prima che dopo il cambio di nome.
Vladimiro Bottone ha scritto due mirabili romanzi che si svolgono a Napoli, la sua città, sotto Ferdinando II. Sono dei gialli radicati nella storia e nella ricostruzione ambientale di affascinante ricchezza. Ora invece pubblica un romanzo, sempre ambientato a Napoli, ma ai giorni nostri. Un odioso personaggio lo fa abitare addirittura nel palazzo nel quale abito anche io. E il protagonista è appunto un bravissimo editor sui sessant’anni tornato nella sua città dopo esser stato un temutissimo redattore in una grande casa editrice del nord. Ernesto Aloja abita pur egli nella mia strada, il Corso Vittorio Emanuele, e dal suo terrazzo gode la vista del Golfo e di Capri. Il protagonista di Non c’ero mai stato (Neri Pozza, pp. 399, euro 20) si è ritirato, e l’idea del suo passato lavoro lo disgusta, così come, in genere, gli scrittori ai quali ha dovuto dare una base, e a volte il completo edificio. Viene tuttavia raggiunto da una importuna trentenne, bella, fragile e insieme dominatrice, la quale gli reca un romanzo in compimento. Ernesto Aloja incomincia a incontrarsi con Lena una volta alla settimana per correggere il lavoro di una ragazza non del tutto priva di talento. Il romanzo è la storia di una ragazza nella quale non facciamo fatica a riconoscere un alter ego dell’autrice. Si svolge attraverso anche descrizioni di sesso estremo, inquietante, che solo la grazia stilistica di Bottone può far accettare senza che appaiano una gratuita volgarità.
Poi il sesso estremo, anche saffico, coinvolge lo stesso editor, costretto a esperienze nei locali di sballo giovanilistici. Ma il fatto è ch’egli è divenuto totalmente dipendente dalla ragazza. Verso i due terzi del romanzo entriamo nel vero e proprio inferno, con Aloja che, ricevendo una terribile notizia, cade quasi in fin di vita. Naturalmente, non posso svelare gli eventi conclusivi per non togliere al lettore la sorpresa, anzi le torbide sorprese così abilmente fabbricate. Posso solo esortare a leggere Non c’ero mai stato.
*Da Libero Quotidiano