L’autore documenta attentamente quanto abbia danneggiato l’Italia
chi aveva puntato sulla quantità senza qualità. “Questa Italia perdente – nota ancora Benini – è però ancora in campo: prova in tutti i modi di continuare a creare problemi agli italiani appellandosi all’assistenza della politica e alla ricerca del privilegio delle rendite, degli incentivi e dei favori”.
Altro grande disastro era certo stata la svalutazione e perdita di identità delle scuole professionali e la politica fiscale ostile alla fortissima tradizione delle botteghe artigiane, osteggiate per ragioni di potere dai sindacati e dai partiti di massa di cui erano espressione. Ciò ha infatti prodotto una grande disoccupazione fra i giovani privi di formazioni professionali di qualità e d’altra
parte non interessati a percorsi universitari.
I né-né, giovani che non studiano né lavorano, un quarto circa dei giovani fra i 15 e i 35 anni, sono stati prodotti da questo disprezzo verso il lavoro manuale, da sempre privo di senso ma tuttora alimentato dalle burocrazie della vecchia politica.
Il danno provocato va oltre l’economia e ha messo a rischio saperi profondi, e l’equilibrio, anche territoriale, delle generazioni che vi sono state coinvolte.
“Artigianalità, spiega infatti Benini, è la connessione tra il cuore e la mente di un luogo, il metodo con cui si esprime il sapere e il sapore di un territorio, quella unicità che va sostenuta e promossa perché non è trasferibile altrove, ed è un patrimonio per tutti”. A valutazioni simili arriva d’altra parte anche tutto l’attualissimo campo di ricerca esposto da Luca Ciabarri nella recente raccolta di saggi: Cultura materiale, edito da Raffaello Cortina.
Un rischio ancora attuale, provocato proprio dal successo dello stile italiano, è quello della sua falsificazione. Per ogni prodotto italiano venduto nel mondo come italiano ce n’è un altro che finge di esserlo, ma non lo è, come il Parmesan che non è né italiano e tanto meno parmigiano; e negli USA si scoprì che veniva addizionato con trucioli di legno ricchi di cellulosa e pessimi per la salute. Più aumenta il successo del made in Italy, più aumentano anche i falsi. Ma è solo la conferma del successo.
Il valore dello stile italiano è la scoperta che si può vivere in un altro modo.
Non in “non luoghi” completamente artificiali, privi di vita e storia propria ma in territori carichi di energie creative consolidate nei secoli, con uno stile di vita attento al piacere (il gaudium, godimento, così importante anche nei Vangeli, come ricorda Benini), alla bellezza e alla convivialità, lontano dalla brutta cupezza delle ossessioni consumistiche. In un’attenzione al bello e al buono che impregna gli oggetti e chi li fa e li acquista, ma spinge anche tutti a guardare e salire molto più in alto.