Un’azione dannosa di tale e plateale entità, che non basta a spiegarla l’incapacità del governatore: col senno di poi, vi si deve vedere una concertata, coerente e prolungata operazione di deliberato depauperamento dello Stato italiano, di dequalificazione dei lavoratori, di deprivazione di industrie avanzate o di alta tecnologia via “privatizzazioni” (aviazione, elettronica, difesa) per farlo “entrare in Europa” (Il trattato di Maastricht era stato appena firmato, nel febbraio 1992) in condizioni di inferiorità e di autonomia economica degradata.
Altrimenti non si spiega come, dopo l’insensato e costosissimo fallimento nella pretesa difesa della lira, Ciampi venga messo a capo del governo da Scalfaro, come venerato “tecnico”: Si noti, dopo che il governo Amato si dimette (aprile 1993) senza aver ricevuto il voto di sfiducia in parlamento, e Ciampi passa da Bankitalia al governo solo quattro giorni dopo. E’ praticamente un putsch: è la seconda volta nella storia d’Italia che un capo del governo viene scelto fuori dal parlamento – il primo essendo stato, il 25 luglio ’43, il generale Badoglio. Sono i mesi in cui infuria Mani Pulite, che annichila i partiti, specie il PSI di Craxi, si sbattono in galera il presidente dell’ENI Cagliari (suicida), si “suicida” Gardini della Ferruzzi… Nel giugno 1992, lo yacht della regina di Inghilterra, il Britannia, appare al largo di Civitavecchia e – in territorio britannico – salgono dirigenti italiani dell’IRI che discutono le privatizzazioni con banchieri americani e inglesi. Il discorso viene introdotto da Mario Draghi, allora funzionario del Tesoro. Ciampi accelera le privatizzazioni, coadiuvato da Romano Prodi rimesso alla presidenza dell’IRI per smantellarla.
E tutto ciò – privatizzazioni e il resto – non avvengono affatto come operazioni “di mercato”, ma al contrario: come imposizioni di Stato. Di uno Stato, s’intende, il cui centro è stato occupato da una centrale di potere auto-distruttiva.
Le vendite-svendite a stranieri hanno anche un altro effetto: “Attraverso il trasferimento all’estero dei profitti e dei risparmi, all’esterno dunque del sistema produttivo nazionale in luogo del loro sviluppo interno, si innesca a nostro danno un potente meccanismo di sottosviluppo” (Antonio Venier, Disastro di una nazione, Ar, 1997).
Così ci hanno fatto entrare nella UE. “Il patto di stabilità”, approvato dai nostri politici nel ’97, “provoca conseguenze gravemente dannose perché impedisce le politiche economiche espansionistiche in periodo di recessione e disoccupazione”. Il divieto di superare l’arbitrario 3% del Pil come deficit annuo,”condanna il nostro paese alla recessione permanente. E’ infatti noto, e confermato dall’esperienza di questo secolo, che il solo mezzo possibile di rilancio dell’attività economica in un paese industriale consiste nella spesa da parte dello Stato”, non finanziata da pressione fiscale aggiuntiva ma dal debito pubblico.
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