storia

L’Italia di Salò

“L’Italia di Salò” è una raccolta di dati preziosi e di voci perdute. Lo Stato sorto sul lago, dichiarato fantoccio, era però composto di funzionari che, solo pochi mesi prima, avevano lavorato per l’apparato statale monarchico; funzionari meridionali, che, con la guerra tedesca, non avevano nulla in comune, volevano lavorare e poi si ritrovarono a pagare di persona.  In generale, questa ricostruzione  dice che “L’Italia di Salò” è una realtà da decifrare maggiormente, non solamente una realtà riferita da una storiografia politica, la quale non volle approfondire l’analisi sul consenso a quella repubblica nata lungo sponde nebbiose.

Dal 1943 1945, fiducia e sfiducia facevano egualmente male. Soldati sbandavano. I bandi di reclutamento spaventavano, “Sulla carta la chiamata riguarda circa 186.000 uomini… ma se ne presentano 87.000”, perché gli americani avanzavano, la guerra stava finendo, la gestione del reclutamento era difficile per le quattro divisioni repubblichine organizzate in pochi mesi. Allora, il capitano degli alpini Eugenio Bonardi testimoniava alla famiglia, “Non pensavamo più che avremmo vinto la guerra, ma consideravamo doveroso di vender cara la pelle e di ridare il senso dell’onore all’esercito italiano così duramente vilipeso.”

Gli italiani di quel triennio parlano in questa ricerca storiografica fatta bene. E ci sono le voci guascone dei veterani di Spagna. Le parole dei funzionari imborghesiti del Ministero dell’Interno. Con le reclute che bussavano alle caserme, però “né alloggi, né coperte” erano stati approntati e “il vitto sarebbe stato completamente insufficiente.” Vicende all’ italiana. Naturalmente. Caserme in cui si scopriva la passione dei diciottenni che si arruolavano per una rivolta generazionale contro la monarchia. (Chi fu che scrisse che i ragazzi di Salò anticipavano di tanto il 1968?) Quando scorgevano i giovani della X Mas o della Gnr, gli anziani comunque scrivevano, “I nostri soldati si vedono di nuovo circolare ovunque rispettati e quelli che danno l’esempio sono i giovanissimi  delle ultime classi, di 15 16 17 anni. Ciò vuol dire che il nostro tempo non è andato completamente perduto…” come si legge in una lettera genovese.

Avigliano e Palmieri scrutano nella galassia repubblichina. Guardano pure nell’ anomalia guerriera che fu la Decima Mas, un esercito nell’esercito, una concezione spartana: tutti insieme al rancio, promozioni solo conquistate sul campo, tante polemiche contro il vecchio Graziani. Marò del sud o del nord. Universitari romani che chiedevano di esser chiamati al fronte, pur avendo l’esenzione universitaria; volontari che aderivano, nel 1945, giorni prima della sconfitta; fascisti clandestini in Sicilia, in nome della Rsi, ossia nove studenti guidati da Cataldo Grammatico, detto Dino, tutti personaggi da romanzo alla Buttafuoco. Anime battute, anime bruciate. Esistenzialismo nero, “O si vince o si muore!” scritto da un volontario della Gnr.

Con Mussolini ammazzato, la nostalgia parlava ad una patria morta nel settembre ’43 – come insegnò Renzo de Felice -; ma i giovani repubblichini non volevano mica smettere di parlare; ecco, allora, la voce finale di Giorgio Pisanò, “E avevamo vent’anni. Con la vita davanti per dimostrare a noi stessi e agli altri di che pasta fossimo fatti”, giacché non era più questione di sistemi ideologici ma di pasta, di pelle, di sangue.

Mario Avagliano Marco Palmieri, ‘L’Italia di Salò 1943-1945’, Il Mulino, pagg. 473, euro 28.00

http://www.barbadillo.it/63930-libri-litalia-di-salo-1943-1945-le-voci-ritrovate-della-galassia-repubblichina/

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