Ai margini del mondo accademico, lontani da ogni vincolo contrattuale, l’attitudine a pensare è considerata con sospetto. Chi è delegato d’ufficio all’attività del pensiero ragiona perseguendo obiettivi concreti, assolvendo impegni didattici, proponendo simulazioni di scenari utili per la produzione.
Pensare diventa così una funzione accessoria del funzionamento della megamacchina sociale, prodotto edulcorato dalla definizione ossessiva di obiettivi concreti. Si pensa con la mentalità del trafficante e con la stessa mentalità si costruisce il sociale.
Restano pochi margini per una deviazione positiva, per un errare fitto d’incontri inattesi, per l’esplorazione dei confini ignoti. Ogni sforzo deve fruttare, deve far aumentare gli indici di rendimento, gli indici di qualità: il pensiero deve apportare un evidente “avanzamento del benessere pubblico e privato”.
L’efficientismo del pensare ha seppellito definitivamente l’epoca delle passioni filosofiche e ci ha insegnato un professionismo tanto specializzato quanto sterile. I professionisti del pensiero si accontentano di alimentare i propri circoli, le proprie strutture sempre più inaccessibili, i propri legami con i poteri dominanti.
Se ne ricava un quadro fosco, in cui ogni pensare luminoso appare bloccato da una struttura di cooptazione che agisce per mutilazione e per abbrutimento. Pensare dunque. Criticamente, sarebbe da augurarsi.
http://www.uncommons.it/village/la-fine-del-pensiero-libero-579
Autore
Pietro Piro (Termini Imerese 1978) è Sociologo. Cultore della materia in Sociologia presso l’Università di Roma Tre. Dottore di ricerca in Comunicazione Politica, si è formato nelle università di Urbino “C. Bo”, UNED Madrid, Complutense (UCM), Roma Tre. Ha svolto ricerche sui documentari No-Do presso la Filmoteca Española di Madrid. I suoi più recenti lavori sono: Auschwitz è ancora possibile? (2015); I frutti non colti marciscono (2014), Nuovo Ordine Carnevale (2013); Francisco Franco. Appunti per una fenomenologia della potenza e del potere (2013); Il dovere di continuare a pensare (2013). Ha tradotto e introdotto J. Ortega y Gasset, Appunti per un commento al Convivio di Platone (2012) e S. Ramón y Cajal, Psicologia del Don Quijote e il Quijotismo (2012) e curato la postfazione a J. Ortega y Gasset, Meditación de la Técnica (2011). Curatore delle opere collettive: Agire o non agire? (con P. Chierichetti) (2015); Il gioco e il giogo (2013); Perché guardare a Oriente? (con K. Del Toso) (2013). Ha ideato e diretto le sei edizioni del Seminario Popolare sul Pensiero dell’Estremo Oriente. È stato redattore della Rivista “Filosofia e nuovi sentieri”. Suoi contributi sono apparsi in numerose riviste in Italia e all’Estero. È membro della Società Italiana di Storia delle Religioni.
http://www.edizioniunicopli.it/Novita_2016_Febbraio.html#b5