Detto in altri termini, come scrive Stefano Azzarà nel suo libro Democrazia cercasi (Imprimatur Editore, 2014): “…la parte più forte della società capitalistica si è ripresa con gli interessi tutto ciò che le era stato strappato in centocinquant’anni di storia del movimento dei lavoratori”. La trasformazione della cultura e della mentalità dominante in chiave di un individualismo aggressivo e competitivo è stata ormai interiorizzata anche da chi sta in basso, al punto da creare una sorta di complicità tra chi è oppresso e chi opprime: assistiamo così all’inedito fenomeno dei topi che votano per i gatti.
Chi sta in alto si è dunque ripreso tutto, anche la scuola. Non è stato compito agevole traghettare l’istituzione scuola nella forma azienda: l’azienda è una cellula della produzione che nasce e cresce in funzione della realizzazione di fini economici, essenzialmente privati, mentre la scuola è tale se opera nel quadro della formazione culturale critica, spirituale e civica. Poiché un’istituzione funziona adeguatamente se la sua organizzazione è congrua al fine che le è proprio, la “scuola-azienda” è un ossimoro così come il “ghiaccio bolle”. Questo esito culturalmente catastrofico, però, è logica conseguenza dell’assunzione dogmatica delle premesse-postulato di cui si è detto sopra: se assumo i postulati e gli assiomi della geometria euclidea, non posso poi protestare per i teoremi che ne conseguono.
Totalitarismo politico e totalitarismo liberista
Negli anni Trenta del secolo scorso, durante il Ventennio fascista, intento del regime era di “forgiare il giovane italiano” e a tale scopo sulla scuola piovevano prescrizioni asfissianti anche su come illustrare le pagelle scolastiche, i registri di classe ecc. … con immagini che celebrassero il regime. Nell’edizione del 1936 del Libro di Stato, costellato di camice nere, balilla e piccole italiane protagoniste delle imprese del fascismo, si domanda: “Romolo fondò Roma 753 anni avanti Cristo; la Marcia su Roma è avvenuta nel 1922 dopo Cristo. A quanti anni di distanza si sono verificati i due fatti?”.
L’elenco delle amenità potrebbe essere lungo ed esilarante. Si badi bene però: questo intento di forgiare il giovane italiano attraverso prescrizioni di tal fatta, ai nostri occhi pare demenziale perché siamo fuori da quella corrente storica, mentre nel contesto dei fascismi dell’epoca ai più appariva naturale e scontato. A ciò si aggiunga che in quell’epoca il totalitarismo aveva veste politica nel senso che la genesi politica di quelle “leggi” era palese, quindi ben riconoscibile.
Oggi, diversamente, il totalitarismo ha la sua genesi nelle apparenti “leggi” anonime del mercato e del profitto per cui si richiedono più mediazioni culturali per vederne le ricadute sulla vita sociale, sulle istituzioni, sulla scuola, sanità, sport, informazione, ricerca scientifica ecc… . Con occhio storico decentrato, comunque, le prescrizioni che impongono agli istituti scolastici di progettare se stessi in funzione delle esigenze del tessuto produttivo del territorio sono grottesche e nella loro essenza analoghe a quelle del fascismo.
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fonte: www.badiale-tringali.it