lunedì 11 maggio ore 17 – LA COMPAGNIA DEL LIBRO
MUSICA PER UN UROBORO AVVINGHIATO A UN GHEPARDO ROSA – Libro di poesia a quattro voci
Alberto Amorelli, Isabella Bertasi, Eleonora Cinti e Matteo Pazzi presentano un volume che vuole essere un incrocio fra un dialogo a quattro voci e un primo esperimento di poesia “collettiva”.
Sotto l’insegna dell’ Associazione Gruppo del Tasso – La Compagnia del libro, il testo prende avvio con un grido (di disperazione? di rabbia? di ribellione?) messo in scena da un certo John Doe. Chi è John Doe? Nel mondo statunitense è il nome attribuito ai cadaveri di cui non si riesce a definire l’ identità. Nel caso di Amorelli, Bertasi, Cinti e Pazzi è un primo passo verso un “oltre-mura” di cui si vuole divorare ogni respiro.
Il libro si compone di quattro sezioni, ognuna di esse costituita da quindici poesie, ad opera di ciascun autore. Gli stili poetici diversi cozzano e si amalgamano fra di loro come un uomo ritratto in un quadro che all’ improvviso prende vita e, dopo mille sacrifici, riesce a spezzare la cornice del dipinto e a fuggire via. Un volume “anno zero” al quale, probabilmente, seguiranno altri sempre accompagnati dalla spinta propulsiva del Gruppo del Tasso.
In collaborazione con L’associazione Culturale Il gruppo del Tasso di Ferrara
Alberto Amorelli, Isabella Bertasi, Eleonora Cinti e Matteo Pazzi presentano un volume che vuole essere un incrocio fra un dialogo a quattro voci e un primo esperimento di poesia “collettiva”.
Sotto l’insegna dell’ Associazione Gruppo del Tasso – La Compagnia del libro, il testo prende avvio con un grido (di disperazione? di rabbia? di ribellione?) messo in scena da un certo John Doe. Chi è John Doe? Nel mondo statunitense è il nome attribuito ai cadaveri di cui non si riesce a definire l’ identità. Nel caso di Amorelli, Bertasi, Cinti e Pazzi è un primo passo verso un “oltre-mura” di cui si vuole divorare ogni respiro.
Il libro si compone di quattro sezioni, ognuna di esse costituita da quindici poesie, ad opera di ciascun autore. Gli stili poetici diversi cozzano e si amalgamano fra di loro come un uomo ritratto in un quadro che all’ improvviso prende vita e, dopo mille sacrifici, riesce a spezzare la cornice del dipinto e a fuggire via. Un volume “anno zero” al quale, probabilmente, seguiranno altri sempre accompagnati dalla spinta propulsiva del Gruppo del Tasso.
In collaborazione con L’associazione Culturale Il gruppo del Tasso di Ferrara
» martedì 12 maggio ore 17 – ANNIVERSARI
OSSI DI SEPPIA – Nel novantesimo della pubblicazione dell’opera in versi di Eugenio Montale
Conferenza di Gianni Venturi e Fiorenzo Baratelli
“Ossi di seppia” è opera sulla cui nascita non esistono documenti formali e testimonianze dirette da parte di Eugenio Montale. Il tempo ne farà uno dei libri più importanti della poesia italiana (ma non solo) e del ventesimo secolo. La prima raccolta viene pubblicata nel 1925 a Torino per le edizioni curate da Piero Gobetti di “Rivoluzione liberale”, uno scarno libretto scelto dalle numerose pubblicazioni antecedenti questa data che pur tuttavia non ha la stessa coerenza da “canzoniere” delle opere posteriori. Ma gli “Ossi” rimarranno nella cultura europea, anche rispetto alle opere della maturità, come “Le occasioni” o “La bufera”, per citare gli esempi sommi della sua poesia, il suo libro più amato e nuovo nel panorama della cultura e della poesia italiane. Paesaggio come “correlativo oggettivo” di una vicenda tutta personale, straordinaria capacità di “sentire” le voci nuove della poesia e della pittura (non si dimentichi che l’incontro fondamentale con de Pisis avviene at torno al 1920, anno a cui datano gli inizi della prima sezione degli “Ossi”). La stessa lezione e volontà di scarnificare un lessico che si fa “scabro ed essenziale” prende le mosse da una attenzione acutissima alla lezione dell’immaginifico D’Annunzio ma anche da Pascoli di cui coglie le prime caratteristiche della modernità. La stessa pubblicazione molto ci dice sul clima culturale a cui Montale aderisce e si pensi alla fondamentale ripercussione nella sua Liguria della grande opera promossa a Torino da una rivista come “Rivoluzione liberale” fondata da Gobetti nel 1922 che lo invita a pubblicare per quelle edizioni. La proposta che i due relatori vogliono formalizzare è non solo quella di riproporre storicamente il clima in cui si forma e nasce la poesia di “Ossi di seppia” ma spingere di nuovo alla lettura di un testo a entrambi carissimo in grado di riservare a chi si accinge a leggerlo per la prima volta, il privilegio di una affascinante iniziazione a uno dei libri pi ù belli della nostra tradizione letteraria.
A cura dell’Istituto Gramsci e Istituto di Storia Contemporanea di Ferrara
Conferenza di Gianni Venturi e Fiorenzo Baratelli
“Ossi di seppia” è opera sulla cui nascita non esistono documenti formali e testimonianze dirette da parte di Eugenio Montale. Il tempo ne farà uno dei libri più importanti della poesia italiana (ma non solo) e del ventesimo secolo. La prima raccolta viene pubblicata nel 1925 a Torino per le edizioni curate da Piero Gobetti di “Rivoluzione liberale”, uno scarno libretto scelto dalle numerose pubblicazioni antecedenti questa data che pur tuttavia non ha la stessa coerenza da “canzoniere” delle opere posteriori. Ma gli “Ossi” rimarranno nella cultura europea, anche rispetto alle opere della maturità, come “Le occasioni” o “La bufera”, per citare gli esempi sommi della sua poesia, il suo libro più amato e nuovo nel panorama della cultura e della poesia italiane. Paesaggio come “correlativo oggettivo” di una vicenda tutta personale, straordinaria capacità di “sentire” le voci nuove della poesia e della pittura (non si dimentichi che l’incontro fondamentale con de Pisis avviene at torno al 1920, anno a cui datano gli inizi della prima sezione degli “Ossi”). La stessa lezione e volontà di scarnificare un lessico che si fa “scabro ed essenziale” prende le mosse da una attenzione acutissima alla lezione dell’immaginifico D’Annunzio ma anche da Pascoli di cui coglie le prime caratteristiche della modernità. La stessa pubblicazione molto ci dice sul clima culturale a cui Montale aderisce e si pensi alla fondamentale ripercussione nella sua Liguria della grande opera promossa a Torino da una rivista come “Rivoluzione liberale” fondata da Gobetti nel 1922 che lo invita a pubblicare per quelle edizioni. La proposta che i due relatori vogliono formalizzare è non solo quella di riproporre storicamente il clima in cui si forma e nasce la poesia di “Ossi di seppia” ma spingere di nuovo alla lettura di un testo a entrambi carissimo in grado di riservare a chi si accinge a leggerlo per la prima volta, il privilegio di una affascinante iniziazione a uno dei libri pi ù belli della nostra tradizione letteraria.
A cura dell’Istituto Gramsci e Istituto di Storia Contemporanea di Ferrara
» mercoledì 13 maggio ore 17 – LA COMPAGNIA DEL LIBRO
COE E HORNBY: LA NEW WAVE INGLESE – Letture e analisi di Sabina Zanquoghi, Linda Morini, Alberto Amorelli e Silvia Lambertini
La Compagnia del Libro dedica un incontro alla letteratura inglese attraverso la presentazione di due autori contemporanei e quasi coetanei Jonathan Coe e Nick Hornby, che rappresentano davvero la nuova corrente letteraria inglese.
Nick Hornby classe ’57, scrittore e sceneggiatore inglese che vive ad Higbury, quartiere a Nord di Londra. La sua fama comincia con “Febbre a 90°” libro autobiografico del 1992 cui sono seguiti i romanzi di grande successo “Alta fedeltà”, “Un ragazzo”, “Come diventare buoni” e “Non buttiamoci giù”. Nel 2002 ha pubblicato “31 canzoni”, raccolta di saggi su 31 canzoni e album da mostri sacri come Bruce Springsteen e Bob Dylan ad artisti del circuito indipendente come Ani Di Franco, da artisti pop da classifica come Nelly Furtado, a canzoni note soltanto a Hornby stesso. L’ultimo suo lavoro pubblicato da Guanda nel 2014 è “Funny Girl”, molti libri di Hornby sono diventati dei film di successo.
Nato a Birmingham nel 1961, Jonathan Coe, dopo l’esordio nel 1987, pubblica numerosi libri, tra cui “La Casa del Sonno”, “La Banda dei Brocchi”, “Circolo Chiuso” “La Pioggia Prima che Cada”, “Expo 58”. i suoi libri contengono spesso una preoccupazione per le questioni sociali, anche se generalmente espressa in modo umoristico nella forma di satira. Il contesto storico e politico in cui si svolgono i suoi romanzi non è mai un semplice scenario di sfondo ma è trattato dettagliatamente. Di particolare rilievo è il suo affresco dell’Inghilterra degli ultimi trent’anni.
In collaborazione con Associazione Culturale Il gruppo del Tasso di Ferrara
La Compagnia del Libro dedica un incontro alla letteratura inglese attraverso la presentazione di due autori contemporanei e quasi coetanei Jonathan Coe e Nick Hornby, che rappresentano davvero la nuova corrente letteraria inglese.
Nick Hornby classe ’57, scrittore e sceneggiatore inglese che vive ad Higbury, quartiere a Nord di Londra. La sua fama comincia con “Febbre a 90°” libro autobiografico del 1992 cui sono seguiti i romanzi di grande successo “Alta fedeltà”, “Un ragazzo”, “Come diventare buoni” e “Non buttiamoci giù”. Nel 2002 ha pubblicato “31 canzoni”, raccolta di saggi su 31 canzoni e album da mostri sacri come Bruce Springsteen e Bob Dylan ad artisti del circuito indipendente come Ani Di Franco, da artisti pop da classifica come Nelly Furtado, a canzoni note soltanto a Hornby stesso. L’ultimo suo lavoro pubblicato da Guanda nel 2014 è “Funny Girl”, molti libri di Hornby sono diventati dei film di successo.
Nato a Birmingham nel 1961, Jonathan Coe, dopo l’esordio nel 1987, pubblica numerosi libri, tra cui “La Casa del Sonno”, “La Banda dei Brocchi”, “Circolo Chiuso” “La Pioggia Prima che Cada”, “Expo 58”. i suoi libri contengono spesso una preoccupazione per le questioni sociali, anche se generalmente espressa in modo umoristico nella forma di satira. Il contesto storico e politico in cui si svolgono i suoi romanzi non è mai un semplice scenario di sfondo ma è trattato dettagliatamente. Di particolare rilievo è il suo affresco dell’Inghilterra degli ultimi trent’anni.
In collaborazione con Associazione Culturale Il gruppo del Tasso di Ferrara
» giovedì 14 maggio ore 16,30 – ANATOMIE DELLA MENTE 2015
ALBERT SCHWEITZER CINQUANT’ANNI DOPO – Un musicista, filosofo, medico che ha ancora molto da insegnare
A cura di Stefano Caracciolo
Albert Schweitzer, Nobel per la pace nel 1952 per la straordinaria opera come medico missionario in Africa, fu anche organista interprete di Bach, musicologo, teologo, filosofo, scrittore, conferenziere, fervente pacifista. Pioniere della medicina in Africa, fu creatore di un ospedale e di un lebbrosario – impresa per la quale fu definito da Albert Einstein “il più grande uomo vivente”.
Morto nel 1965 su suolo africano, il “dottore bianco” (bianco di pelle e di abito) veniva pagato in natura dai suoi pazienti: pollame, capre, maiali. Lui, rigorosamente vegetariano, distribuiva i “pagamenti” a chi più ne aveva necessità. Non fu semplicemente una vita illustre che il mondo ebbe la fortuna di avere e di conoscere. Fu una mente libera e protesa verso il prossimo che abbandonò un futuro certo e prestigioso in patria per convogliare tutto se stesso nelle zone dimenticate.
In collaborazione con Sezione di Psicologia Generale e Clinica della Facoltà di Medicina e Chirurgia dell’Università di Ferrara
A cura di Stefano Caracciolo
Albert Schweitzer, Nobel per la pace nel 1952 per la straordinaria opera come medico missionario in Africa, fu anche organista interprete di Bach, musicologo, teologo, filosofo, scrittore, conferenziere, fervente pacifista. Pioniere della medicina in Africa, fu creatore di un ospedale e di un lebbrosario – impresa per la quale fu definito da Albert Einstein “il più grande uomo vivente”.
Morto nel 1965 su suolo africano, il “dottore bianco” (bianco di pelle e di abito) veniva pagato in natura dai suoi pazienti: pollame, capre, maiali. Lui, rigorosamente vegetariano, distribuiva i “pagamenti” a chi più ne aveva necessità. Non fu semplicemente una vita illustre che il mondo ebbe la fortuna di avere e di conoscere. Fu una mente libera e protesa verso il prossimo che abbandonò un futuro certo e prestigioso in patria per convogliare tutto se stesso nelle zone dimenticate.
In collaborazione con Sezione di Psicologia Generale e Clinica della Facoltà di Medicina e Chirurgia dell’Università di Ferrara
» venerdì 15 maggio ore 17 – LA DEMOCRAZIA COME PROBLEMA
Giuliano Sansonetti – DEMOCRAZIA E LAICITÀ
La laicità indica un atteggiamento critico e antidogmatico che, partendo dal presupposto secondo cui non si può pretendere di possedere la verità più di quanto ogni altro possa pretendere, si ispira ai valori del pluralismo, della libertà e della tolleranza e quindi al principio dell’autonomia reciproca fra tutte le attività umane. In questo senso si parla di laicità con riferimento allo Stato democratico, ossia a un tipo di ordinamento che, prendendo atto della varietà delle opinioni e delle credenze, ritiene che lo Stato debba praticare una rigorosa neutralità in materia di ideologia e di fede. Ciò non significa tuttavia contrapporre laicità e religione. Una laicità ben intesa deve infatti difendere la libertà religiosa, in quanto non è indifferente o ostile al contributo che anche le culture religiose possono offrire alle società pluraliste; questione c he – com’è evidente – torna ad essere di drammatica attualità nel mondo contemporaneo.
A cura dell’Istituto Gramsci e Istituto di Storia Contemporanea di Ferrara
La laicità indica un atteggiamento critico e antidogmatico che, partendo dal presupposto secondo cui non si può pretendere di possedere la verità più di quanto ogni altro possa pretendere, si ispira ai valori del pluralismo, della libertà e della tolleranza e quindi al principio dell’autonomia reciproca fra tutte le attività umane. In questo senso si parla di laicità con riferimento allo Stato democratico, ossia a un tipo di ordinamento che, prendendo atto della varietà delle opinioni e delle credenze, ritiene che lo Stato debba praticare una rigorosa neutralità in materia di ideologia e di fede. Ciò non significa tuttavia contrapporre laicità e religione. Una laicità ben intesa deve infatti difendere la libertà religiosa, in quanto non è indifferente o ostile al contributo che anche le culture religiose possono offrire alle società pluraliste; questione c he – com’è evidente – torna ad essere di drammatica attualità nel mondo contemporaneo.
A cura dell’Istituto Gramsci e Istituto di Storia Contemporanea di Ferrara