Nel secondo dopoguerra lo sviluppo di partiti, organizzazioni «collaterali» ed enti pubblici sembrò mettere ai margini le pratiche di autogestione dell’intervento sociale. Tuttavia, pur da posizioni minoritarie, nascevano lungo la penisola associazioni e piccole istituzioni autonome, attive nel lavoro sociale e animate da giovani operatori e militanti di base che sentivano come maestri alcuni intellettuali delle generazioni precedenti, come Ernesto Codignola, Aldo Capitini, Guido Calogero, Adriano Olivetti.
Nata a Zurigo nel 1912, e arrivata in Italia nel 1945, alla guida di una équipe del Soccorso operaio svizzero, Margherita Zoebeli (Margrit Zöbeli) fu la più giovane e meno nota tra i maestri dell’intervento sociale ed educativo. Centrale è il suo legame ideale con la tradizione di quell’umanesimo socialista e anarchico che aveva aperto la strada, nel corso del XIX secolo, ai movimenti di emancipazione popolare: una tradizione egualitaria ma rispettosa delle differenze e dell’altro che la storiografia più recente torna – negli odierni tempi di crisi economica e sociale – a riscoprire e studiare.
Seguendo il filo di corrispondenze epistolari, amicizie e collaborazioni, ascoltando le testimonianze e incrociando gli archivi personali di protagonisti più o meno noti, le vicende del Centro educativo italo-svizzero e della sua fondatrice portano ad approfondire, contemporaneamente, la storia di altre strutture autonome, vicine per spirito e intendimenti a quella di Rimini. A partire dalla biografia politica e professionale di Margherita Zoebeli, questo libro intende dunque fornire uno spaccato del lavoro di comunità e delle esperienze di impegno sociale e pedagogico che caratterizzarono l’Italia nel periodo che corre dalla Ricostruzione agli anni Settanta.