Mahdi Darius Nazemroaya, sociologo canadese, è ricercatore associato del Centre for Research on Globalization (CRG). Si occupa in particolare di studiare le dinamiche geopolitiche e le relazioni internazionali nel Vicino e Medio Oriente. Attualmente si trova in Libia nell’ambito d’una missione indipendente per appurare sul terreno i fatti legati all’esplosione della guerra civile ed all’intervento straniero. I ricercatori dell’IsAG Giovanni Andriolo e Chiara Felli l’hanno intervistato in esclusiva per “Eurasia”.
Dopo mesi di combattimenti, quali sono le sue considerazioni (anche in qualità di testimone oculare) circa le operazioni militari condotte dalla NATO?
Senza dubbio, deve essere sottolineato il fatto che i bombardamenti della NATO hanno deliberatamente avuto quali obiettivi i civili libici e dunque hanno cercato di punire la popolazione civile in Libia. Impianti idrici, ospedali, cliniche mediche, scuole, industrie alimentari, alberghi, veicoli civili, ristoranti, case, strutture governative e aree residenziali: tutto è stato bombardato. Ciò include anche la Corte Suprema Libica, un autobus con civili, una struttura medica dedicata alla Sindrome di Down, un centro di vaccinazione per i bambini e l’Università Nasser. L’affermazione della Nato, secondo cui sono stati oggetto di operazioni i comandi militari e gli edifici di controllo, appare insensata e falsa.
L’obiettivo della NATO non è quello di proteggere i civili, ma anzi di spingere questi ultimi ad incolpare il Colonnello Gheddafi ed il suo regime della guerra e dei crimini di guerra commessi contro la popolazione libica dalla NATO. La NATO ritiene che la brutalità delle proprie operazioni nei confronti dei civili e la strategia di ridurre la disponibilità di carburante, denaro, medicine, cibo ed acqua possano condurre ad un cambio di regime a Tripoli, inducendo la popolazione a detronizzare Gheddafi.
Muammar Gheddafi è diventato un bersaglio militare che la NATO ha cercato di uccidere durante i propri attacchi. Ora, questa azione non solo risulta essere illegale, ma, per di più, è parte di un calcolato progetto di destabilizzazione del paese. Anche se Topolino, il cartone animato dei bambini, fosse il leader libico, la NATO lo demonizzerebbe paragonandolo ad una sorta di Hitler, giustificando così le operazioni contro di lui. La NATO crede che se Gheddafi verrà ucciso, vi sarà come conseguenza una lotta sanguinosa per il potere che permetterà all’organizzazione di esercitare ed estendere la propria influenza su tutta la regione nord-africana. Uno dei principali obiettivi di questo progetto consiste nel far accendere una intensa guerra civile in Libia creando un conflitto tribale che potrebbe riversarsi al di là dei confini libici fino al Niger, all’Algeria, al Sudan, al Ciad nonché alle altre nazioni africane.
Finora, le cose non sono andate come il Pentagono e la NATO avevano pianificato. Le operazioni della NATO sono un vero e proprio disastro militare e politico. La campagna militare condotta dalla NATO ha di fatto contribuito a galvanizzare la maggior parte della popolazione nel supporto al Colonnello Gheddafi. Anche coloro che si opponevano al leader libico, ora hanno cambiato il proprio atteggiamento. Si può dunque affermare che la NATO abbia perso la sua guerra in Libia. Essa non è riuscita a rovesciare il Colonnello e la posizione di quest’ultimo sembra molto simile a quella ricoperta dallo Sceicco Hassan Nasrallah dopo la sconfitta di Israele nella guerra del Libano del 2006.